Una fabbrica giardino. Ad Arezzo lo stabilimento Prada ideato da Guido Canali
Ci sono voluti dodici anni (2005-2017) per terminare il grande stabilimento industriale commissionato da Prada a Guido Canali, in provincia di Arezzo. Ultimo, ma solo in termini temporali, di una fortunata serie che lega il progettista e l’azienda, dopo i tre precedenti interventi a Montevarchi (1999), Piancastagnaio (2000) e Montegranaro (2001).
Un paesaggio collinare verdissimo e complesso, costituito da salti di quota e da un’orografia stratificata che esigeva un intento comune, prioritario e condiviso: salvaguardare il territorio, esaltandolo invece che deturpandolo, pur con un corpo di fabbrica di grandi dimensioni.
“La visione comune su come affrontare il tema della fabbrica e dell’ambiente di lavoro si è sviluppata con Canali partendo da tre principi fondamentali: il rispetto del lavoratore, un’interpretazione del concetto di ‘qualità senza compromessi’ e il riconoscimento dell’importanza del dettaglio come espressione di efficienza, di una vera e propria ‘cultura del lavoro’ e non di un’estetica fine a se stessa”, ha affermato Patrizio Bertelli, amministratore delegato del Gruppo Prada, in merito al nuovo complesso.
UNA FABBRICA GIARDINO
La sede industriale di Valvigna ‒ 9 ettari lungo la A1, per un totale di 33mila mq ‒ ospita oggi la divisione produttiva delle collezioni pelletteria Prada e Miu Miu, i magazzini per le materie prime, gli archivi storici di pelletteria e calzature, gli uffici dei servizi generali e amministrativi, un auditorium, locali tecnici e il centro di elaborazione dati del Gruppo. Più che essere un semplice ‒ seppur immenso ‒ comparto manifatturiero, è un organismo, una cittadella, un archetipo quasi. Ribattezzata “fabbrica giardino”, per questa sua anima così intimamente green, deve tale appellativo alla compenetrazione dialettica tra interno ed esterno che annulla ogni barriera – fisica e visiva – ampliando le visuali sull’intorno.
Il risultato sono geometrie nette, pulite. Un sistema di superfici in aggetto, grandi shed frangisole lunghi 36 metri, passerelle aeree e pergolati leggerissimi rivestiti di viti, gelsi e melograni, alternati a grandi aiuole di lavanda in cui si inseriscono i parcheggi a prato.
Gli spazi, intervallati da giardini sospesi, gradoni verdi, tagli prospettici e soffitti vetrati, offrono al lavoratore la sensazione di vivere quotidianamente uno spazio armonico e contribuiscono a mitigare l’impatto del complesso industriale nei confronti del paesaggio collinare circostante, acquistato dal Gruppo per preservarne intatta la naturale bellezza. Un’armonia formale ottenuta arretrando il fabbricato rispetto all’asse stradale, creando schermature, terrazzamenti e contenendo le altezze (definite a un massimo di 11 metri totali).
TRA CULTURA E PRODUZIONE
Germano Celant definisce questi volumi “serre”, facendo riferimento a celebri esempi come il Crystal Palace di Paxton del 1851 o le cupole geodetiche di Buckminster Fuller, alla loro leggerezza statica, all’essenzialità formale, all’idea di trasparenza, di abbattimento dei confini tra dentro e fuori. E così le intende anche Guido Canali, divenuto celebre negli anni per i suoi interventi raffinatissimi, quasi sempre in ambito espositivo o industriale: due mondi, quello della cultura e quello della produzione, che sembrano apparire incredibilmente distanti, ma che hanno avuto per lui il medesimo spessore progettuale, le stesse capacità espressive legate al sistema percettivo e a quell’idea olivettiana di mettere al centro l’uomo e il suo benessere. Spiega il progettista, coadiuvato negli anni dall’architetto Paolo Simonetti: “La massiccia presenza di verde, esaltata da specchi d’acqua anche con funzione di riserva energetica, è parte integrante dello stabilimento. Non esibita per mero decoro, piuttosto si pone come condizione del benessere delle persone che vi lavorano. Un’architettura che rifiuta gratuite gestualità ed esibizionismi e piuttosto rimane fedele, nell’eliminare e far decantare, a un rigore critico di ascendenza razionalista. Così, gli affascinanti giardini segreti, i pergolati ombrosi di vitis vinifera, gli stagni lucenti non rappresentano il compiacimento formale degli architetti, ma il rispetto per la dignità e la salute, anche psichica, di chi, tra quelle mura e quei giardini, dovrà lavorarci. E dunque inevitabilmente anche faticare”.
IL LIBRO CURATO DA ITALO LUPI
In occasione della presentazione della nuova sede industriale – vincitrice, nel 2016, del prestigioso Brand&Landscape Award, premio bandito dal Consiglio Nazionale degli Architetti e dalla rivista internazionale Paysage Topscape ‒, il Gruppo ha pubblicato un volume dedicato alla collaborazione con l’architetto Guido Canali dal titolo Guido Canali Architetture per Prada. Un libro, a cura di Italo Lupi, che, accompagnato da un corposo apparato grafico e fotografico, racconta la lunga liaison che lega la maison Prada a Canali con interventi critici a cura di Patrizio Bertelli, Vittorio Gregotti, Fulvio Irace, Kurt Forster, Germano Celant, Claudia Conforti, Anna Letizia Monti e Paolo Villa, Francesco Moschini e Lorenzo Pietropaolo, Vittorio Savi e Andrea Zamboni.
‒ Giulia Mura
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