Sergio Ragalzi – Scimmie
Dopo l’antologica tenutasi lo scorso anno nella stessa sede, l’artista torinese torna alla galleria MEB Arte Studio una mostra dedicata al ciclo delle Scimmie.
Comunicato stampa
La MEB Arte Studio, dopo la pausa estiva, riprende la propria attività espositiva ospitando la seconda mostra personale dedicata all'artista torinese Sergio Ragalzi. Dopo la mostra antologica tenutasi lo scorso anno presso la nostra galleria, quest'anno abbiamo il piacere di proporvi una mostra dedicata al ciclo delle Scimmie, che l'artista realizzò nel 2003 in occasione della mostra personale tenutasi presso la prestigiosa Galleria L'Attico di Fabio Sargentini a Roma.
Il ciclo pittorico delle Scimmie, 2003 Aldo Moretto Nel ciclo pittorico delle Scimmie di Sergio Ragalzi (2003-04) prima compaiono le scimmie bianche su fondo nero, appese nel buio. Vi si può avvertire un rimando all’inizio, alle Ombre atomiche. Il soggetto del quadro e lo sfondo hanno lo stesso valore: conta solamente la composizione dall’aspetto fantomatico. Dopo, seguono le Scimmie urlatrici nel forte contrasto di rosso e di nero che s’agitano in uno stato di paura. Il segno che di solito s’avvicina a quello di Franz Kline, qui diventa più fi gurativo. Il centro tematico è un sentimento atavico che risale agli antenati, che ha ascendenza remotissima. La ripetizione ossessiva dell’immagine, con varianti minime, crea un cerimoniale che ritorna identico o variato secondo leggi che ubbidiscono ad un principio di somi- glianza. L’esordio è avvenuto al castello di Rivara, da Franz Paludetto. Una stagione felice ,è stata quella degli Insetti. Qui, si ritrova la forma delle nere tra- vature, di Franz Kline, sotto l’insegna dell’abstract expressionism; in parallelo, anche, ai cupi astratti europei, sul tipo d’un Hartung. Già a livello di disegno gli insetti sono inquietanti. Ne ho uno su carta, nel mio studio, composto soltanto da un grosso tratto nero in orizzontale, cui si sovrappongono altri in obliquo, quasi zampe, con sgocciolature dovute al gesto improvviso. La versione in scultura dette Scimmie ha la rigidità dell’idolo. Nel “Crudo e il cotto” Claude Lévi-Strauss ha indagato sulla discendenza delle scimmie, abbinandola alla nascita del fuoco, nel commento al fondamentale mito bororo M 55 che riporta l’incontro, con il relativo dialogo, tra la scimmia e il giaguaro. La scimmia del mito bororo è legata all’origine del fuoco. La scimmia mostra al gia- guaro il sole che declina verso l’orizzonte, irradiando sullo sfondo una luce rosseggiante. Per ingannarlo gli dice: “Vai laggiù a cercarlo: guardalo tutto rosso e fi ammeggiante! “. E aggiunge: “E questa volta vai fi no al fuoco”; e il giaguaro corre. Rimasta sola entro la foresta, la scimmia accende un buon fuoco, appoggiando un bastone contro un altro e facendolo girare vorticosamente; dopo di ché sale su un albero e va ad appollaiarsi sulla cima. E’ il mito bororo sull’invenzione del fuoco (oggetto culturale) per opera della scimmia. II giaguaro di ritorno cerca la scimmia seguendone le tracce, ma inutilmente. Allora provoca un gran vento che fa oscillare la cima dell’albero. La scimmia s’aggrappa disperatamente, si regge con una sola mano. Ragalzi ha visualizzato proprio questa posizione, a mezzo d’una dominante sul grigio. A un certo punto la scimmia grida al giaguaro: “Apri la bocca!”. In una mediazione negativa il giaguaro inghiotte la scimmia che cade dall’alto. Ma le cose non si mettono bene per lui, giacchè la scimmia s’agita talmente nel suo ventre da molestarlo. Infi ne la scimmia prende il coltello e apre il ventre del giaguaro ed esce. Successivamente scuoia il giaguaro e taglia la sua pelle maculata (oggetto naturale) in modo da ricavarne delle strisce con le quali si orna la testa. In seguito la scimmia incontra un altro giaguaro, animato da intenzioni ostili. Essa attira la sua attenzione sui propri ornamenti, riuscendo a farlo fuggire. Quello evocato in pittura da Ragalzi è un grande racconto selvaggio.
Info sull'artista: Sergio Ragalzi nasce nel 1951 a Torino dove tuttora vive e lavora. Esordisce sulla scena dell’arte italiana nel 1984 con "Extemporanea", la mostra che consacra la riapertura della galleria romana l’Attico di Fabio Sargentini, galleria che gli dedicherà negli anni numerose personali. Nel 1985 partecipa alla mostra "Anniottanta" alla galleria d’Arte Moderna di Bologna, lo stesso anno viene invitato al Museo de Arte di San Paolo del Brasile e alcune sue opere verranno presentate nella mostra "L’Italie Aujourd’hui" al Centre Nazionale d’Art Contemporain di Nizza, curata da A.B. Oliva, Maurizio Calvesi, Antonio Del Guercio, Filiberto Menna. Nel 1986 partecipa alla mostra itinerante Francoforte-Hannover-Vienna "Aspekte der italienischen Kunst 1960 -1985" curata da Renato Barilli. Nel 1996 partecipa alla XII Quadriennale d’Arte al Palazzo delle Esposizioni a Roma. Nel 1997 vince il Premio della Camera dei Deputati, per l’occasione verrà acquisita una sua opera per la collezione della Camera che nello stesso anno gli dedica un catalogo e una mostra personale. Nel 2001 le sue sculture vengono esposte alla mostra "La scultura italiana del XX secolo, Italia in Giappone 2001 - 2002" nei tre musei d’arte moderna giapponesi di Ibaraki, Yokoama e Kagoshima. Nel 2007 viene organizzata un sua mostra antologica negli spazi della fabbrica Pagliero a Castellamonte. Quattro sono le mostre personali più significative del 2008: "Acquario" alla galleria Allegretti di Torino, "Voliere" alla Galleria Delloro di Roma, "Due insetti neri" al Castello di Rivara, e "Pioggia Nera" a Milano da Grossetti Arte Contemporanea. Nel 2010, l‘installazione Genetica 2093 è presentata presso gli spazi dell‘Auditorium di Roma, al SuperstudioPiù a Milano, presso la Lucas Carrieri Art Gallery di Berlino in occasione della 6th Berlin Biennale of Contemporary Art, a Torino in via Palazzo di Città e presso il Castello di Rivara. La stessa installazione Genetica 2093 è presentata a Roma, nel Settembre 2010, negli spazi del MACRO.La ricerca che sta alla base del lavoro di Sergio Ragalzi è il tentativo di dare forma al più recondito inconscio dell'uomo, che si risolve per l' artista nella rivelazione di un lucido incubo. La disarmante rappresentazione affronta impietosamente due direzioni tra loro diametralmente opposte ma concettualmente inscindibili: Le origini: con l'indagine sulle forme primigenie e ancestrali: embrioni, larve, insetti, farfalle, scimmie che nascondono nelle loro fattezze le premesse dell'umanità. Il futuro: nella rappresentazione del frutto degenerato del progresso involutivo dell'uomo: I Virus, Gli Schermi e le ombre Atomiche, i Kloni, le creature-bomba. Principali testi critici su Sergio Ragalzi: Achille Bonito Oliva, Enrico Crispolti, Luca Beatrice, Emilio Villa, R.H. Fuchs, Marisa Vescovo.