Ritratto dell’artista come criptovaluta. Carlo Zanni
Un focus sull’artista che ha trasformato in materiale creativo la tanto discussa criptovaluta. Descrivendone rischi e conseguenze.
Dal pranzo di Natale con i parenti fino in spiaggia sotto l’ombrellone, tra gli argomenti di conversazione più diffusi degli ultimi tempi ci sono sicuramente blockchain e criptovalute. Ma di cosa si tratta realmente? Potrà essere davvero la realizzazione del mito di una tecnologia distribuita e partecipata in grado di scardinare l’attuale struttura del sistema economico e finanziario? E in che modo può diventare interessante ed essere applicata nel mondo dell’arte?
L’artista Carlo Zanni da tempo si interessa alle dinamiche economiche del mercato dell’arte, chiedendosi se nell’era del cloud e della cripto-finanza sia possibile aggiornare i meccanismi di attribuzione di valore economico e culturale alle opere d’arte. Il suo ultimo lavoro in questo senso è la creazione di una valuta che è un’opera d’arte in sé e porta il nome stesso dell’artista. ZANNI (Ẓ) è una criptovaluta fondata a partire dalla piattaforma di smart contracts Ethereum. Mille è il numero di ZANNI disponibili e acquistabili, il cui valore fluttua in base a quello degli Ether, la criptomoneta alla base di Ethereum: 1 Ether = 10 ZANNI.
SPECULAZIONE E VALORE
Con questo lavoro l’artista intende portare alle estreme conseguenze le dinamiche di un mercato dell’arte in cui domina la speculazione e in cui, di conseguenza, il valore dell’opera sembra essere determinato unicamente dal suo prezzo. In questo progetto, l’opera d’arte, il prezzo e l’artista stesso si sovrappongono, si mescolano e collassano l’uno nell’altro: il prezzo è l’opera e l’artista diventa la valuta. Come fare quindi per vedere l’opera? Bisogna prima comprarla e solo successivamente si potrà averla nel proprio portafoglio digitale, spiega l’artista. Si potrà così contemplarla sotto forma di numeri astratti su uno schermo, l’essenza stessa della speculazione dell’art market.
‒ Matteo Cremonesi
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #44
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