Dopo 17 anni Sergio Casoli riapre una galleria. Nello studio di Schifano a Roma con Mattia De Luca
Il mitico gallerista riapre a Roma dopo 17 anni dalla chiusura del suo spazio. Sarà a Palazzo Albertoni Spinola e sarà condotto insieme ad un collezionista di 32 anni. Prima mostra: una retrospettiva su Francesco Lo Savio.
Riapre a Roma Sergio Casoli. Un evento storico per la Capitale che registra il ritorno di uno dei galleristi più importanti di quella vicenda eroica che ha caratterizzato l’arte italiana, seguendo artisti come Fontana, Burri, Melotti e alcuni nomi dell’arte povera tra i molti altri. Casoli è uno di quei professionisti che sa quando è il momento di andare e quando di rientrare in scena, un imprenditore che crede nei giovani e nei talenti. Ebbe intuito nel 2001, quando chiuse la galleria a Milano lasciandola nelle mani di Giangaleazzo Visconti, che successivamente vi aprì lo spazio di successo che ancora oggi porta il suo nome. La nuova avventura invece affianca alla sua firma quella di Mattia De Luca, romano, 32 anni: “sono collezionista, figlio di una famiglia di collezionisti”, racconta ad Artribune. “da sette anni aiutavo alcune famiglie in Inghilterra a collezionare arte. Io e Sergio ci siamo conosciuti grazie ad una amica in comune che credeva molto in questo incontro. Abbiamo successivamente deciso di aprire uno spazio a Roma, in una città meravigliosa dove viviamo entrambi e che crediamo abbia delle potenzialità enormi. Io sono l’allievo e lui è il maestro. Abbiamo una ottima sinergia”.
CHI È SERGIO CASOLI
La storia di Casoli nasce a Milano, precisamente a corso Monforte 23, al piano terra di Palazzo dei Conti Cicogna Mozzoni. È uno spazio iconico perché ha una storia importante: dal 1952 al 1968 è lo studio di Lucio Fontana, il luogo in cui nascono tutte le sue opere. Nel 1968 Fontana muore e lo studio viene chiuso, fino a quando nel 1985 la moglie dell’artista Teresita Rasini decide di affidarlo, seguendo il cuore e scegliendo una persona che si era distinta per l’amore che portava all’artista. “Scelse Sergio Casoli”, racconta Giangaleazzo Visconti, in un articolo a firma di Anna Cirillo, uscito sulla pagina milanese de la Repubblica nel 2011 – “allora giovane gallerista che ricorreva, per esporre, al negozio di cornici del padre. Entrò due anni dopo e io iniziai a lavorare come suo assistente un decennio più tardi, nel 1997”. Il resto è storia. Verso la fine degli anni ’90 apre inoltre uno spazio a Roma, in Via della Vetrina. Lo chiude dopo tre anni di attività. Nel 2003 si vocifera una riapertura, ma si risolve in un nulla di fatto (dal 2004 e per alcuni anni, infatti, quegli ambienti ospitano l’esperienza, poi conclusasi, della galleria VM21. Oggi invece ospita Z20 di Sara Zanin). Nel 2001, continua Visconti nello stesso articolo, “Sergio Casoli si stufa, se ne va a Filicudi e mi lascia le chiavi dicendo “Ecco, adesso tocca a te”. Io non avevo un passato da gallerista, organizzavo solo mostre d’arte, progetti che poi vendevo a Napoli, Roma, Catania. La galleria a quel tempo si chiamava Studio Casoli e mi sono ritrovato così a iniziare il lavoro più bello del mondo”.
A FILICUDI
Nel frattempo, a Filicudi, Casoli non sta con le mani in mano, riconfermando l’amore per l’isola nato nel 1991. Rileva a Pecorini la pensione La Sirena e il ristorante annesso insieme a Maurizio Cattelan (che però lasciò la società nel 2012). In una intervista rilasciata ad un blog locale, Stretto Indispensabile, a inizio Anni zero, rivela le ragioni della sua scelta: “Sono un po’ stanco delle comodità cittadine e della responsabilità etica del gallerista. La mia è una questione di consapevolezza. Il mondo sta cambiando e anche l’arte. Ho scelto Filicudi perché per me rappresenta l’Italia di quand’ero bambino: un’Italia semplice, rurale, con poco cemento intorno. Amo molto i terreni e le coltivazioni, anzi, penso che ne comprerò altri. Adesso ’’espongo’’ giare e gli strumenti del faticoso lavoro dei campi sul solaio della mia cucina”. Non mancano però le incursioni nell’arte, ad esempio nel 2006 cura la mostra Marcel Duchamp: una collezione italiana al Museo di Villa Croce a Genova, dove presenta l’allestimento, per la prima volta al pubblico, della collezione di Luisella Zignone dedicata ovviamente a Duchamp.
IL RITORNO
Lasciare nel 2001, in un momento di mercato piuttosto florido, e tornare nel 2018, in un mondo in cui il format delle gallerie è sofferente, ha il sapore di una scelta controcorrente e coraggiosa: ma se il principio che ha guidato Casoli fino ad oggi nel suo lavoro è quello della “responsabilità etica” del lavoro, come egli stesso affermava, risulta assolutamente comprensibile. Inoltre, ci spiega il socio Mattia De Luca, “credo che sentisse la mancanza di un rapporto più intenso, in prima linea, con le mostre, i progetti. Lui ha una grande visione sull’arte: questo è un gesto di passione e amore. Nel mio caso invece avevo voglia di imparare stando vicino ad una persona come Sergio”. Ma come sarà questo nuovo spazio?
IL DESTINO
Un’altra coincidenza, un altro segno del destino: il nuovo spazio sarà a Palazzo Albertoni Spinola, a pianoterra, in una porzione dell’edificio nobiliare a Piazza Campitelli 2, a due passi dal Portico d’Ottavia e da Piazza Venezia, che fu negli anni ’70 lo studio di Mario Schifano, ma per tanti anni trasformato in deposito. Sono 220 mq, 120 espositivi, due sale per le mostre, con quattro finestre molto grandi e vista su Santa Maria Campitelli. Si occuperà prevalentemente d’arte moderna e italiana. Sergio e Mattia ancora non sanno come si divideranno i compiti, perché è tutto in divenire. Ciò che possono confidarci è che la prima mostra, che aprirà il 7 aprile 2018, sarà di Francesco Lo Savio (Roma, 1935-Marsiglia, 1963) un artista che Casoli conosce molto bene, scomparso a soli 28 anni e recentemente protagonista di una mostra straordinaria al Mart di Rovereto. “Sarà una piccola, ma intensa retrospettiva, con opere tra le prime del 1958, progetti per la Maison au soleil, o i Metalli, tele della serie Spazio-Luce, fino a due Articolazioni Totali ancora disponibili sul mercato (la serie era solo di quattro opere)”.
– Santa Nastro
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