L’importanza dell’essere presenti
Basata su personaggi e situazioni reali, “A Simple Life” è una delicata storia di affetti firmata da Ann Hui, una fra le più acclamate autrici della new wave cinematografica di Hong Kong. Candidato all'Oscar come miglior film straniero, è un racconto impregnato di cultura orientale.
Ci sono film indissolubilmente legati al luogo a cui appartengono, storie che perderebbero i loro connotati se ambientati altrove, perché lo spazio dell’azione diventa parte del racconto. Più che a uno spazio fisico, A Simple Life è legato a un mondo. Negli ultimi anni la cinematografia orientale ha offerto opere straordinarie da un punto di vista strettamente filmico, ma soprattutto testimonianza della diversità di approccio alla vita tra Oriente e Occidente, tra filosofia zen e cristianesimo.
Difficilmente film come A Simple Life, Departures o Poetry sarebbero potuti nascere dalla macchina da presa di un regista appartenente alla nostra società, dove ogni sforzo è mirato alla rimozione ossessiva di tutto ciò che riguarda l’invecchiamento, il decadimento del corpo e la morte. Difficilmente avremmo saputo toccare questi temi con simile grazia, senza mai trasmettere traccia alcuna di timore, repulsione o morbosità.
A Simple Life, sapientemente diretto da Ann Hui avvalendosi dell’intensa interpretazione di Andy Lau e Deanie IP (Coppa Volpi all’ultima Mostra del Cinema di Venezia), narra dell’ultima stagione di Ha Tao, governante (amah) per quattro generazioni presso la famiglia Leung, la quale, in seguito a un infarto, decide di lasciare il lavoro per ricoverarsi in una casa di cura. Roger, l’unico membro della famiglia rimasto a Hong Kong, dove lavora per l’industria del cinema, se ne prenderà cura, restituendole l’amore e le attenzioni ricevute durante gli anni di affettuoso e devoto servizio.
Un po’ alla volta Ha Tao si adatterà alla nuova dimensione, ritroverà equilibrio e una certa dose di autonomia, in una routine fatta di piccole conquiste quotidiane che renderanno ancora possibili momenti unici e irripetibili di autentica felicità. Effimeri, certo. Ma di cos’altro è fatta in fondo la vita?
“Semplicemente” una storia di affetti, dunque, il racconto dell’essenza profonda dei sentimenti che uniscono gli esseri umani. Ciò che rende questo film davvero speciale, però, risiede altrove: il centro dell’azione è sempre al presente, qui e ora. Un concetto filosofico che viene peraltro perfettamente tradotto in immagini attraverso ottime scelte di regia. Non esistono momenti superflui in questo delicato racconto; i frequenti impegni di lavoro di Roger, ad esempio, vengono sistematicamente omessi poiché non sono significativi, risulterebbero anzi devianti. Pur sapendolo spesso in procinto di partire, Roger è sempre presente sullo schermo, così com’è sempre presente nella vita di Ha Tao. Persino i piccoli viaggi nei ricordi, le rievocazioni tra amici, le tante esperienze vissute insieme, emergono senza mai ricorrere a flashback o ad altri interventi che possano trasportarci in un altro tempo. La scatola dei souvenir viene aperta, ma è nella condivisione dell’apertura che risiede la magia, e non nel passato che è già andato, finito per sempre.
In una dimensione come questa, tutto appare morbido e naturale e le diverse fasi della vita possono essere assaporate con profonda consapevolezza. Nessun processo di rimozione. La vita inizia e finisce, è nell’ordine delle cose e scomporsi non serve a evitare l’ineluttabile, rischia solo di far sbiadire il colore di ciò che sta accadendo proprio adesso.
Beatrice Fiorentino
Ann Hui – A Simple Life (Tao Jie)
Hong Kong / 2011 / 120’
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