Il futuro dei festival cinematografici. Tre domande al Locarno Festival
Ultima tappa della nostra ricognizione sul presente e il futuro dei festival cinematografici internazionali. La parola va a Carlo Chatrian, direttore artistico del Locarno Festival.
Alla luce della polemica che ha coinvolto il Festival di Cannes e Netflix, quali sono i criteri di selezione e partecipazione di un film al vostro festival?
La decisione presa dal Festival di Cannes in merito alla selezione dei film penso riguardi il sistema francese della distribuzione in sala e il ruolo che questo festival ha nel sistema distributivo del proprio Paese. Negli ultimi anni le modalità di fruizione dei film in un festival sono cambiate. I festival, nati per dare un circuito parallelo e visibilità diversa a film che non avevano dalla loro il grosso sistema delle macchine produttive, hanno fatto un lavoro egregio. Hanno aiutato a scoprire nuove voci, nuovi modi di fare film e linguaggi. L’entrata in campo di altri soggetti – Netflix è solo uno di questi – ha un po’ scombinato le carte. Non vedo una così forte opposizione tra le piattaforme online e la proiezione in sala. Sono due modi diversi di vedere il film, producono esperienze diverse. Una persona che ama il cinema vede i film su Netflix, in tv, in sala. Il Locarno Festival è diventato un momento importante in cui scoprire nuovi registi. Ci sono film che devono trovare il loro posto nel panorama cinematografico e una parte di quelli che mostriamo – perfino in Concorso – non verranno distribuiti nelle sale. Sono film all’avanguardia, che aprono nuove strade. Siamo un festival che si frequenta d’estate, quando si è in vacanza e quindi si adatta bene a un pubblico più giovane. Questo fa sì che, accanto agli appassionati che vengono da anni al Festival, ci sia un pubblico di forte ricambio generazionale. Non abbiamo neanche distinzioni di accreditati, i posti sono liberi, eccetto quelli della giuria, abbiamo tante sale e molto grandi: credo che questi vari elementi siano molto apprezzati dal pubblico giovane.
In che modo il festival coinvolge il pubblico più giovane e quale rapporto ha con i social network?
Negli ultimi anni abbiamo potenziato e strutturato in modo molto preciso un programma formativo che va sotto il nome di Locarno Academy. È un percorso diversificato per attività: per chi ha iniziato o sta iniziando a fare film (Filmaking Academy), per chi si occupa della scrittura cinematografica (Critics Academy), per chi inizia a lavorare nel mondo dell’industria (Industry Academy). Dal punto di vista della comunicazione abbiamo potenziato molto i social media e cercato anche di integrare programmi pensati per il web. Dallo scorso anno abbiamo infine aperto una serie di attività per i più piccoli che vanno sotto il nome Locarno Kids.
Come immagini i festival cinematografici nel prossimo futuro? Avranno ancora ragione di esistere?
Ci sono due aspetti da considerare per il futuro dei festival cinematografici. Da un lato c’è un’evoluzione già tracciata, che mette avanti la comunicazione e il marketing. In tutti i festival – specialmente a Cannes, il festival più mediatico – c’è una tendenza a comunicare più il festival che i film in programma. La comunicazione ha ovviamente un suo aspetto positivo: oggi tutti sanno in tempo reale cosa accade a Cannes, Venezia o Locarno. Quello che viene meno è il film stesso. L’altro aspetto riguarda il linguaggio cinematografico. Il cinema è un’arte che assorbe tutto quello che le sta attorno. Le immagini in movimento non stanno più solo nella sala cinematografica, si trovano anche in altri luoghi. A Cannes il film che è arrivato dal regista più vecchio di tutti, Jean-Luc Godard, è stato il più originale: la stessa conferenza stampa è stata fatta tramite FaceTime. È paradossale come la persona più anziana meglio utilizzi i nuovi mezzi di comunicazione, soprattutto perché il film, Le livre d’image, è un film pensato per essere visto e ascoltato in altri spazi, che non sono solo la sala cinematografica. Sarà interessante riflettere quindi su come i film da festival si porranno in un contesto in cui le immagini possono arrivare dappertutto.
‒ Margherita Bordino
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #44
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