Verso la Biennale di Architettura. Le new entry
Un focus sui padiglioni internazionali che stanno per debuttare alla Biennale di Architettura diretta da Yvonne Farrell e Shelley McNamara.
Fin dall’annuncio lo scorso gennaio di un padiglione diffuso sull’isola di San Giorgio Maggiore, il debutto della Santa Sede alla Biennale Architettura ha catalizzato l’attenzione mediatica. Eppure Vatican Chapels non è l’unica novità da tenere sott’occhio in questa edizione della kermesse veneziana, che registra altre cinque nuove partecipazioni nazionali. Mentre l’America rafforza la sua presenza con Antigua & Barbuda e Guatemala, l’Asia con l’esordio di Pakistan, Libano e Arabia Saudita conquista finalmente una posizione di rilievo nello scacchiere lagunare. Pur calate in contesti geografici e sociali differenti, le risposte a Freespace delle new entry d’Oriente rivelano un’attenzione comune al tema dello sviluppo urbano.
DAL PAKISTAN AL LIBANO
Nei giardini della Marinaressa, il pakistano Sami Chohan invita a fare esperienza dei vicoli fra gli insediamenti informali di Karachi. Opera di un team di progettisti under 35, The Fold evoca la sorprendente ricchezza sociale di questi spazi interstiziali, che in assenza di piazze e aree verdi divengono straordinarie arene per l’interazione, lo scambio e persino il gioco. Alle potenzialità degli spazi residuali guarda anche l’Arabia Saudita, le cui città in rapida espansione verso il deserto producono una moltitudine di quartieri satellite fra immense distese di sabbia. Una frammentazione che erode legami sociali e consuma risorse naturali, che le curatrici Sumaya Al-Solaiman e Jawaher Al-Sudairy immaginano di ricucire trasformando i lotti liberi in spazi pubblici e attraversamenti pedonali. Firmata dai fratelli Abdulrahman e Turki Gazzaz, Spaces in Between traduce in Arsenale questa visione con un suggestivo paesaggio di cilindri in sabbia e resina, sequenza ininterrotta di spazi in-between. A pochi passi di distanza, il Libano estende l’indagine sugli spazi liberi all’intero territorio non costruito. Documentando il corso del fiume Beirut con fotografie, video e una mappa 3D, The Place that Remains, a cura di Hala Younes, è un accorato inno al paesaggio libanese, fragile patrimonio troppo spesso trascurato nello sviluppo del Paese.
L’EUROPA
Tornando infine nel vecchio continente, rimescolano le carte le Repubbliche baltiche che, dopo aver unito le forze nel sorprendente Baltic Pavilion del 2016, celebrano quest’anno il centenario della loro indipendenza con tre padiglioni indipendenti. E se per l’Estonia, che presenta Weak Monument, e per la Lettonia con Together and Apart si tratta di un ritorno, per la Lituania è la prima partecipazione individuale, occasione per immaginare con The Swamp School un possibile futuro di convivenza fra uomini e altre forme di vita.
‒ Marta Atzeni
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #43
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