Firenze, il giorno di Marina Abramović. Tutte le immagini in anteprima da Palazzo Strozzi
A partire dal 21 settembre oltre cento opere della pioniera della performance art ripercorreranno cinquant’anni della sua produzione artistica: video, foto, dipinti, oggetti e installazioni, saranno accompagnati dalla riesecuzione dal vivo di alcune delle sue performance più acclamate.
È un silenzio ossequioso, rotto solo da un breve applauso, quello che segue l’ingresso di Marina Abramović al Cinema Teatro Odeon di Firenze, il luogo scelto per la presentazione alla stampa della “prima grande mostra che Palazzo Strozzi dedica a una donna”, come mette in evidenza da subito il direttore, Arturo Galansino. Annunciata oltre un anno fa, Marina Abramović. The Cleaner è indiscutibilmente la mostra più attesa del 2018 nel capoluogo toscano; la percezione dello sforzo compiuto, allo scopo di delineare il racconto di cinque decenni di carriera dell’artista originaria di Belgrado, è evidente, tangibile. Nonostante Palazzo Strozzi tenda ormai da tempo le proprie braccia verso nomi ampiamente noti della scena globale – da Ai Weiwei a Bill Viola –, il caso della retrospettiva sulla “matriarca della performance art” sembra essere riuscito ad alimentare aspettative ancora più grandi, sentimenti ancor più contrastanti, una curiosità persino più intensa dei precedenti citati.
“IL MIO LAVORO ESISTE FUORI DI ME”
Impiegando “tre livelli di lettura”, la mostra stringe un legame a doppio filo con la vicenda biografica dell’artista. Il titolo stesso, del resto, fa riferimento a una riflessione di Abramović sulla sua esistenza e, nello stesso tempo, sintetizza il metodo di lavoro impiegato per arrivare a questa prima retrospettiva italiana: “Come in una casa: tieni solo quello che ti serve e fai pulizia del passato, della memoria, del destino”, ha affermato l’artista. Nel percorso di visita – dal Cortile del Palazzo, dove è stato posizionato l’ex cellulare della Polizia nel quale visse per tre anni con il compagno ed ex partner Ulay, si scende negli spazi underground della Strozzina per poi raggiungere il Piano Nobile, il tempo è uno dei “filoni tematici”. Non tanto per il suo incessante e inevitabile andamento, che consente di comprendere come si è compiuto il “catartico” passaggio dalla pratica del disegno e della pittura, inizialmente anche a tema figurativo, verso l’impiego del corpo come “strumento artistico” d’elezione. Attraverso i video di performance celeberrime – “The artist is present è stata la più dura”, confessa l’artista, ricordando il trimestre di durata di quell’esperienza – e le cinque re-performance, la mostra sembra acquisire una dimensione temporale autonoma e distinta, come fosse in evoluzione, in divenire. Si genera infatti un continuo rinvio tra quanto è accaduto altrove – imprescindibile l’evocazione di opere come The Lovers (1988), con l’addio tra lei e Ulay a metà della Grande Muraglia cinese, e di Balkan Baroque (1997), che le valse il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia – e quanto continuerà ad avvenire, giorno dopo giorno, davanti agli occhi dei visitatori, per mezzo dei corpi dei performer selezionati per l’occasione. “Il mio lavoro esiste anche fuori di me”, ammette Abramović, senza tuttavia rinunciare a manifestare i sentimenti contrastanti che nutre dinanzi alla re-performance.
ABRAMOVIĆ, LE DONNE E L’ITALIA
La lunga relazione dell’artista con l’Italia è un altro degli aspetti salienti della retrospettiva fiorentina. “Ho apprezzato da subito, anche venendo in Toscana, la ricchissima cultura italiana”, ha ricordato Abramović alla stampa, ripercorrendo i suoi esordi. “È qui che ho fatto le mie prime mostre e performance, a Milano, Napoli, Firenze e Bologna; viaggiando per il Paese ho imparato l’italiano. Ho tanto in comune con l’Italia: come noi, siete un popolo molto emotivo e drammatico, ma anche inventivo e pieno di coraggio. E questo è molto correlato al mio lavoro. La mostra di Palazzo Strozzi copre cinquant’anni della mia attività, dodici dei quali li ho passati con Ulay: con lui ho condiviso anche una storia d’amore. Sono onorata, dopo secoli, di essere la prima donna alla quale viene dedicata una retrospettiva a Palazzo Strozzi, ma spero che non sarò la sola!” Sollecitata sulla questione di genere nell’arte contemporanea, Abramović ha dichiarato di non aver avvertito le difficoltà dell’essere donna e artista, perché “la cosa importante è non avere paura! Questo è il problema delle donne”. Concentrandosi sulle artiste italiane, ha sottolineato quanto la vivacità della scena artistica nel nostro Paese al suo arrivo, negli anni Settanta, fosse accompagnata da una ridottissima visibilità riservata alle autrici. “Credo che questo abbia a che fare con la cultura maschile, con il senso di colpa e con il modo con cui si educano i figli maschi, considerati un po’ delle divinità in questo Paese. Le donne acquisiscono un ruolo di vulnerabilità, di fragilità, ma è totalmente falso: noi siamo ben più forti! Non credo che l’arte si possa definire con un genere: ci sono solo due tipi di arte, quella buona e quella cattiva”.
NEL 2020 UNA NUOVA PERFORMANCE ALLA ROYAL ACADEMY
Nessuna anticipazione, invece, sulla nuova performance che presenterà alla Royal Academy of Arts di Londra nel 2020, – “Per scaramanzia non dirò nulla” -, mentre netta è la presa di posizione in merito alla polemica estiva seguita al lancio del manifesto per la prossima edizione della Barcolana. “Sono stata così contenta che un semplice poster abbia potuto creare tutte queste polemiche anche con la Lega, in Italia! Significa che l’arte ha questo tipo di possibilità. – Ha affermato – Quanto è scritto sul manifesto può essere interpretato in maniera molto banale, scordando del tutto la prospettiva ampia che avevo in mente quando l’ho scritto… Voglio lasciarvi con questa immagine: noi, essere umani, siamo tutti insieme su questo piccolo pianeta blu sospeso nell’immensità dello spazio nero. Sì, we are all on the same boat!”, ha ribadito l’artista.
LA MOSTRA, FIRENZE E LA TOSCANA
In continuità con i progetti espositivi del recente passato, anche con Marina Abramović. The Cleaner proseguono le collaborazioni tra Palazzo Strozzi e altre istituzioni culturali fiorentine e toscane. Sold out già da settimane Marina Abramović Speaks, lo speciale appuntamento che avrà luogo sabato 22 settembre al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino; ancora una volta, sarà possibile scegliere la formula del biglietto congiunto che consentirà anche di vedere le due opere dell’artista esposte al Museo dell’Opera del Duomo, a dialogo con capolavori come la Pietà Bandini di Michelangelo. Rafforzato il consueto programma delle attività educati, destinate a famiglie, giovani, adulti e scuole, così come i progetti dedicati a visitatori affetti da Alzheimer, a ragazzi con disturbi dello spettro autistico e a gruppi di persone con varie forme di disabilità.
-Valentina Silvestrini
https://www.palazzostrozzi.org/
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