Contemporary Sculptures Garden
Nel Contemporary Sculptures Garden sono esposte una serie di sculture e di in- stallazioni, il cui nucleo principale è rappresentato dalle opere del maestro con- cettuale Diego Esposito.
Comunicato stampa
CONTEMPORARY SCULPTURES GARDEN
Attraverso la donazione e il comodato di alcune opere d’arte realizzate da artisti internazionali, l’Università degli Studi di Teramo ha allestito una galleria esterna e interna che permette di entrare in contatto con l’arte contemporanea.
L’iniziativa ha ottenuto il marchio dell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale.
Nel Contemporary Sculptures Garden sono esposte una serie di sculture e di in- stallazioni, il cui nucleo principale è rappresentato dalle opere del maestro con- cettuale Diego Esposito.
Ci sono poi tre opere di Venanzo Crocetti, uno dei protagonisti della scultura in bronzo del Novecento italiano e una importante opera materica di Immacolata Datti. A queste andranno ad aggiungersi, nei prossimi mesi, dieci opere dello scultore Raffaele Pagliaccetti.
La Galleria presenta inoltre Cielo d’Italia, un’interessante esposizione di piastrelle ceramiche che rappresenta le città che in Italia producono ceramiche e maioliche, importante manifattura che dal medioevo accomuna molte parti d’Italia.
Si tratta dell’inizio di un percorso nella scultura contemporanea che l’Università di Teramo porterà avanti nei prossimi anni e al quale stanno già aderendo diversi artisti.
DIEGO ESPOSITO
Nel quadro dell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale, in occasione dell’apertura del Contemporary Sculpture Garden dell’Università degli Studi di Teramo, Naos, l’opera di Diego Esposito appena restaurata grazie all’intervento congiunto di Provincia e Università, sarà collocata negli spazi antistanti l’Ateneo, sulla collina che sovrasta la città di Teramo.
Ogni notte al tramonto, illuminandosi, essa stabilirà un ponte tra la città ideale delle conoscenze e quella reale che appartiene a ogni cittadino.
Naos allude alla cella più segreta del tempio dorico, quella in cui ha sede la statua del Dio, al cui cospetto si può solo sostare in reverente contemplazione, senza varcare la soglia. Un’opera di forte significato simbolico, dove la forma elementare costituita da due cubi inseriti l’uno dentro l’altro, è contraddetta dalla forte luce solare che emana dal corridoio posto a intercapedine fra di essi.
A Naos si accompagna un’altra opera imponente, l’ottavo esemplare del ciclo intrapreso già nel 2001 e sempre in progress - Latitudine-Longitudine 42°40’8”N
- 13°41’57”E- che consiste nel posizionare all’intersezione fra le due coordinate terrestri, un enorme masso staccato da una cava locale - questa volta in roccia del Gran Sasso, offerta da Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga - dove è inserito un disco convesso di acciaio inox che, come un occhio metallico, catapulta sulla terra i movimenti del cielo durante l’arco del giorno e nel perenne incedere delle stagioni.
Con la città di Teramo, Diego Esposito ha stabilito negli anni un rapporto privilegiato. Teramo è, infatti, la città delle sue origini, a cui, nel tempo, è restato saldamente legato. Grazie a questi e a magnifici altri apporti che si aggiungono alla realizzazione del soffitto dell’Aula Magna - Scale di Colore, Suono del Tempo - e a un nucleo di opere in comodato, l’Università degli Studi di Teramo si avvia a diventare un esempio di eccellenza nel panorama italiano estendendo la sua già solida rete internazionale di rapporti, mentre Diego Esposito realizza, nel contempo, un sogno accarezzato negli anni, rafforzando il proprio legame indissolubile con la sua città d’origine.
Diego Esposito © Brunella Longo
Diego Esposito (Teramo, 1940) vive tra Milano e Venezia.
Sin dagli esordi, insieme ai grandi protagonisti degli Anni Settanta, il suo impegno ha contribuito alle trasformazioni essenziali che hanno delineato le nuove concezioni artistiche.
L’attenzione che ha sempre dedicato alle culture del bacino del mediterraneo e a quelle extraeuropee, nutrita dai suoi viaggi, fusa con le concezioni del proprio tempo e con antichi insegnamenti sapienziali è alla base di un’etica e di una visione estetica dove l’esattezza formale si sposa con il grande respiro ambientale e culturale grazie all’uso cristallino di un colore volto a dilatare l’opera sul piano della risonanza cosmica, esplorando nel contempo i rapporti tra la sonorità e l’ambiente.
