Henri Cartier-Bresson, il fotografo. Ad Ancona
Oltre cento scatti ripercorrono l’epopea del fotografo francese, negli spazi della Mole Vanvitelliana. Indagando origini e sviluppi della sua poetica.
Ha inaugurato l’8 marzo Henri Cartier-Bresson. Fotografo, la mostra di 140 scatti in bianco e nero stampati da pellicola originale del grande fotogiornalista parigino, organizzata alla Mole Vanvitelliana di Ancona da Civita Mostre, con la collaborazione del Comune di Ancona, Fondazione Henri Cartier-Bresson e Magnum Photos Parigi. La rassegna, che occupa la Sala Vanvitelli, è una selezione curata originariamente dall’amico ed editore Robert Delpire, scomparso l’anno scorso. L’allestimento è stato seguito dal curatore Denis Curti e Andrea Holzherr di Magnum Photos. Le sezioni sono cronologiche e tematiche, dedicate a: “Gli esordi”, L’equivoco dell’esposizione postuma”, “Le icone”, “Gare Saint-Lazare”, “Gli anni ’50”, “L’istante decisivo”, “Magnum Photos la nascita”, “Magnum Photos le regole”, “Immagini e parole”.
IL MOMENTO DECISIVO
Quando, dopo gli studi artistici e la conoscenza del linguaggio cinematografico, Henri Cartier-Bresson (Chanteloup-en-Brie, 1908 – Montjustin, 2004) decide di dedicarsi alla fotografia, lo influenzano il Surrealismo, il Cubismo, il cinema, il fermento culturale parigino degli Anni Trenta. La macchina Leica, acquistata poco più che ventenne, diventa la principale compagna di vita per prendere gli appunti del quotidiano, affidando all’immediata intuizione e alla conoscenza della composizione l’appropriazione del “momento decisivo”. È mitologia il fatto che il maestro parigino fosse concentrato sull’immediatezza dello scatto. La fotografia giusta era scelta in camera oscura, sacrificando scatti altrettanto drammatici ed espressivi. Quello che poi è diventato l’emblema della fotografia di Cartier-Bresson non è solo il dettaglio momentaneo, il fuggevole pietrificato in una foto, ma un magico complesso di informazioni psicologiche e intellettive legate all’estetica dell’immagine, “un’organizzazione rigorosa di forme”, diceva lui, relative al momento ritratto in foto, ma non solo, anche a quello che è appena accaduto o che sta per avvenire.
LA CATTURA DELL’IMMAGINE
Ciò risulta evidente in alcune fotografie esposte: la Place de l’Europa, Gare Saint-Lazare, divenuta popolare come Il saltatore di pozzanghere, Un’informatrice della Gestapo viene riconosciuta, Alberto Giacometti nella Galleria Maeght, Fortezza di Pietro e Paolo e altre immagini indelebili in cui il quotidiano assume un tono speciale, le persone parlano attraverso gesti e sguardi, il panorama rivela sempre la presenza o il passaggio dell’uomo, le imperfezioni dello scatto e le incongruenze del contenuto ‒ così surrealiste ‒ sono parimenti significative. Sono presenti in mostra alcuni memorabili ritratti del fondatore della Magnum Photos che hanno fatto il giro del mondo: il cardinale Pacelli futuro Papa Pio XII, Henri Matisse e le colombe dei suoi quadri, Jean-Paul Sartre, Colette con la sua dama di compagnia, Truman Capote, per citarne alcuni.
“Fotografare è trattenere il respiro quando tutte le nostre facoltà di percezione convergono davanti alla realtà che fugge. In quell’istante la cattura dell’immagine si rivela un grande piacere fisico e intellettuale”. Una delle frasi celebri di Cartier-Bresson incluse nella pubblicazione relativa alla mostra, edita da Contrasto.
‒ Sara Bonfili
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