Dopo Frieze a New York è la volta di TEFAF. Le prime impressioni dell’edizione 2018
Dopo avervi parlato di Frieze, adesso è la volta di TEFAF, altra fiera che compone il quadro dell’art week newyorchese in corso. E il confronto tra le due kermesse arriva spontaneo: se Frieze è in crisi, TEFAF rafforza la sua posizione nell’East Coast. Ecco le nostre prime impressioni a caldo
Dall’arte fenicia fino a quella moderna e contemporanea passando per l’antiquariato e il design: questo è TEFAF, che nella sua issue primaverile a New York (ce n’è nella Grande Mela anche una autunnale) punta comunque un po’ più sul contemporaneo. Sia per essere in coerenza con la contemporanea fiera Frieze, sia per essere anche un po’ in concorrenza con la stessa. Indubbiamente il successo di TEFAF è l’altra faccia della medaglia della difficoltà e della perdita di identità di Frieze. Più la fiera sull’isola di Randall è in crisi, scomoda, organizzata in maniera non impeccabile, più la manifestazione olandese di scena nell’Armory di Park Avenue è impeccabile, ben frequentata e di altissima qualità.
TEFAF VS FRIEZE
Intendiamoci: quest’anno, anno di grandi prudenze, anche qui al TEFAF le gallerie ci sono andate molto piano. Non c’è spazio per prendersi dei rischi e molti sono gli stand-mercatino che hanno come primo obbiettivo non proporre chissà quale ricerca espositivo-storicoartistico-curatoriale, bensì ripagarsi le (non indifferenti) spese. Tuttavia il livello è davvero elevato. Molte tra le principali gallerie presenti a Frieze peraltro sono anche qui a TEFAF e si fa fatica a capire come possano convivere le due fiere senza farsi una gran concorrenza. E già qualcuno sussurra: “Frieze ha aperto la sua prima data a Los Angeles perché è lì che vuole trasferirsi, lasciando definitivamente New York nei prossimi anni”. Staremo a vedere, nel frattempo ci godiamo le proposte più interessanti di TEFAF che anche qui a New York si presenta con gli immancabili allestimenti floreali che richiamano la fiera-madre di Maastricht.
LA FIERA
Qualche highligh? Subito un notevole stand di Hauser&Wirth con un grande Philippe Guston. Da Skarstedt uno stand potentissimo con Martin Kippenberger, Richard Prince e Cindy Sherman. Anche Sean Kelly non è da meno con Joseph Kosuth (peraltro presente all’opening) che ‘dialoga’ con Mondrian e poi con Anthony Gormley e José Davila. Di grande impatto lo stand di Gladstone con di fatto una doppia personale di Amy Sillman e Andrew Lord. Incredibile lo stand di Zwirner: da una parte tutti lavori rossi di Joseph Albers, dall’altra quadri di Giorgio Morandi (si parte da 1,2 milioni di dollari). Sono solo alcuni degli spunti visto che la maggior parte degli stand presenta elementi di grande interesse. Tutti gli stand sono di piccola metratura, ma contengono il meglio che le gallerie hanno proposto quest’anno a New York.
– Massimiliano Tonelli
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