L’opera di Diego Esposito si è svolta con straordinaria coerenza e libertà al di fuori di condizionamenti di mercato, privilegiando la collaborazione e la sintonia con particolari individui e con istituzioni che ne hanno saputo garantire l’indipendenza. L’impegno con cui invece di realizzare ‘mostre’, ha saputo concepire i suoi interventi in rapporto alle condizioni del luogo e dell’ambiente dove è stato chiamato a operare, hanno lasciato un segno, dettando un nuovo modello per le relazioni tra il destino dell’opera e il contesto del suo inserimento, trasformando sensibilmente la natura del sito.
Tra le sue grandi installazioni si ricordano Soffitto dell’Aula Magna, Università degli Studi di Teramo (TE); Kanazawa Art University; Giardino di Yuwaku, Giappone; Cascata Villa Jucker, Gozzano, Lago d’Orta (NO), Comune di Prato, Comune di Cantù, CAMUSAC Cassino (FR), Fondazione Cini, Isola di S. Giorgio, Venezia, Azienda Agricola Ciccio Zaccagnini, Bolognano (PE).
Venanzo Crocetti (Giulianova, 1913 – Roma, 2003)
...Molteplici ansiosi impegni con me stesso mi attendevano per il mio lavoro, quel la- voro che amavo veramente sopra ogni altra cosa, quello che produceva in me l'entu- siasmo e che a volte si rivelava miracoloso anche a me stesso per il mio fisico e per la mia età... (dal diario del maestro Venanzo Crocetti).
Una vita dedicata all'arte, il suo lavoro di ogni giorno, quando tutto poteva diventare fonte di ispirazione; il Maestro Venanzo Crocetti ha sempre cercato e trovato ovunque spunti per dare forma alle idee delle sue opere. Tutto è strumento, elemento, su cui sostanza e materia prendono vita.
Nato a Giulianova (Teramo) il 3 agosto del 1913, Venanzo Crocetti già in tenera età dimostra elevate doti artistiche che esprime disegnando col carbone sulle pareti di casa e in strada; e mentre i suoi piccoli coetanei giocano, lui trascorre ore nelle botteghe degli artigiani.
Ed è proprio quel talento, quel desiderio del fare e del creare a salvarlo dalle dure prove che l'infanzia e l'adolescenza gli riservano. A dodici anni, infatti, Venanzo Crocetti è già orfano e in estrema miseria. Tutte le sue opere, realizzate in un arco temporale di quasi ottant'anni, saranno frutto di lavoro ininterrotto, di un'attività che non conosce pause per feste o per ferie, che non ammette distrazioni, neanche le più lecite; proprio quelle, invece, diventeranno la sua famiglia, i sui figli e tutto il suo mondo.
Fonte: www.fondazionecrocetti.it
LE OPERE DI VENANZO CROCETTI AL CONTEMPORARY SCULPTURES GARDEN
Porta del Tempio della vita
Rilievo in bronzo, cm. 275 x 186
Opera di proprietà dell’Università di Teramo
«Quest’opera, memore del Cavaliere, la morte e il diavolo del Dürer, ha una comunicatività penetrante, un respiro e un fremito che è conferito dal fatto che la vibrazione luminosa del metallo non riguarda soltanto la su- perficie, ma è il risultato di una summa prodigiosa di articolazioni pro- spettiche e chiaroscurali. In essa foga, grazia, vitalità e ritmo si fondono con un risultato di altissima suggestione narrativa, che appalesa un tan- gibile bellezza formale. Il suo stato di conservazione è ottimo (la fusione bronzea, per difficoltà tecnica, è davvero strabiliante), ed è da considerarsi un pezzo unico». (Floriano De Santi)
La gravida, 1932
Bronzo, cm. 148 x 60 x 92,5
Concessa in comodato d’uso dalla Fondazione Crocetti
Maestà totemica simile alle statue votive delle antiche dee madri, lar- gamente ispirata dai fondamenti iconografici delle dee madri di ogni tempo e paese (specie dell’eredità di quelle dell’Abruzzo arcaico) l’im- ponente composizione propone i caratteri maestosi della Mater Ma- tuta di antica derivazione archeomitologica, colma di valenze implicate coi caratteri del generare.
Leonessa con preda, 1960 Bronzo, cm. 80 x 145 x 70
Opera di proprietà dell’Università di Teramo
Il maestro Crocetti, durante gli anni di studio, prediligeva gli animali come fattore di ritorno primigenio alla terra. In questo caso la leonessa è frutto dei suoi appostamenti al giardino zoologico di Roma, dopo mol- tissimi schizzi e vari bozzetti. Una scultura forte e elastica in cui il bronzo è il mezzo per il movimento, nonostante il peso specifico.
Immacolata Datti
Immacolata Datti nasce a Roma e trascorre la prima giovinezza tra Roma e Spoleto. Il suo lavoro si indirizza fin dall'inizio verso la sperimentazione di materiali naturali: argilla, legno, fibre vegetali.
A partire dal 1971 assume la terracotta, materia carica di antiche suggestioni, come medium privilegiato della sua ricerca plastica, come magico trait-d'union con una di- mensione remota arcaica di cui indaga il simbolismo primario, la dimensione segreta e sacrale. Sculture in terracotta sono quindi protagoniste delle sue prime personali (Spoleto, Festival dei due Mondi, 1975; Roma, Palazzo Braschi e Museo del Folklore, 1976; Ancona, 1980). Parallelamente i suoi interessi e il suo impegno nel mondo delle donne si traducono nel libro “La Casalinga di Cristo”, indagine sulle suore in Italia (Edizioni della Donna, 1976, AA.v,) e nella collaborazione a “Donna, cultura e tradi- zione” (Edizione Mazzotta, 1976).
Negli anni Ottanta comincia una ricerca sulla simbologia del suono nel suo rapporto con la forma e la materia che la conduce a ripercorrere in senso antropologico e sim- bolico antiche culture e a viaggiare in Europa, America Latina e Paesi Islamici alla scoperta di miti e leggende, all'approfondimento delle religioni arcaiche. Frutto di questo lavoro, in cui seguendo la metamorfosi dal suono alla materia l'artista ela- bora nuove forme che alludono ad arcane simbologie, sono numerose mostre perso- nali (Savona, Galleria Il Brandale; Roma, Galleria dell'Arco; Padova, Oratorio delle Maddalene; Ascoli Piceno, Galleria Rosati) e collettive in Italia, Francia e Grecia.
L'attività espositiva si fa intensa poi a partire dagli anni Novanta, in cui Immacolata Datti prosegue il suo lavoro con sculture che, come rivisitazioni di antiche civiltà, in- dagano la natura simbolica delle forme restituendone attraverso un minimalismo er- metico la memoria archetipica.
Fonte: www.immacolatadatti.it
L’OPERA DI IMMACOLATA DATTI AL CONTEMPORARY SCULPTURES GARDEN
Porta etrusca, 1995
Bronzo, cm. 148 x 60 x 92,5
Opera di proprietà dell’Università di Teramo
Nella Porta etrusca Immacolata Datti sperimenta la tecnica dell’argilla utilizzata come se fosse pietra. La scultrice ha donato l’opera all’Università di Teramo nel 2003, dedicandola al professor Filippo Maz- zonis, per oltre trent’anni docente dell’Ateneo, scomparso nel 2002.
Quattro elementi in quattro differenti tonalità di terre, la Porta Etrusca, massiccia e totemica, riprende “al negativo” la sagoma della porta della morte rappresentata nel fondo delle tombe di Cerveteri. Ma qui la porta ci lascia entrare e superare, rasentandoli, altri muri, forse altre esperienze di mondi o vite, per poi raggiungere l’ultimo muro, chiuso, definitivo. La quarta porta –dicono i mistici sufi- la “Porta di terra” si può aprire solo col cuore.
CIELO D’ITALIA
È un insieme di 384 tavelle realizzate da 301 ceramisti delle botteghe di trentuno Città italiane della cera- mica costituenti l’Associazione Italiana Città della Ceramica, nata con l’intento di creare una rete nazionale delle città ove storicamente è venuta a svilupparsi una significativa attività ceramica.
Lo srotolarsi di questa narrazione ricongiunge l’antico con il contemporaneo, dando ampio respiro ad una tradizione artistica radicata in Italia da secoli da Faenza alla Sicilia, passando per Urbino e per Castelli.
Gianni Tarli
Nasce a Solothurn, in Svizzera, nel 1959. Adolescente si trasferisce a Teramo dove inizia le prime esperienze artistiche.
Terminati gli studi di scuola superiore durante l’anno vive temporaneamente a Cat- tolica, per ragioni legate alla propria attività commerciale. Risalgono a questo periodo le esposizioni personali e collettive sulla riviera romagnola.
Alla fine degli anni Ottanta la sua ricerca artistica si libera del “peso” materico ed evolve verso elaborazioni di superfici fluide, con tecniche inedite ed innovative.
Il 1996 rappresenta la svolta artistica. Abbandona l’attività commerciale che sente in- compatibile con le direzioni della propria ricerca. I fluidi emozionali si complessifi- cano in forme di neo-espressionismo astratto in cui trova il proprio segno distintivo.
Fonte: http://www.fondazionecelommi.org
L’OPERA DI GIANNI TARLI AL CONTEMPORARY SCULPTURES GARDEN
Clessidra, 2009
Policarbonato e legno, cm.250 x 80
Nell’opera dinamismo e solidità dell’esistenza coesistono nel tempo dell’eterno divenire, in cui la coscienza dell’io si volge verso il Mondo. Nella forza giocata della luce che penetra dall’alto si modellano le forme della pluralità, della libertà e del sogno. L’intento è la com- prensione con uno stesso sguardo, per comprendere in maniera ori- ginaria con una medesima ragione, tra le fluttuazioni della rêverie e i sussulti della coscienza.