Anche le città muoiono. L’editoriale di Marco Enrico Giacomelli
Si avvia alla chiusura la mostra “Anche le statue muoiono”, diffusa a Torino fra Museo Egizio, Musei Reali e Fondazione Sandretto. Un’occasione per fare un bilancio sullo stato di salute della cultura in città.
Il secondo museo egizio al mondo, dopo quello del Cairo? Certo, il Museo Egizio di Torino è questo. O almeno dovrebbe essere. Il condizionale si deve non tanto a questa informazione, magari non è chiara a tutti, piuttosto al predominio di certa cronaca casareccia e pecoreccia. Così capita che non si sappia nulla del museo ma ci si ricordi la piazzata messa in scena da Giorgia Meloni a febbraio. Motivo del contendere? L’ingresso gratuito per le coppie arabe, nel quadro di una precisa e definita campagna di inclusione che è al suo secondo anno di sperimentazione, insieme a moltissime altre che coinvolgono le più diverse fasce di (potenziali) fruitori. Iniziativa “delirante” e “discriminatoria”. E giù una serie di critiche, tutte –tutte – errate. Non è facile sbagliare ogni dato, ogni riferimento, ogni attribuzione: ci vuole impegno. Dall’altra parte, Christian Greco, direttore del museo, letteralmente l’incarnazione di un’altra Italia: nei toni, nello stile, nella precisione riguardo ai dati, nella professionalità con cui smonta le accuse con la pazienza del maestro di scuola finito in una classe turbolenta.
Nulla di così eclatante ha visto protagonista un altro Cristian, stavolta senz’acca, di appena un anno più anziano di Greco (1974 contro 1975). Ma pure a Cristian Valsecchi non sarà sembrato vero quando ha visto cosa si stava combinando in Comune, fra tagli di budget e pasticci a non finire. E lui, da professionista serio e preparato, a gennaio ha scelto di dare forfait e rassegnare le dimissioni da Segretario Generale della Fondazione Torino Musei. D’altronde, poco più di un anno prima se n’era andata anche Patrizia Asproni.
“Scenari futuri? Difficile fare previsioni, soprattutto con una vicina di casa in smagliante forma come Milano ad appena 40 minuti di treno”.
Cosa sta succedendo a Torino? Succede che un modello perfettibile, elaborato in un trentennio dal PD, è ritenuto dall’attuale amministrazione pentastellata… cosa? Non si capisce bene, e questo è il dato più inquietante. I fatti parlano chiaro: oltre a diverse dimissioni, ci sono i numeri a dire quanto sia in sofferenza la (cultura in) città. Nulla doveva cambiare? Certo che sì, ma cambiare non significa smontare i giocattoli senza poi avere la minima competenza, visione e cognizione nel saperli rimontare.
Scenari futuri? Difficile fare previsioni, soprattutto con una vicina di casa in smagliante forma come Milano ad appena 40 minuti di treno. Nulla di positivo all’orizzonte? In realtà sì. Ad esempio questa mostra, che vede un’inedita sinergia. Se qualcosa andava cambiato, era proprio questo: le alleanze erano ormai sempre e solo le stesse. Qui invece succede che una fondazione privata (FSRR) si unisca a un museo statale gestito dalle istituzioni pubbliche locali (Egizio) e a un polo museale (Musei Reali) dipendente dal Ministero.
La domanda è: quanto sostegno è stato fornito a questo progetto da parte della politica locale? E non parliamo meramente di denaro.
‒ Marco Enrico Giacomelli
Articolo pubblicato su Grandi Mostre #10
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