Filippo di Sambuy – Il Libro dello Splendore
Photo & Contemporary è lieta di annunciare la prima mostra personale di Filippo di Sambuyin galleria, intitolata “Libro dello Splendore”.
Comunicato stampa
Photo & Contemporary è lieta di annunciare la prima mostra personale di Filippo di Sambuyin galleria, intitolata “Libro dello Splendore", che si terrà dal 20 settembre – 27 ottobre 2018.
Il titolo della mostra richiama un libro fondamentale della tradizione kabbalistica, il Libro dello Splendore(Zohar). Il testo risale al II secolo ma è stato celato fino al XIII secolo, secondo quanto sostiene Michael Laitmanautore di “Zohar. La Luce della Kabbalah”, pubblicato recentemente da Feltrinelli. Lo Zohar è, insieme al Talmud, una fonte per stabilire le sentenze riguardanti questioni legislative e procedurali in seno alle comunità ebraiche ed è stato fino ad oggi considerato un testo esoterico, rivolto soprattutto agli studiosi. Sempre secondo Laitman, i cabalisti hanno indicato il nostro tempo come maturo perché lo Zohar possa essere divulgato al grande pubblico.
Su questa dinamica relativa alla condizione della tradizione ebraica s'innesta la visione artistica di Filippo di Sambuy. Se è vero che gli artisti sono i sismografi culturali del proprio tempo, questa serie di dieci grandi tele appare come un possibile contributo ad una discussione che sembra recente ma che in realtà si protrae da secoli, in Italia almeno da quando lo Zohar è stato pubblicato per la prima volta a Mantova nel 1558.
Da sempre interessato alla natura del simbolo come ponte tra una verità invisibile e una forma capace di darle consistenza sensibile, Filippo di Sambuy approda alle tematiche dello Zohar attraverso gli schemi dedicati a quell'Albero della Vitache è uno dei simboli attorno ai quali si raccoglie l'intera identità ebraica. Lo Zohar interpreta tale simbolo secondo uno schema di dieci Sefirot,emanazioni che rappresentano la totalità delle dimensioni immanenti, e trascendenti, del creato, destinate a connettere il principio assoluto (l'Ein Sof) con il mondo sensibile e viceversa.
Portatore di uno sguardo laico ed artistico sulle rivelazioni religiose e mistiche dello Zohar, Sambuy dà forma astratta ad ognuna delle dieci Sefirot, interpretandole su grandi tele lavorate secondo una tecnica particolare che permette all'artista di dare consistenza visiva anche a quel principio vivificatore che è uno degli attributi divini, secondo l'Antico Testamento: il vento, il respiro, il soffio. Un movimento dell'aria che, in quanto spirito, ritroviamo declinato in forme diverse e simili in quasi tutte le religioni.
Ed è proprio da un profondo interesse intorno alla genesi dei simboli nelle varie religioni, e per come essi agiscono sui vari tipi di conoscenza della creazione, che Sambuy approda alla spiritualità dello Zohar convinto che l'arte possa far riflettere su una certa idea di Dio come principio unificatore.
“Con un processo di messa in opera coraggioso e visionario - sostieneValerio Tazzetti curatore della mostra e direttore di Photo & Contemporary– Filippo di Sambuy ci porta in una dimensione spirituale, all'origine del rapporto che ciascuno di noi intrattiene, volente o nolente, con l'idea della creazione. Il rapporto con la trascendenza stimola il suo linguaggio pittorico attraverso l'interesse per il simbolo inteso come forma capace di sintetizzare visivamente un principio. Questa è la forza della proposta di un artista che da sempre lavora sulle tematiche connesse alle molteplici relazioniesistenti tra la forma e lo spirito”.
“In questa mostra inedita, costituita da opere recentissime- sostiene il critico e filosofo Nicola Davide Angerame– Sambuy ha accettato una sfida posta dal libro a cui si ispira: quella di realizzare dieci quadri riflettendo sulle possibilità che l'arte ha di forgiare una narrazione altra rispetto ai testi sacri e ai loro commentari. La forma offre una sintesi alternativa rispetto alla parola. La proposta di Sambuy ci permette anche una riflessione rispetto alla presunta assenza di immagini nella religione ebraica, spesso confusa con la vera nemica che è l'idolatria. Anche per questo, con il più profondo rispetto e l'attenzione che sempre vanno riconosciuti ai testi sacri di qualsiasi religione, Sambuy mette in atto un'arte simbolica capace d'imporre un equilibrio tra una certa figurazione, evocativa del simbolo, e un'astrazione lirico-geometrica con interventi informali-gestuali, costruendo in tal modo una proposta che appare come il coronamento di una ricerca protrattasi per tre decenni intorno ad un modo antico e sacrale d'intendere l'arte, la sua natura ed il suo scopo; lontano dalle soluzioni figurative, Pop o Concettuali che hanno sostenuto un'idea dell'arte più legata alla contingenza e all’immanenza”.