The End…
Nello SpazioArte espongono tre poeti solitari che hanno qualcosa in comune, ossia l’amoreper la montagna. La rappresentazione della natura e del paesaggio dei tre artisti ha unaispirazione cinematografica.
Comunicato stampa
La Fondazione A.R.C.A. inaugura una mostra, dedicata alle ricerche in bianco e nero, di dueartisti emiliani, l’incisore Enzo Bellini e la pittrice Cristina Messora e delfotografo marchigiano Alessandro Gagliardini dal titolo “THE END”, a cura di Andrea Carnevali.
Le arti figurative sono sempre state fonte di stimolo per il cinema. Basti pensare allo stile diBacon nei titoli di testa di “Ultimo tango a Parigi” oppure alle suggestioni espressive di Hyeronimous Bosch in “Antichrist”.
Nello SpazioArte espongono tre poeti solitari che hanno qualcosa in comune, ossia l’amoreper la montagna. La rappresentazione della natura e del paesaggio dei tre artisti ha unaispirazione cinematografica. C’è nelle opere esposte una certa attenzione nella costruzionescenica che non è assolutamente nuova, ma richiama la produzione di Turner oppure ipaesaggi di Lorrain. L’elaborazioni delle immagini filmiche diventano curiose riflessionisull'utilizzo della luce e del colore per i nostri artisti.
La fotografia di Gagliardini - che non riusciamo a conoscere interamente in questa occasione– ha un taglio cinematografico e i paesaggi urbani o naturali sono neri come il petrolio.Le sueimmagini sono, del resto, l’incontro di diversi generi che ha assimilato, e a parte il cinema, harielaborato in uno stile personale. Il fotografo gli effetti speciali la tecnologia digitale che ilcinema fa largo impiego.
L’artista vuole creare delle suggestioni forti per raccontare la solitudine dell’uomo contemporaneo. Non ci rimane allora che ritornare a vivere a contatto con la natura in ambienti lontani dalla civiltà industriale.
E’, invece, una scelta estrema per Cristina Messora dipingere la natura o la città in bianco e innero. Tuttavia, ella predilige la rappresentazione della montagna dove ha trascorso la suainfanzia o lo spazio urbano in bicromia perché simboleggia la capacità di discernere. Lapittrice immagina la realtà, ma si propone rigorosi obiettivi tecnici perché il risultato finale portal’osservatore in un altro spazio, ossia quello interiore e personale.
Le acqueforti di Enzo Bellini sono il frutto della ricerca di uno spirito colto, difficile edintellettuale che osserva i modelli del passato perché spinto dal desiderio di perfezione e diemulazione, perciò sperimenta diverse tecniche esistenti per raggiungere il risultato finale.
La vernice, che ricopre la lastra, non oppone nessuna resistenza alla punta d’acciaio. Belliniha insistito nelle prove di stampa e ha tentato di raggiungere con il metallo risultati sempre piùperfetti, riproducendo la matrice incisa col bulino o con la puntasecca, e adottando morsuremultiple nella ricerca di nuovi effetti tonali.