Lucia Bianco / Enrico Carpegna – Creatività a confronto
Mostra doppia personale
Comunicato stampa
Era molto probabile che Lucia Bianco ed Enrico Carpegna prima o poi dovessero incontrarsi e confrontare la loro pratica artistica e professionale.
E questo per una molteplicità di ragioni.
Raramente mi è capitato di incontrare due personaggi così compresi e determinati nel loro fare, nel portare avanti le loro idee e nel seguire con puntigliosità, precisione e rigore i progetti che si sono dati, restituendoci cose ed immagini soffuse di magia.
Con grande maestria Lucia prende la materia (ha una predilezione per i metalli, soprattutto quelli preziosi della tradizione orafa), la trasforma, costruendo, pur nella dimensione esigua di un anello, di un pendente, talora di una collana, incastri mirabili, palazzi e grattaceli sognati, forme meccaniche che si possono scomporre e ricomporre con eleganza. Questo suo amore per la ricomposizione perfetta delle forme, che conferisce interesse e bellezza a parti di oggetti che possono esistere da sole od elegantemente combinarsi ad altre, formando entità complesse e compenetrate, costituisce la cifra principale del suo fare oreficeria. Molti artisti si sono confrontati con la meccanicità delle cose, il rigore e la duttilità dei metalli e la struttura della materia e non è questo il luogo per parlarne. Quando guardo un anello od una collana di Lucia peraltro non posso fare a meno di pensare alle creazioni di Fausto Melotti, che con pochi fili ed elementi di metallo riusciva a toccare le corde della bellezza, aprendoci mirabili squarci di poesia. Le opere di Melotti, quasi sempre di dimensioni contenute, come se fossero progetti più che opere compiute, sono state portate, da una parte, con sbocco quasi naturale, nella dimensione della gioielleria con creazioni delicate e squisite e, dall'altra, alla dimensione della statuaria e dell'architettura, come fase compiuta di uno stato progettuale con esiti spesso felici che ci hanno fatto pienamente apprezzare la creatività del grande Maestro. Ed ad esempio mi chiedo che cosa accadrebbe alla collezione 'Grattacieli' di Lucia se dall'oreficeria la portassimo alla dimensione dell'architettura. E questo è l'ennesima riprova che il fare arte è eminentemente un fare concettuale ed ideativo che spesso sfocia nel manufatto e si fa riconoscere ed apprezzare anche indipendentemente dalle dimensioni della sua realizzazione. L'oreficeria, almeno da Benvenuto Cellini in avanti, è pratica artistica riconosciuta ed apprezzata nel suo pieno diritto e vive la sua dimensione attraverso i tempi e con il mutare dei gusti.
Enrico Carpegna nei molti anni del suo essere fotografo e nel seguire una pratica fotografica scevra di orpelli, ma che indaga con attenzione cose e persone, nelle molte sfaccettature che la vita ci offre, con un occhio sempre proteso a cogliere stati, mutamenti, trasformazioni, come i suoi molti scatti sull'acqua (sostanza per definizione mutevole) ci hanno mostrato, di recente ha prodotto una serie di fotografie, che, in altra occasione, ho ricondotto alle Metamorfosi di Ovidio. Esse infatti bene rappresentano quel continuo trasformarsi delle cose (in questa fattispecie si tratta di tuberi ed altri ortaggi), quel loro diventare altro, abitare altre categorie della mente e della natura, in un continuo scambio tra significanti e significati, colti dall'arte del fotografo con grande definizione ed impatto figurativo che fa sì che dalla trasformazione finale si fatichi non poco a ricollocarle nella dimensione di partenza. Ne scaturiscono immagini preziose, che per comodità di categorizzazione sono state divise in due serie: Aurum e Argentum per la loro preziosità, eleganza e finezza.
Quale confronto migliore ci può essere tra l'opera di un'artista orafa e l'autorialità di un fotografo che sembra cesellare le sue immagini e proporci fotografie di gioielli. E viene a mente quando Plinio il Vecchio racconta dell'uva dipinta da Zeusi così bella ed invitante che gli uccelli ci svolazzano intorno tentando di beccarla. Io stesso in più di un'occasione ho dovuto precisare a chi guardava quelle fotografie di Enrico, specie se viste attraverso i media, che non si trattava di gioielli (che non c'erano e che conseguentemente non si potevano prenotare), ma che rappresentavano la trasformazione di vegetali e che, in quanto fotografie, si potevano acquistare; viceversa le opere di Lucia, gioielli veri in ogni loro declinazione, sono acquistabilissime e godibili come gioielli e non progetti di architettura od altro.
Non è la Commedia degli Errori: è l'arte con il suo fascino e la sua magia!
Roberto Perugini