Mondi capovolti. La pittura onirica di Sicioldr a Milano
Primo Marella Gallery, Milano ‒ fino al 28 ottobre 2018. Affonda le radici nella tradizione visiva fiamminga e simbolista la pittura di Alessandro Bianchi, in arte Sicioldr. Portando nel presente suggestioni cariche di rimandi a un passato ancora vitale.
Il mito? Il sogno? Certo, sono presenti qui come nella pittura simbolista e metafisica di cento e più anni fa. Eppure l’artista Alessandro Bianchi, in arte Sicioldr (Tarquinia, 1990), autore di colte immagini dense di stratificazioni allegoriche nonché di rimandi al passato, ha solo ventotto anni e vanta una formazione informatica.
Dice di aver coltivato il gene della pittura “clandestinamente”, supportato dalla guida del padre, anch’egli pittore. Alessandro spiega la genesi delle sue raffigurazioni: “Le visioni da cui nascono i miei quadri spesso si presentano sotto forma di impressioni che rapidamente appunto su taccuini… Ogni giorno mi sembra un miracolo, una magia, che un insieme di macchie di colore su di una superficie – levigate, scrostate, accarezzate, umettate – possano rendere l’illusione di un pensiero, di un’impressione di altri mondi che scaturisce dal profondo dell’anima”. I suoi veri maestri? I fiamminghi del Quattrocento. Ma anche i simbolisti del XIX secolo: “Primo fra tutti, Odilon Redon”, dichiara Sicioldr. D’altra parte, il maestro francese nel suo scritto A soi-même annotava, nel 1922: “L’arte suggestiva è come un’irradiazione verso il sogno in direzione del quale s’incammina anche il pensiero…”. Dunque è la rêverie, questo stato ipnotico e allucinato che porta alla coscienza l’oscurità interiore, a legare come un fil rouge la dozzina di recentissime opere di Sicioldr – olii e carboncini ‒ che Primo Marella Gallery presenta a Milano, inaugurando la stagione espositiva autunnale.
VERSO L’IGNOTO
Oltre la soglia, verso l’ignoto si dispiegano dunque le raffigurazioni raccolte sotto il titolo Il Teatro capovolto del Sognatore di mondi dal suono tanto evocativo quanto oniriche appaiono le iconografie scelte dal Sicioldr per le sue opere. Di imprinting bockliniano le tele Il Crepuscolo e Il Rito, quest’ultima con Sfinge acquattata in un paesaggio magico punteggiato di cipressi ed evanescenti montuosità. Note surreali si evidenziano in La piramide o Il Silenzio, quasi una rivisitazione dei paesaggi incantati del pittore-scenografo di fine Novecento Fabrizio Clerici, come anche di quelli alchemici e ultraterreni del contemporaneo Agostino Arrivabene. Alla maniera di Jean Delville, protagonista del simbolismo belga tra Ottocento e Novecento, si pone Epifania del Candore, in cui campeggia un pallido simulacro cullato dall’aerea vacuità di deserti spirituali oltre che geologici. L’enigma di un dedalo misterioso in stile Alberto Martini ‒ illustratore eccelso dei racconti di Edgar Allan Poe ‒ si disegna ne Il Labirinto o La Fuga. Miraggi cosmici traspaiono da Il risveglio, dall’ ancestrale metafora “fetale” ammantata di rimandi a Redon o Klinger. Per finire, La Grande Visita, dalle scansioni rinascimentali, con incursioni dissacranti pur nel contesto tradizionale della tematica religiosa. La lettura della scena punta l’accento sull’introduzione di un gigantesco angelo che, squarciando cieli corruschi, irrompe come un supereroe al cospetto della Vergine, carico del suo messaggio divino. Ecco dunque un melting pot linguistico dalle molte assonanze, che può prestare il fianco a contraddittori confronti, ma tanto potente da illuminare l’esito espressivo di un’ambiguità che incita al viaggio della mente incantando lo sguardo.
‒ Alessandra Quattordio
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