Natale Zoppis – Il rumore del tempo
“L’uomo nasce dall’infinito e torna all’infinito”, o meglio “l’uomo è polvere e polvere diventerà”, come il filosofo Semerano, nel suo testo L’infinito: un equivoco millenario, riformula la riflessione più famosa di Anassimandro.
Comunicato stampa
“L’uomo nasce dall’infinito e torna all’infinito”, o meglio “l’uomo è polvere e polvere diventerà”, come il filosofo Semerano, nel suo testo L’infinito: un equivoco millenario, riformula la riflessione più famosa di Anassimandro.
Ed è proprio dallo scritto di Semerano che Natale Zoppis intraprende il suo percorso di studio, interpretazione e applicazione del rapporto tra polvere e infinito. Parte del lavoro dell’artista è determinato da accumuli di polvere su piccoli vetri o fogli di acetato. Dai vetrini, scansionati e portati in negativo, ne deriva un’immagine molto somigliante ad un cielo stellato, a porzioni di infinito.
Il sovrapporsi costante e casuale della polvere porta lo sguardo indagatore ad una lettura più attenta dell’opera, nel tentativo di analizzare un orizzonte determinato da molteplici profondità spaziali, ricostruendo così la successione del tempo e la stratificazione della materia sulla superficie. Il suo lavoro esorta quindi a cogliere tutte quelle minuscole particelle quasi insignificanti che costituiscono la materia nella sua interezza. Un invito a cogliere l’invisibile.
L’intuizione sul valore della polvere nasce da una casualità, dal ritrovamento di un ritratto fotografico familiare. I due elementi, la polvere e la fotografia si sovrappongono, guadagnando alternativamente e con forza lo spazio visivo, generando un problema di energie contenute, protese verso uno spazio di coesione: la memoria. È un lavoro di scavo linguistico sul tema della memoria, dell’identità e sulla natura della fotografia stessa.
In mostra sono presenti cinque cicli di lavori: Elegia, L’infinito dentro, Indagini sull’infinito, Rumori di paesaggi in polvere, Indagini sull’infinito Polaroid Land Camera.