The Poet: la poesia di Gabriele Tinti al British Museum di Londra
Una serie di poesie ispirate ai capolavori dell'arte antica, lette da grandi attori. L'autore, Gabriele Tinti, è uno scrittore italiano che sta portando le sue opere nei più grandi musei del mondo
Il video inedito The Poet documenta la lettura che l’attore inglese Anatol Yusef (noto per i suoi ruoli da protagonista in serie come Boardwalk Empire e The Preacher oltre che per la sua lunga attività teatrale al seguito della Royal Shakespeare Company di Londra) ha fatto poco più di un anno fa al British Museum del testo ispirato alla testa Arundel del poeta e scrittore Gabriele Tinti.
Il video rientra nel progetto Rovine ed è il frutto del culto delle immagini di Tinti che ha composto una serie di poesie ispirandosi ai più importanti capolavori dell’arte antica come Il pugile a riposo, Il Galata suicida, il Giovane vittorioso (Atleta di Fano), il Fauno Barberini, Il Discobolo, I marmi del Partenone, l’Ercole Farnese e molti altri ancora. L’autore, ha collaborato negli anni, con molti attori, tra cui Joe Mantegna, Robert Davi, Burt Young, Vincent Piazza, Franco Nero, Luigi Lo Cascio, Marton Csokas e Alessandro Haber, e alcuni dei maggiori musei al mondo (il Metropolitan di New York, il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, il British Museum di Londra, il Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo e di Palazzo Altemps, la Gliptoteca di Monaco, i Musei Capitolini, il Museo dell’Ara Pacis e il Museo Archeologico di Napoli).
LA POESIA NEI MUSEI
Rovine è stato insignito del Premio Montale Fuori di casa per la poesia 2018 ed è stato recentemente scelto per celebrare il riallestimento delle collezioni del Getty Villa, per proseguire il dialogo iniziato con la mostra di artisti contemporanei Plato in LA in occasione della quale alcuni dei più celebrati artisti del panorama odierno hanno reinterpretato l’impatto di Platone sul mondo contemporaneo.
Così l’autore, Gabriele Tinti, spiega il progetto: “Rovine raccoglie una serie di scritti in forma di versi, frammenti e brevi saggi che ho destinato alla scultura vivente dell’attore, al kolossos capace di fornire nuova voce a ciò che è oramai irrimediabilmente scomparso. Questo tentativo muove dal tragico senso di morte, di vacuità, che appartengono persino ai nostri capolavori che vorremmo eterni. L’indeterminatezza che ha circondato spesso le loro attribuzioni, il carattere talvolta puramente ipotetico degli studi, le disiecta membra, la frammentarietà mutilata, con le quali quasi sempre dall’antichità sono giunti sino a noi, rappresentano quel che rimane del desiderio dell’uomo di avvicinarsi agli dei.”
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