Il metodo del creativo in un libro. Il costume italiano secondo Vincenzo Giubba
Il fondatore di Accademia Italiana Vincenzo Giubba racconta quasi quattro decenni come osservatore privilegiato dei mutamenti del gusto e delle dinamiche interne del sistema moda in un’intervista-fiume, raccolta in un libro dall’editore fiorentino Nardini
Che cosa hanno in comune l’imballaggio del Reichstag di Berlino compiuto da Christo e Jeanne Claude nel 1995, con 100 mila metri quadri di tessuto legati con oltre 15 chilometri di corda, e le modalità di ingresso di giovani designer svedesi formati in Italia nel colosso Ikea, sempre negli anni Novanta? Un monaco thailandese appassionato di Made in Italy e un calendario glamour realizzato per un produttore di tessuti tecnici lontano anni luce dal mondo della moda? La risposta è nella lunga serie di aneddoti contenuti nell’intervista fiume concessa da Vincenzo Giubba, architetto di formazione, fondatore e presidente dell’Accademia Italiana di Arte, Moda e Design, al giornalista Nicolas Ballario e riportata in un libro da poco pubblicato dall’editore fiorentino Nardini. Ritornando sulle tappe principali del suo percorso professionale, da “Bel-Ami” carico di ambizioni e redattore di Italian Fashion Report alla creazione dei primi corsi e alle collaborazioni con alcuni dei grandi nomi dell’arte e della moda, Giubba ripercorre le vicende del costume degli ultimi decenni. La grande storia, fatta di nomi noti (da Fendi a Capucci, da Oliviero Toscani a Zeffirelli, passando per Vivienne Westwood e James Ivory), cambiamenti sociali e macroslittamenti del gusto si intreccia con la storia, più breve e più appartata ma ugualmente notevole, dell’istituzione di piazza Pitti.
LA STORIA DELL’ACCADEMIA
Si parte del 1984, anno della fondazione dell’accademia, in pieno boom della moda e in un periodo di elevata attenzione internazionale per lo stile italiano, quando anche nel nostro paese emerge – nelle masse, e non più soltanto nelle élite – il desiderio di distinguersi, di mettere in luce il proprio ego con abiti e oggetti tendenti il più possibile al concetto di particolarità, e l’industria si accorge di aver bisogno di figure professionali in grado di “programmare la diversità”. Si prosegue attraverso la trasformazione dei grandi sarti in stilisti e imprenditori a tutto tondo, la progressiva riduzione nel sistema moda del peso dei singoli individui di talento per lasciare spazio a un ingranaggio complesso nel quale convivono ricerca tecnologica, marketing e molto altro, l’avvento delle nuove tecniche digitali e lo sviluppo di una nuova coscienza ecologica che impone all’attenzione temi come il riuso e il riciclo.
L’INCONTRO CON BALLARIO
Tra le pagine si incontrano personaggi grandi e piccoli e testimonianze di prima mano di eventi storici, raccontati da un osservatore privilegiato. “La mia idea era quella di restituire le trasformazioni del mondo negli ultimi decenni attraverso un’ottica particolare”, racconta Giubba. “Ho potuto viaggiare molto creando programmi e imbastendo collaborazioni e mi sono reso conto di essermi trovato, spesso un po’ per caso, là dove succedevano delle cose. Il libro segue il flusso disordinato della conversazione, poiché nasce dall’incontro con Nicolas Ballario era una lunga chiacchierata registrata e non abbiamo voluto modificare questo andamento. Ci sono aneddoti divertenti, per esempio la storia di un nostro partner, il Beaver College in Pennsylvania, che è costretto a cambiare nome con l’avvento di internet poiché il termine beaver, che in lingua inglese indica il castoro ma nel linguaggio parlato possiede anche un secondo significato poco edificante, veniva bloccato dai motori di ricerca, o il racconto di una rocambolesca traversata dei Balcani in direzione della Macedonia all’indomani della guerra del Kosovo. Ci sono anche i ricordi di esperienze importantissime come la sfilata che organizzammo con i nostri studenti a Berlino, di fronte al Reichstag impacchettato da Christo, presentando modelli anch’essi impacchettati e copricapi realizzato con lattine di Coca Cola schiacciate”.
IL METODO DEL CREATIVO
Tra un aneddoto e l’altro, il fondatore della storica istituzione fiorentina delinea la sua ricetta didattica, Il metodo del creativo che dà il titolo al libro, un sapiente mix di immaginazione e pragmatismo. Il designer deve avere “testa tra le nuvole e piedi ben piantati per terra” spiega Giubba “perché si tratta di arti utili all’uomo, all’industria, all’economia. Va bene essere creativi e liberi ma bisogna allo stesso tempo tenere presente che c’è un mercato da soddisfare e che non ci può essere produzione senza committente”.
– Giulia Marani
Il metodo del creativo
Nicolas Ballario incontra Vincenzo Giubba
Nardini Editore, 194 pagine, 25 euro
www.accademiaitaliana.com
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