“Il libro di cui non potrete fare a meno se siete appassionati di manoscritti – e se ancora non lo siete, vi basterà aprirlo per diventarlo”, ha scritto il Wall Street Journal. In effetti si può volentieri convenire con l’autorevole quotidiano di New York: il volume Codice Illustres è davvero una festa per gli occhi e per l’intelletto. In 500 pagine fitte di colori e parole compendia un millennio buono di storia dell’immagine e dell’immaginario, tra la fine dell’Impero romano e il trionfo del Rinascimento, a conferma che il quasi sterminato campo ospitante le radici dell’illustrazione non è solo in gran parte ignoto, ma ricco di sorprese e, diciamolo, di capolavori. Negletto normalmente dagli storici dell’arte, meriterebbe invece molta più attenzione, per le sue valenze tecniche ed espressive non meno che per quelle storiche e linguistiche, perché le immagini “narrative”, sacre o profane che siano, così come quelle “didattiche”, utilizzano codici comunicativi specifici e variamente articolati, i cui esiti si intrecciano e non di rado influenzano anche l’arte cosiddetta “alta” (ma considerata “alta” solo perché realizzata su supporti più grandi e più rigidi del foglio di pergamena o di carta?).
L’ARTE DELLA MINIATURA
C’è anche da dire che l’arte della miniatura – attenzione: miniare non ha a che vedere col rosso minio, ma deriva dal verbo latino luminare, “dare luce”; così i luminatores (il cui nome si è poi corrotto in “miniatori”) erano coloro che alla opaca pagina donavano lustro, ovvero riflessi di luce e quindi speciale valore aggiunto, per cui vennero poi chiamati illustratori – è un’arte che è sempre stata oggettivamente di difficile accesso. Realizzata, soprattutto nei conventi, con lunghi tempi di lavorazione e con altissimi costi di produzione, non finiva esposta in luoghi pubblici o di culto, ma restava racchiusa sugli scaffali più preziosi di biblioteche private di nobili, re, papi, alti prelati, ed è rimasta quasi del tutto inaccessibile al largo pubblico fino a tuttora. Anche quando un manoscritto è esposto in un museo, infatti, appare contenuto e protetto in una teca di vetro e aperto su una sola pagina. Quando va bene, come nel caso dei meravigliosi Libri di Kells e di Durrow, conservati alla Biblioteca del Trinity College di Dublino, ogni giorno viene aperto su una doppia pagina diversa, in modo da non esporne troppo a lungo le intricate decorazioni policrome agli effetti deleteri della luce.
IL LIBRO
Gli “illustri” codici illustrati che vengono analizzati nel volume, più o meno celebri, sono 167 (oltre a numerosi altri citati, anche con immagini, ma sprovvisti di una scheda dettagliata). Per ognuno dei maggiori, su due o quattro pagine, si forniscono una o più riproduzioni d’immagini e dati precisi sull’epoca di realizzazione, il formato e le caratteristiche esteriori, la lingua e il contenuto del testo, l’entità della decorazione, il luogo di provenienza e quello di conservazione, e infine la lista dei proprietari, fino all’attuale, e l’esistenza o meno di un facsimile. Il testo di accompagnamento approfondisce la storia e le caratteristiche di ciascun codice, mentre le didascalie alle immagini ne descrivono ampiamente l’aspetto e i significati. Inoltre in appendice troviamo biografie degli artisti, bibliografia, indice e glossario dei termini tecnici. La cura scientifica, che in questo caso non si può che definire “certosina”, è naturalmente di studiosi tedeschi, i più quadrati per imbarcarsi in un’impresa del genere: Norbert Wolf e Ingo F. Walther sono entrambi storici dell’arte e medievisti, specializzati rispettivamente anche in linguistica e letteratura, e svolgono il loro compito più che esaurientemente.
I CODICI
Grazie all’attenzione enciclopedica degli autori, in queste pagine troviamo non solo i titoli più noti e più pregiati nella storia del manoscritto miniato – dal Libro di Lindisfarne al Salterio di Utrecht, dai Commentarii all’Apocalisse del Beato di Liébana alle Cantigas de Santa Maria di Alfonso il Savio, dalle Très Belles Heures e Très Riches Heures del Duca di Berry alla Biblia Pauperum, da un Decameron del Boccaccio ai Trionfi e il Canzoniere del Petrarca, dalle Antichità giudaiche di Flavio Giuseppe a una Divina Commedia di Dante, da un Roman de la Rose fino alla Genealogia dell’Infante Don Ferdinando del Portogallo – e già ci sarebbe di che perdercisi. Ma non mancano molte curiosità inattese, come il Pentateuco di Ashburham, la Bibbia dei Crociati, le Grandi Cronache di Francia, il Libro del cuore che arse per amore di Renato d’Angiò; e poi interessantissimi esempi di cultura islamica, tra cui il Libro degli antidoti, l’Arte veterinaria applicata ai cavalli, il Libro della conoscenza dei processi meccanici, la Descrizione della campagna del Sultano Solimano nei due Iraq… Come si vede, motivi di attrazione si possono trovare anche al di là delle pur innumerevoli suggestioni strettamente attinenti all’arte figurativa. E il tutto, non va dimenticato, al solito prezzo di vendita incredibilmente basso (e soprattutto con rapporto qualità/prezzo incredibilmente alto) dei volumi della multinazionale Taschen.
– Ferruccio Giromini
Norbert Wolf e Ingo F. Walther – Codice illustres
Taschen, Colonia 2018
Pagg. 504, € 30
ISBN 9783836572859
www.taschen.com
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati