Arte e cultura digitale a Pergola per il Blooming festival. L’intervista a Quiet Ensemble
Esplosivo come una gemma che fiorisce in primavera è tornato per una due giorni dal 22 al 23 giugno il Blooming festival di arti numeriche e culture digitali. Ecco il report dell’iniziativa e l’intervista ai Quiet Ensemble, alla direzione artistica
Seconda edizione per il festival – progetto di Palazzo Bruschi, un’associazione che organizza eventi di promozione culturale a Pergola, borgo dell’entroterra marchigiano nella provincia di Pesaro Urbino. L’iniziativa si è svolta con la collaborazione di Palazzo Giannini. Direttori artistici i Quiet ensemble, affermati artisti italiani, di ritorno dal festival internazionale Sónar di Barcellona, dove hanno presentato l’intervento luminoso Antilight per il live del misterioso rapper napoletano Liberato, i quali hanno trovato il territorio marchigiano come “una tela bianca”, spiega Bernardo Vercelli (in duo con Fabio Di Salvo), “con dei luoghi di una potenza storica: è un privilegio mettervi piede e aprire la strada a questo tipo di linguaggi”. Il festival di Pergola è infatti un’inusuale esplosione di luci e suoni tra i vicoli della quieta cittadina, che invade spazi nascosti e sotterranei, solitamente chiusi, come cantine e splendide chiesette. Un contrasto che mette in evidenza le caratteristiche della ricerca artistica nell’ambito delle arti elettroniche e digitali, dove l’immateriale si trova a riempire spazi che hanno una loro storia e un loro uso, ma entrano in comunicazione con una realtà virtuale e impalpabile che sembra distante da essi, però costituisce la nostra quotidianità.
I PROTAGONISTI
Protagonisti della seconda edizione del festival sono stati lo studio Ultravioletto con un’istallazione in cui braccia robotiche sostengono luci al led che, reagendo al flusso sonoro, si muovono e cambiano la percezione spaziale dell’ambiente; la nube luminosa degli Unexpected, da cui il pubblico viene avvolto a 360° e che reagisce ai loro impulsi, un lavoro sull’interattività; la striscia diagonale di mattonelle LED con sequenze video degli StudioAIRA!, che attraversano la chiesa dei Re Magi con una riflessione sull’assemblaggio di immagini e audio nella comunicazione; il tentativo di armonizzare il rumore urbano del lavoro site-specific di Polisonum; l’intervento di Daniele Spanò che reagisce alla sacralità imponente delle montagne disegnandole con vari mezzi; i quadri digitali generati via software in tempo reale dei fuse*. Ma ci sono anche Arssalendo, Decomposer, Luca Cataldo, Diego Labonia e Simone Palma, Martina Zena, Marco Cinque, il videomapping di Diego Gavioli, il workshop di Gianluca Del Gobbo, il walkabout di Urban Experience, oltre alla partecipazione di realtà territoriali come l’Accademia di belle arti di Urbino, il festival Cinematica e l’Università Politecnica delle Marche. Infine come vincitrici della call for artist di quest’anno troviamo il duo Calembour che propone un’interazione tra natura e tecnologia, dove l’intervento dell’uomo, scomponendo l’equilibrio di un giardino zen, va a turbare le sequenze sonore e video degli schermi.
L’INTERVISTA
La seconda edizione è appena conclusa. Come ha reagito il pubblico?
La reazione della gente è buona, c’è stata molta curiosità anche nella prima edizione, credo che si instauri un dialogo atavico con il suono e la luce, che attrae, che è presente nel profondo anche se non si è mai entrati in contatto con questo in forma di arte, e comunica, fa vibrare, tira fuori qualcosa.
Il festival è un’indagine sull’uso dei mezzi elettronici in arte: come artisti e come art director quale è la vostra esperienza? Può esistere un uso poetico di questi strumenti o si rischia di scadere nella freddezza del tecnicismo? Esiste una riflessione e un supporto a questo linguaggio in Italia?
La selezione degli artisti non è facile: noi cerchiamo sempre una coerenza nell’opera, più che nell’artista, che deve non solo avere impatto visivo ma anche cura nel concept. Ma è facile che ci si perda, che si rimanga affascinati da una tecnica senza che il suo l’uso possa servire a sottolineare qualcos’altro. Ma ci sono certamente alcuni artisti capaci che seguono una poetica e noi cerchiamo di farli conoscere attraverso il festival. C’è bisogno di molto impegno per dedicarsi alla ricerca di fondi, e l’organizzazione quest’anno ha fatto un ottimo lavoro anche perché di solito non esistono supporti concreti e anche per la produzione ci si disperde tra mille bandi.
Che esperienza è passare da artisti ad art director?
Fare gli art director essendo noi stessi artisti dà un valore aggiunto, perché si capiscono molti aspetti, molte necessità degli artisti, ci si mette nei loro panni e si intuisce il loro approccio allo spazio e le loro esigenze tecniche. Inoltre si riesce meglio a trovare un filo conduttore comune, l’elemento di fusione tra i vari media.
– Annalisa Filonzi
Pergola // 22-23 giugno 2018
BLOOMING. Festival di arti numeriche e culture digitali II edizione
Direzione artistica a cura di Quiet Ensemble
Diverse sedi
www.bloomingfestival.it
www.facebook.com/bloomingfestival
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