Anatomie della paura. Reportage dal Santarcangelo Festival
Atteso appuntamento per gli appassionati della performing art internazionale, Santarcangelo Festival quest'anno ha attraversato l'insidioso terreno delle paure e delle emozioni, ospitando circa 200 artisti da tutto il mondo. “Cuore in gola” è il titolo della 48esima edizione che si è ramificata nella città e nei boschi dal 6 al 15 luglio.
“Cuore in gola”. Uno status emotivo, dura quanto l’attimo di un respiro. Reazione che nasce da un’emozione forte, dalla sensazione di paura, di stordimento. È il titolo di Santarcangelo Festival che, dopo aver indagato il corpo come strumento politico nella scorsa edizione, quest’anno si sofferma sulla politica delle emozioni. Dal 6 al 15 luglio il festival, intitolato alla performing art internazionale, diretto da Eva Neklyaeva e Lisa Gilardino, si è diramato nel piccolo borgo vicino Rimini con performance, teatro, danza, concerti, cinema, dj set, incontri, escursioni e pratiche sportive dedicate al benessere e alla cura del corpo, tentando di utilizzare come spazio di sperimentazione le emozioni, la natura e il rapporto con essa.
Su questa linea si sviluppa coerentemente l’installazione/performance Oasi di Muna Mussie, che ricrea un nuovo ecosistema interiore in cui due figure, una femminile (la stessa Muna) e una maschile (Sherif Mussie), si trovano in una bolla trasparente immersa nel suggestivo Orto dei Frati Cappuccini. Un’oasi, dunque, per liberare, raccogliere (nascondere?) le paure, elencate in una colonna sonora. La fobia dei pesci, dei ratti, dell’aria, dell’infinito, di un’oca che ci guarda: una cantilena che continua il percorso di ricerca iniziato dall’artista eritrea residente a Bologna con il suo ultimo lavoro, Milite Ignoto.
I AM WITHIN
Si approccia al tema della morte, invece, la compagnia cesenate Dewey Dell, che porta in scena una giovanissima performer in I am within. Un tendone nero fa da sfondo nella sala spoglia dello Spazio Saigi, ex capannone dismesso. Uno spiraglio di luce. Gioia Pascucci, bambina nella vita, matura danzatrice sulla scena, nasconde il capo sotto un lenzuolo bianco, uno strumento, un prolungamento che si trasfigura di continuo, diventa un neonato, un’entità temibile. Lo mastica, lo allontana come fosse qualcosa di pauroso. Cosa succede quando ci scontriamo con forze, momenti, più grandi di noi? I am within pare un viaggio in paesaggi onirici, infantili, in immagini perturbanti, che inquietano e attraggono allo stesso tempo, un viaggio in luoghi così reconditi da riuscire a celarsi all’occhio dell’individuo stesso. La domanda “Ho visto un uomo steso sul marciapiede, secondo te è morto?”, si sente amalgamata alle basse frequenze provenienti da cetacei (disegno musicale ideato da Demetrio Castellucci). Appare una bambina/principe (Alma Pascucci), stesa a terra, con una corona di carta, un mantello, una bacchetta. Poi un urlo soffocato, silenziosamente assordante. La resurrezione. La pietà. Restano, ora, le nostre puerili memorie, i nostri fantasmi, le nostre perdite, il vuoto delle dimenticanze, dell’infanzia andata.
MALLIKA TANEJA E ANNA RISPOLI
E, sempre nella stessa sala, dalla fanciullezza ci si avvicina al quotidiano con il monologo Be careful, dell’artista indiana Mallika Taneja. È nuda, lì dinnanzi a noi. Guarda davanti a sé, un ghigno, un sorriso. “Stai attenta” le dice suo padre. Mallika comincia a vestirsi, parla, ci ubriaca di parole. Ci lasciamo trasportare dal flusso di coscienza, dal flusso di vestiti che incominciano a ricoprirle il corpo. Stoffa su stoffa, come a creare un fantoccio, una bambola, un burqa ingombrante con un casco da moto che la ingrassa come un pupazzo gonfiabile… Goffa, ironica, coraggiosa, Mallika denuncia con una semplice frase, “Stai attenta”, che già riflette il pensiero radicato, i preconcetti di una cultura e che alleggerisce la responsabilità dei carnefici. “Stai attenta” a come ti comporti, “stai attenta” a come ti atteggi, “stai attenta” a ciò che indossi. Di chi è la colpa? “Come potete pensare di cambiare gli altri? È più facile cambiare voi stessi”.
Il discorso sul quotidiano, dunque, continua a svilupparsi con Your word in my mouth – Brussels take di Anna Rispoli e Lotte Lindner&Till Steinbrenner: conversazione reale sull’amore in cui a parlare sono otto persone tra cui un poliamorista, un’assistente sessuale per disabili e due teenager di seconda generazione, un notaio. Siamo al centro dello Stadio di Santarcangelo, un cerchio di sedie e dei copioni. Gli spettatori sono invitati a prestare la loro voce ai protagonisti intervistati in Belgio tra novembre 2017 e aprile 2018. E in questo gioco di parti il pubblico può scegliere di essere sia osservatore che attore, diventando parte attiva dell’azione scenica. Una pratica partecipativa inusuale, divertente e che, dopo averci fatto entrare nei panni di un “altro” a noi sconosciuto, ci fa scontrare inevitabilmente con noi stessi e i presenti. Il cerchio diventa nuovo spazio di riflessione in cui una singolare signora anziana, dalla folta chioma grigia e le labbra dipinte, apre la discussione: cos’è l’amore? C’è anche suo marito, infedele eppure dallo sguardo innamorato. E poi leggiadra, come se avesse ancora vent’ anni, ci lascia augurandoci di trovare un amore disastroso, conflittuale e meraviglioso come il suo.
L’AMORE E LA PAURA
Quanto fa paura l’amore? E come la società e i suoi meccanismi riescono a influenzare questa dimensione? Può essere qualcosa di malsano, un’infezione difficile da fare andare via? Forse sentiamo il continuo bisogno di ricominciare, non importa se con le stesse impotenze, con le stesse persone. Spaventati, fragili, abbiamo bisogno che sia sempre una prima volta. Qualcosa che poi ci svegli dalle utopiche illusioni, che cadenzi la nostra esistenza, che crei “un’intelligenza emotiva”, che determini le nostre relazioni, l’eterna scissione e implicazione che c’è tra il bianco e il nero, tra noi e gli altri, tra la vita e la morte, mettendoci alla prova costantemente, facendoci sentire parte di un tutto.
Davanti alle paure non possiamo che essere noi stessi, umani, uguali, eppure così diversi, cangianti nell’amare, nell’odiare, nell’osare, col cuore in gola.
‒ Alessandra Corsini
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