75. Mostra del Cinema di Venezia. Il diario del quarto giorno in Laguna
Mike Leigh e Roberto Minervini. Ingiustizia, sangue e dislivelli sociali. Impegno e cinema civile nella quarta giornata in Laguna
Quando alla fine dei 154 minuti la Sala Grande applaude Peterloo e il suo autore, Mike Leigh, appare chiaro che l’emozione non è rivolta solo al film, ma ad una serie di altri motivi che si sciolgono liberatori nei palmi delle mani, e che hanno più a che fare con l’attuale situazione che con i fatti avvenuti in Inghilterra due secoli fa.
L’ATTUALITÀ DELLA STORIA
Peterlooracconta con dovizia di particolari e dal punto di vista della afflitta classe operaia di Manchester le vicende che portarono alla repressione di una manifestazione pacifica organizzata per chiedere l’estensione del diritto di voto e misure per arginare la povertà. Il film possiede un solido impianto di ricerca, Leigh ha lavorato sui personaggi e sulla Storia, soffermandosi sulla sofferta quotidianità all’indomani di Waterloo, sconfitta dalla cui assonanza prende il nome la pellicola, incentrata sul massacro di St Peter’s Field. Tale avvenimento non è solo una pagina nera della storia inglese, ma un’occasione mancata per la democrazia, oltre che emblema dell’eterna contrapposizione tra ricchezza e povertà, arroganza e sottomissione, cupidigia e solidarietà. La sospensione dell’Habeas Corpus, cioè del principio che tutela l’inviolabilità personale, e che sancisce dunque la dignità umana, fu il punto di partenza della catena di soprusi e violenze che portarono al sanguinoso epilogo del 1819. Le stesse parole di Leigh esplicitano il legame con il presente: “quando abbiamo cominciato 4 anni fa a preparare questo film, ci siamo accorti che aveva attinenza con l’attualità: il dibattito sul livello di democrazia negli Usa, la Brexit, i problemi legati alle migrazioni forzate. E in definitiva, l’eterno scontro tra chi ha potere e chi non lo ha”.
TRA PROIEZIONI E RED CARPET. IL DOCUMENTARIO DI ROBERTO MINERVINI
All’uscita della proiezione il sole sta già per tramontare, e il flusso di spettatori si incontra con quelli in coda per il film del giorno, Suspiria di Luca Guadagnino. Il red carpet è pronto ad accogliere le star internazionali del remake tratto dal capolavoro di Dario Argento, e persino il cielo pare voler contribuire con lampi, tuoni e scenografiche cromie. C’è un altro serpente umano che si interseca con quello in fila per la Sala Grande, diretto più giù, verso la Sala Darsena, dove è in programma Che fare quando il mondo è in fiamme, titolo del bel film diretto Roberto Minervini. Il parallelo con Peterloo avviene in automatico, entrambe le pellicole in concorso affrontano temi e dinamiche del tutto simili, seppure sfasate nel tempo e nello spazio. Stavolta ci si trova nel Mississippi, nel sud dell’America più profonda e ingiusta, dove le Black Panter di New Orleans si stanno riorganizzando per opporsi al dilagare di intolleranza ed emarginazione sfociato in omicidi a sfondo razziale del KKK e pestaggi delle forze dell’ordine. Un documentario in bianco e nero secco e musicale, in cui la presenza della macchina da presa pare annullarsi dinanzi alla vita violenta dei protagonisti. Titoli di coda, uscita, di nuovo pioggia. Al Lido si è alzato un po’ di vento e a terra ci sono tracce di sangue finto, molto rosso e molto lucido, servito per accogliere il cast di Suspiria: l’ultima immagine della serata è in pieno raccordo con quelle passate in sala.
– Mariagrazia Pontorno
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