“400”: politica e cultura nell’edizione 14 del festival Crack! Fumetti Dirompenti. Il report
Si chiude a Roma “400”, la 14esima edizione di Crack! Fumetti Dirompenti. Il titolo denuncia il prezzo medio di uno schiavo al mercato nero di Tripoli, agevolato dalle politiche italiane sui migranti. Il report della manifestazione.
Protetta dalla propria autoreferenzialità sistemica, buona o cattiva che sia, l’arte visiva non ha bisogno della propaganda politica per sopravvivere né gli artisti di una tessera di partito per vendere le loro opere. La cultura – alta, bassa, pubblica, privata, istituzionale o antagonista – dall’America di Trump all’Italia di Salvini, alza la testa, mostra sé stessa e difende quei principi comuni che, dal secondo dopoguerra a oggi, l’hanno cementificata, rendendola viva e attiva, resistente e che resiste.
Se il governo chiude i porti per impedire alla nave Acquarius di attraccare in Italia, a Palermo Igor Scalisi Palminteri dipinge un muro imponente, per tecnica e dimensioni, dedicato a San Benedetto il Moro, il frate africano nato nel 1524, nero, schiavo e patrono del capoluogo siciliano.
Quando arrivano le intimidazioni di un imminente censimento di rom e immigrati, a Firenze il direttore degli Uffizi Eike Dieter Schmidt chiede la costruzione di una moschea dalla cupola d’oro durante l’inaugurazione della mostra “Islam e Firenze” che celebra gli scambi culturali con il mondo islamico e le sue influenze storiche sul Rinascimento.
Nelle retine sono ancora impresse le immagini dei bambini ingabbiati dalle politiche di Trump, mentre la scorta a Saviano vacilla, i vaccini demonizzati e…a Roma si chiude “400”, la 14th edizione di Crack! Fumetti Dirompenti, il cui titolo denuncia il prezzo medio di uno schiavo (sì, nel 2018 esistono gli schiavi) al mercato nero di Tripoli, agevolato dalle politiche italiane sui migranti.
FORTEPRESSA: “THIS LIFE”
“Mia madre ha sempre provveduto alla mia sussistenza, non ero un affamato. Mio padre è morto quando avevo 5 anni. In un certo senso io sono stato fortunato perché ho commesso un crimine da giovane, andavo ancora a scuola e ero un bravo studente. Chi invece percorre questa strada da adulto ha molti più problemi”. Luntu Vumazonke ha 16 anni quando entra in un negozio di Cape Town con i suoi amici armati di pistole per rapinare il commerciante. La gang viene fermata dalla polizia e da quel momento Luntu cerca una redenzione che sfocia nell’arte, attraverso la creazione del Kollettivo Illuminoso Fresco KIF: “Siamo un collettivo di artisti / vogliamo fare soldi / sebbene l’arte non abbia prezzo / noi facciamo arte per liberare i nostri cuori e curare le nostre cicatrici”, si legge nel Manifesto del KIF.
Incontriamo Luntu al Forte Prenestino durante l’inaugurazione del Crack!, davanti al tavolo di Fortepressa che quest’anno presenta “This Life”, una pubblicazione doppia realizzata dagli autori del KIF come parte del Siyakhana Project (progetto portato avanti da Young in Prison South Africa). “Adesso ho 25 anni e questa è la prima volta che esco dal mio paese, è un’esperienza incredibile per me, ne sono davvero grato. Roma è stupenda” continua Luntu. “Le persone conoscevano i miei fumetti ma non la mia faccia. È anche importante parlare con le persone, far capire che spesso si commettono dei crimini senza una vera intenzione o coscienza, ma perché si sta cercando un modo per sopravvivere”.
Stampato in 350 copie, “This Life” ha una veste cruda, riflesso del suo contenuto. Pochi colori, blu arancione e bordeaux, formato a A4 piegato, fogli tenuti insieme da graffette. Gli autori sono per lo più autodidatti, ognuno di loro ha l’esperienza del carcere alle spalle. Le loro storie illustrate sono spesso autobiografiche, brevi spezzoni immersi nella semplicità di un tratto estetico essenziale e di un linguaggio colorito, che mantiene anche nella versione tradotta alcune parole dello slang di Cape Town. Senza filtri, “This Life” tramette la potenza della quotidianità e che nel South Africa, a venti anni dalla liberazione, si traduce in una presa di coscienza di conflitti sociali diffusi e sistemici, fatti di razzismo, tossicodipendenza e gangsterismo tra i minori.
ALTRI AUTORI DEL CRACK! 2018
Se “This Life” è la novità, non mancano sul tavolo di Fortepressa le precedenti pubblicazioni degne di nota, tra cui “La Caida e Coyota” di Juliette Bensimon Marchina, autrice francese che quest’anno, oltre a riproporre il suo primo fumetto originariamente pubblicato da Les Requins Marteaux, ha disegnato il manifesto dell’edizione “400” del Crack!. La storia di “La Caida e Coyota” è a vocazione femminista, quella di un’adolescente ispanica narcolettica che vive a Los Angeles. La malattia, in realtà, è infatti un pretesto per dare vita a una eroina o alter ego che ha il corpo di una pin up, la faccia di coyote e l’apparecchio ai denti, e che sbaraglia i narcotrafficanti di donne a suon di pistolettate (l’autrice catapulta la Coyota a Ciudad de Juarez, che è la città col più alto tasso al mondo di sparizione delle donne, vendute o ridotte in schiavitù).
Non lontano da Fortepressa troviamo le poesie disincantate di Filippo Dr. Panico e i santini estivi “Caldissima Trinità” di Cassandra, autrice di Bologna parte del gruppo TUTTE Collective.
Addentrandoci poi nelle celle sotterranee del Forte – che, a differenza delle scorse edizioni, ospitano ognuna un progetto singolo, rendendo la visita al Festival meno avventurosa e selvaggia ma anche meno claustrofobicamente affollata di autori non valorizzati – troviamo: i sofisticati disegni al cianotipo di PICA; le magliette “schizzate di idee” di T-Squirt (“che il flusso di idee sia libero, che la sua potenza inebri di gioia le secche e aride distese delle nostre vite”); gli esilaranti ritratti vomitosi di Baba Fregapane, fatti in presa diretta dall’autrice a chi si trova a sostare nella sua cella e che, ovviamente, ci restituiscono un’immagine quanto mai orribile di noi stessi; una sezione di manifesti politici e grafiche contemporanee dal Messico a cura di Cernà ruka (Black Hand) di Praga, con opere di Gran OM, Beatriz Aurora, Grafica de Lucha, ASARO e M68 (Escuela de cultura Popular de los Matires del 68). E ancora, nel programma ricchissimo di concerti, incontri, workshops, films e videogiochi, c’è Carles G.O’D. che presenta il suo progetto inedito “Il cielo è una città molto simile a Shagaluf” (“Heaven is a Town much like Shagaluf”), nel quale l’artista fa una ricognizione di cosa sia il “Magaluf”, la zona dell’Isola di Maiorca celebre per i suoi eccessi, gli scandali e le orde di giovani britannici alla ricerca di ferie economiche ed esotiche.
OLTRE IL FESTIVAL, OLTRE L’OPPOSIZIONE
Il Crack! non è un Festival nel senso tradizionale del termine, con autori/produttori da una parte e fruitori/compratori dall’altra. E questo non solo perché si svolge in un luogo occupato (dal 1986).
Per quattro giorni il Forte Prenestino si trasforma in un vero e proprio villaggio utopico di produzione creativa, dialogo e divertimento, nel quale chi sta dietro il tavolo per vendere (o disegnare) la propria fanzine è anche impegnato in workshops, partecipa agli eventi, mette in piedi nuovi progetti, balla sotto il palco, compra le produzioni altrui.
Appuntamento imprescindibile per gli addetti del settore che vogliono incontrare giovani emergenti (l’esempio più recente ed eclatante è quello di Tony Cheung, sbarcato al Crack! nel 2014 e approdato 4 anni dopo come una superstar all’Outdoor Festival), con i suoi 500 artisti partecipanti e 10.000 visitatori, il Festival è il frutto di una fitta rete di autori e individui che sostengono e frequentano il mondo delle produzioni indipendenti (“Crack! è il festival autoprodotto e autoconvocato di fumetto e arte stampata e disegnata più importante del pianeta Terra” si legge nel sito web). Non prevede direttori artistici, selezioni o esclusioni, rifiuta il copyright e sostiene le pratiche “plagiariste” e di mash-up (ovviamente tutto avviene seguendo delle regole, cioè le licenze Creative Commons).
“Noi non abbiamo prezzi fissi, è una donazione; consigliamo una cifra che rientra in una fascia e poi decidi tu quanto puoi e quanto valore vuoi dare ad un determinato libro” ci racconta Bambi Kramer, artista, illustratrice, cuore pulsante del Crack! e Fortepressa. “Per esempio ad una fanzine in fascia tra i 20 e 25 euro, può corrispondere una
donazione di 200 o essere portata via gratuitamente. Si tratta di un sistema economico che si adatta alla produzione processuale, e non a quella progettuale che necessita invece di un budget. Sviluppa una capacità di riciclo non solo di materiali ma anche delle idee. Masticare una esperienza e creare qualcosa, darle un principio vitale”.
-Veronica Santi
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