Art as a Live Experience
È tempo di “Liveness”. Ecco il nome della rubrica di Artribune, diretta da Piersandra Di Matteo e dedicata alla scena performativa, alle implicazioni estetiche, sociali ed economiche di questa arte-in-presenza. Si entra subito nel “vivo” con Istantanee (Performing Fest), di scena a Roma da oggi al 18 maggio.
L’obiettivo è quello di fare i conti con l’universo mosso della scena performativa e con i mondi che ha saputo configurare negli ultimi decenni, e che sta costruendo nel presente. L’angolo prospettico privilegiato dal quale guardare questa materia vivente è rivolto a quelle esperienze sceniche che, in modi differenti, problematizzano la relazione scena/spettatore e rendono agonico lo spazio tra rappresentazione e forma della presentazione. Lavorando sui necessari distinguo di estetiche e poetiche, di contesti e ambienti, guardiamo a opere, spettacoli, installazioni, performance, festival che si rivolgono primariamente alla figura del fruitore come costruttore dei piani della significazione, coinvolto nel qui e ora dell’opera in ragione di una propria individualità capace di riconoscersi come parte attiva di una comunità istantanea di spettatori.
Su quest’asse si colloca anche Istantanee Performing Fest, a Roma dal 21 aprile al 18 maggio. Incentrato sui linguaggi della danza contemporanea e della performance, il festival individua nel corpo il perno d’impaginazione problematica dello spettacolo, spesso in stretto legame di continuità con i territori tecnologici dell’immagine. Corpo inteso come testo, luogo e materia tattile e visiva che letteralmente incide lo spazio, traccia direzioni, disegna piani della visione come una mappa controversa. Questo il disegno di Maria Paola Zedda, curatrice del progetto, realizzato in stretta collaborazione con Kollatino Underground e la formazione romana Santasangre.
È proprio Santasangre a inaugurare il festival con un nuovo “stato” della creazione Bestiale Improvviso, concepita come iter progettuale sviluppato negli esperimenti del biennio 2009/2010. Debutta, infatti, a Istantanee con un’inedita Sovrapposizione di stato, dove l’indagine centrata sulla trasformazione della materia si sofferma sull’importanza del principio di scelta. Retrocedendo al punto in cui è possibile far emergere lo stato alternativo, si declina uno sviluppo possibile che pone i due spettacoli in un rapporto di reciproca dipendenza e autonomia.
Due sono i lavori presentati da Enzo Cosimi, tappe della trilogia dedicata al capolavoro tardo-romantico Il Lago dei Cigni. Se con OdetteOdile investigations il coreografo indaga la natura simbolica del cigno, con La stanza del Principe è la figura di Siegfrid a essere oggetto di analisi e decostruzione. In entrambi i casi, il gesto essenziale è quello di un ribaltamento iconografico compiuto attraverso uno sguardo poetico e politico. Anche il progetto coreografico di Cristina Rizzo prende avvio da una personale ri-traduzione di un classico della danza, La Morte del Cigno. Nella versione originale del 1924 interpretata da Anna Pavlova, diventa l’occasione per la creazione di un solo, Invisible piece, tracciato coreografico instabile e precario, generato sulla traduzione simultanea dell’originale proiettato su monitor.
Un nuovo paesaggio ritmico-mentale per BarokTheGreat, presente al festival con Fidippide. Ispirata al leggendario corridore greco, la creazione lavora sulla logica motoria e percussiva del passo del maratoneta e lo fa fuggendo l’illustrativo e ribattezzando le motivazioni di un’azione gestuale e sonora assoggettata a un moto rotatorio di usura continuativa e spossante. Una vera folgore istantanea è Grave di Dewey Dell, breve lavoro dedicato al precipitare. Questo evento istantaneo tenta di catturare la sensazione di un corpo in caduta libera come quella di un grave, appunto, disegnato come il punto instabile di un momento fisso nella velocità.
Basata su un’idea di performance inconclusa, The Other Room dell’artista inglese Helena Hunter – docente del Laban Centre e dell’Università Queen Mary di Londra – guarda alle politiche del corpo con un approccio legato agli studi postcoloniali ed esplora l’umano attraverso l’essere animale che si sforza di conquistare la posizione eretta. Continua il giro del mondo di MK nelle Quattro danze coloniali viste da vicino, nuova coreo-geografia che tematizza l’esperienze dello spostamento come spazio in cui il desiderio della fuga, l’idea di dissolvimento e la curiosità per l’altro configurano altre distanze e confini.
Un viaggio nell’impero intimo della mente è il sermone declamato da Claudia Castellucci, pedagoga, autrice, disegnatrice e coreografa della Societas Raffaello Sanzio. Il suo ultimo testo, Il Regno Profondo, è un sermone dall’andamento litanico e dialogico che alterna parola e canto, voce e melodia, impaginando una lista di confessioni e ragionamenti pronunciati al cospetto di un Dio che risponde senza manifestarsi, che sentenzia senza esistere.
Una danza notturna è quella ideata dalla Compagnia Caputo Seneca che, con Nottilucenti, mette il corpo danzante in relazione con alcuni fenomeni astrali. Indagini sulla cultura del consumo sono i lavori del Progetto Aska/Paola Lattanzi e Strumenti Umani, presenti rispettivamente con OGM mon amour, versione installativa di una danza urbana pensata nei supermercati, e con lo studio Emotical Icon Show, in cui lo smile assume la tridimensionalità della maschera teatrale inquietandone la sacrale ancestralità.
La relazione corpo-scenico e corpo-sonoro è al centro degli eventi collaterali Performing Sound concepiti come live e dj set. Nella sezione, inaugurata da Performing Female Voices – Laptop Set, dialogo tra Valentina Valentini e Mauro Petruzziello, ospita sound artist e sperimentatori della scena elettronica che si confrontano con la performance collaborando con gli artisti presenti al festival. Spazio anche alla riflessione con l’osservatorio critico Sguardi Istantanei, curato da Matteo Antonaci e Chiara Pirri, realizzato attraverso la creazione di festival web-platform realizzata da giovani critici decisi a proporre letture, analisi e approfondimenti sugli eventi del festival, per fare i conti con quello spazio fondato sui nessi relazionali dell’hic et nunc. Liveness, appunto.
Piersandra Di Matteo
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati