Vetro contemporaneo. A Venezia
Venezia fa da cornice a un dialogo internazionale, sfociato in una mostra ospite delle Stanze del Vetro e della Fondazione Querini Stampalia. Unendo creatività contemporanea e tecnica artigiana.
Marsiglia chiama Venezia e viceversa, in occasione del nuovo appuntamento con la saga espositiva de Le Stanze del Vetro. L’iniziativa targata Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung apre per la prima volta i suoi orizzonti, raggiungendo anche gli ambienti della Fondazione Querini Stampalia. Il risultato è una mostra “diffusa”, nata dal confronto con il marsigliese CIRVA ‒ Centre International de Recherche sur le Verre et les Arts plastiques e ideata per mettere in luce le potenzialità del vetro come materia di sperimentazione creativa nell’epoca attuale. Le opere di artisti e designer che hanno vissuto un periodo di residenza al Cirva negli ultimi trent’anni vanno in scena nelle due sedi lagunari, dando voce al progetto delle curatrici Isabelle Reiher, direttrice del Cirva, e Chiara Bertola, responsabile per l’arte contemporanea della Fondazione Querini Stampalia.
Da quali intenti trae origine la mostra?
Isabelle Reiher: Le due mostre fanno parte di un unico progetto, che intende far scoprire una parte della collezione del Cirva al pubblico veneziano e, più in generale, ai visitatori italiani e stranieri. Il CIRVA ‒ Centre International de Recherche sur le Verre et les Arts plastiques è situato a Marsiglia ed è interamente dedicato a ospitare in residenza artisti contemporanei che non conoscono questo materiale e che al Cirva hanno la possibilità di scoprire e sperimentare, durante un lungo periodo dedicato all’osservazione, alla ricerca e alla produzione. Attraverso testi, opere e video, la mostra consente di “accedere” agli atelier di Cirva restando fedeli, al tempo stesso, al lavoro specifico di ciascuno degli artisti selezionati. Questa esposizione è il frutto dell’incontro fra due curatrici attorno al lavoro degli artisti. Il primo obiettivo è descrivere il modo in cui gli artisti, per mezzo dei loro linguaggi, arrivano a trasformare un materiale e a farlo “parlare” in maniera diversa. Inoltre, la mostra sottolinea che il vetro non è confinato alla tecnica o alla seduzione della materia, ma rappresenta un materiale scultoreo al pari degli altri, permettendo di sviluppare linguaggi artistici vari, complessi e compiuti.
Come si è innescato il dialogo fra Cirva e le due istituzioni veneziane che ospitano la rassegna?
Chiara Bertola: Direi che il progetto è nato e si è sviluppato all’interno di una lunga frequentazione tra il Cirva e la Fondazione Querini Stampalia nata nel 1998 con il progetto espositivo di Giuseppe Caccavale. Vivendo l’energia e la totale libertà con cui al Cirva si sperimentava, ho capito che il vetro poteva essere una materia molteplice e poliedrica, che si prestava a una pluralità di linguaggi espressivi e a infinite possibilità d’interpretazione progettuali. Questo lavoro l’ho poi seguito e approfondito grazie alla direzione di Isabelle Reiher, con la quale ho condiviso personalmente la sensibilità e la scelta di credere in alcuni artisti, che negli anni hanno lavorato sia alla Querini Stampalia che al Cirva: Giuseppe Caccavale, Mona Hatoum, Jimmie Durham, Remo Salvadori. Una fornace a Marsiglia è un progetto che sia io che Isabelle abbiamo voluto proporre a David Landau e Marie Rosie Khane per Le Stanze del Vetro, che è il centro di ricerca internazionale sul vetro per eccellenza, l’istituzione che a questa materia, da anni, sta dedicando a Venezia un lavoro puntuale e scientifico. Quindi è all’interno di questa triangolazione istituzionale che è nato il progetto condiviso tra il Cirva di Marsiglia, Le Stanze del Vetro e la Fondazione Querini Stampalia, che invece ha sempre fondato la sua identità confrontando l’arte contemporanea con epoche e saperi diversi.
Arte e contemporanea e vetro: quali sono i punti di contatto fra i due ambiti e in che modo la mostra li pone in evidenza?
Chiara Bertola: Forse può essere utile sottolineare che già la mostra Una fornace a Marsiglia si articola in due luoghi: Le Stanze del Vetro sull’Isola di San Giorgio Maggiore, dove si presenta la storia del Cirva, con le opere di quegli artisti che hanno formato una parte importante della sua collezione, riuscendo a infondere intelligenza, creatività e capacità sperimentale ai loro progetti: Larry Bell, Lieven de Boeck, Pierre Charpin, Erik Dietman, Tom Kovachevich, Giuseppe Penone, Jana Sterbak, Martin Szekely, Bob Wilson e Terry Winters. L’altro luogo sono gli spazi contemporanei al terzo piano della Querini Stampalia, dove si presenta il lavoro di otto artisti per rendere invece più esplicito come il vetro sia piuttosto una questione di traduzione di un pensiero, di un passaggio da uno stato all’altro, di concretizzazione di una forma a partire da un’idea: Dove Allouche, James Lee Byars, Giuseppe Caccavale, Hreinn Fridfinnsson, Philippe Parreno, Francisco Tropa, Remo Salvadori, Jana Sterbak. Semplicemente la mostra è nata dalla consapevolezza di considerare il vetro non una materia ma una condizione, un dispositivo visivo, uno strumento ottico che aiuta a vedere qualcos’altro: che ad esempio permette di immaginare la traduzione di un’idea in una materia, di cogliere il solidificarsi dell’energia di una visione, di toccare il colore di una profondità, di mostrare la durezza di un solido che si scioglie in brillantezza.
Questa rubrica si intitola Dietro le quinte e indaga gli aspetti meno noti e più tecnici legati ai mestieri dell’arte. Che cosa significa, in termini di produzione, budget, comunicazione e sul fronte logistico, organizzare una mostra in più sedi, che prende le mosse da un’istituzione estera?
Isabelle Reiher: Un progetto espositivo così ambizioso, che riunisce più istituzioni, di cui una estera, richiede soprattutto lunghi tempi di maturazione e preparazione. L’idea di questa mostra ci è venuta nel 2014 e il lavoro ha preso il via con una serie di incontri a Parigi, Venezia e a Marsiglia. Nel 2016 abbiamo sottoposto il progetto a Le Stanze del Vetro, ospitando con grande piacere a Marsiglia i responsabili della Fondazione, David Landau e Marie-Rose Kahane. Diciamo che questa mostra è stata resa possibile grazie all’incontro di diverse volontà: far scoprire Cirva a un pubblico più vasto, proporre il vetro in un’ottica diversa e rendere omaggio agli artisti pur proseguendo una storia già iniziata presso la Fondazione Querini Stampalia e Cirva. La produzione della mostra è stata per la maggior parte garantita da Le Stanze del Vetro, che hanno dato prova di una generosità rara e straordinaria. Dal punto di vista logistico, bisogna sottolineare la grande professionalità di tre istituzioni che hanno accordato i violini affinché la musicalità delle due esposizioni risultasse fluida e naturale.
In base a quali criteri sono stati scelti gli artisti presenti in mostra?
Isabelle Reiher: Per Le Stanze del Vetro abbiamo scelto di consacrare ciascuna “stanza” a un solo artista, al fine di mostrare come le opere realizzate al Cirva siano il frutto di un lungo lavoro di ricerca e di dialogo con gli artigiani del vetro. In tal modo ogni nuova sala fa scoprire un insieme importante che deriva sia da una serie, sia dall’associazione di più opere dell’artista, ma sempre nella qualità di un allestimento specifico per ciascun artista.
Gli artisti selezionati sono fra quelli che hanno segnato la storia del Cirva, per la qualità del loro lavoro, per il coinvolgimento nella residenza e anche per l’insieme di opere legate alla collezione del Centro.
Chiara Bertola: Per quanto riguarda la mostra alla Querini, gli artisti sono stati scelti anche per accentuare e rappresentare l’idea di un paesaggio “congelato”, ma nato dalla vita del fuoco: dove la luce, l’orientamento, i riflessi, le trasparenze risultano assolutamente determinanti. L’incontro con il vetro, in questa mostra, impone di affrontare con adeguata radicalità una serie d’interrogativi: non soltanto dove sono i confini del vetro, ma anche che cosa significa guardare “attraverso”, oltre, e finalmente vedere. Può essere utile richiamare Paul Valéry, quando dice di guardare una forma semplice di vetro (un bicchiere, nel suo caso) con sguardo “straniero”, cercando di andare al di là e di vedere più cose di quelle che conosciamo. Ma, in questa mostra, la cosa fondamentale è che al vetro semplicemente non si deve sottrarre l’anima: un po’ come dire che, per vedere il vetro, non bastano gli occhi, perché vedere è anche sentire, ascoltare, pensare, immaginare…
Venezia e Marsiglia: similitudini e differenze nella cornice della tradizione vetraria.
Chiara Bertola: Proprio per raccontare e rappresentare il vetro in modo vivo e relazionarlo il più possibile al luogo di esposizione, abbiamo voluto invitare Giuseppe Caccavale e Remo Salvadori a produrre nuovi lavori al Cirva e a partecipare alla scelta delle opere. Insieme abbiamo cercato di coniugare la materia del vetro agli elementi naturali che caratterizzano il sistema ambientale delle nostre due città: Venezia e Marsiglia, appunto, città toccate dall’acqua, dentro la luce, partecipi dell’invenzione del vetro e mai dimentiche del suono. Che le rende molto vicine e risonanti fra loro.
Vetro e turismo: questa mostra può contribuire a sciogliere il legame tossico fra “paccottiglia” e Murano, che è a totale detrimento della seconda?
Chiara Bertola: L’occasione di presentare ora le opere prodotte al Cirva di Marsiglia – che è il centro d’eccellenza per il vetro artistico in Europa –, in questo duplice progetto in due istituzioni veneziane molto vicine alla storia vetraria muranese, secondo noi potrebbe far bene come fanno sempre bene i confronti e le relazioni. Senz’altro aiuta a rimettere questa materia in una posizione creativa e sperimentale, correggendo lo sguardo forse un po’ distratto e socchiuso di una tradizione dimentica della sua enorme storia e potenzialità. L’incontro con il vetro, in questa mostra, impone di affrontare con adeguata radicalità una serie d’interrogativi: non soltanto dove sono i confini del vetro, ma anche che cosa significa guardare “attraverso”, oltre, e finalmente vedere.
La lavorazione del vetro è una pratica antica, che merita di essere salvaguardata e rilanciata, specie a Venezia. L’arte contemporanea può essere un tramite per garantire tutto ciò? Avete in programma altre iniziative nel solco di Una fornace a Marsiglia?
Chiara Bertola: Pensiamo che il vetro, anche per un fruitore comune, sia una materia che da 3mila incanta e stupisce come nessun’altra. Incanta per le sue doti uniche di trasparenza e leggerezza visiva e per la sua duplice natura, fragile e dura al tempo stesso; stupisce per quel suo nascere dal poco, da polveri amorfe, prendere vita col fuoco per diventare subito dopo di ghiaccio. Ancora oggi incanta quel suo venir fuori da un magma liquido che, anche nelle industrie più avanzate, ricorda sempre la fucina di Vulcano. Il vetro non cambierà mai. La sua forza e i suoi meriti derivano da 5mila anni di storia e di successo. Trasparenza, compattezza e omogeneità della struttura, totale inerzia chimica e biologica, impermeabilità ai liquidi, ai gas, ai vapori e ai microrganismi, inalterabilità nel tempo, perfetta compatibilità ecologica sono le sue eccezionali caratteristiche intrinseche. Gli artisti aggiungono tutto quello che riusciamo a vedere oltre. Adesso a Venezia continua a crescere la Glass Week in molte istituzioni della città e anche questa è una bella occasione per sperimentare e conoscere meglio una materia così affascinante attraverso l’arte contemporanea.
‒ Arianna Testino
Versione integrale dell’articolo pubblicato su Grandi Mostre #10
Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua inserzione sul prossimo Artribune
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati