Natura site specific. Mariateresa Sartori al centro d’arte CAIRN
A Digne-les-Bains, nell’Alta Provenza, esiste un centro d’arte che combina natura e creatività. Fondato in collaborazione con il Museo Gassendi, il CAIRN ‒ Centro d'Arte Informale di Ricerca sulla Natura ospita, fino al 30 novembre, la mostra di Mariateresa Sartori intitolata “Mondo, dimmi tutto. Esercizi di trascrizione”. Abbiamo intervistato Giulia Pagnetti, assistente di direzione del CAIRN, e l’artista veneziana.
Qual è la storia del CAIRN?
Giulia Pagnetti: Il centro d’arte CAIRN nasce a Digne-les-Bains nel 2000, dalla collaborazione tra il Museo Gassendi (museo d’arte e di storia naturale) e il Parco Geologico dell’Alta Provenza, riconosciuto patrimonio dell’UNESCO.
Il centro d’arte accoglie artisti in residenza per produrre installazioni e progetti in situ strettamente connessi agli aspetti caratteristici di un territorio di montagna, alla frontiera tra Francia e Italia. Grazie alla partecipazione di artisti di fama internazionale come Mark Dion, herman de vries, Andy Goldsworthy, Richard Nonas, Till Roeskens, il centro d’arte ha dato vita a una collezione unica di installazioni site specific su un’area che comprende diversi comuni e si estende per più di 200mila ettari.
A quali modelli museali si ispira il centro?
G. P.: La dimensione territoriale su cui opera il centro d’arte si ispira al modello degli ecomusei, permettendo agli artisti di entrare in contatto con gli abitanti, di confrontarsi con il patrimonio naturalistico, geologico, storico in cui sono immersi, per sviluppare le loro pratiche e i loro progetti.
In linea con l’approccio interdisciplinare che caratterizza la collezione eterogenea del Museo Gassendi, il CAIRN costituisce un laboratorio di creazione che produce e diffonde l’arte contemporanea in zone rurali.
Da chi è composto l’organico del CAIRN e come sono gestite le sue attività dal punto di vista dei finanziamenti?
G. P.: Il CAIRN è un’istituzione pubblica comunale, ma riceve finanziamenti dalla Regione Provence Alpes Côte d’Azur e dall’organo ministeriale che finanzia i progetti culturali e artistici (DRAC). L’organico coincide con quello del Museo Gassendi. Stagisti e giovani studenti sono accolti assistendolo nelle visite guidate, nei laboratori didattici e nella comunicazione.
Come vengono selezionati gli artisti invitati a realizzare opere site specific presso il CAIRN?
G. P.: Gli artisti sono selezionati considerando la qualità e l’interesse del loro lavoro ma anche in base alla pertinenza rispetto alla poetica del centro d’arte e alle caratteristiche del territorio che li accoglie. Gli artisti sono accolti per lunghi periodi di residenza che permettono loro di entrare in contatto con i luoghi e le persone che li abitano. La direzione artistica non stabilisce delle tematiche, ma esige una coerenza progettuale che vede le opere costruirsi in uno scambio reciproco fra artista e territorio.
Come avviene, operativamente, la selezione?
G. P.: Accanto a residenze su invito, ogni anno un artista viene selezionato attraverso un bando per una residenza di ricerca della durata di sei settimane. Durante questo periodo l’artista è tenuto a proporre una restituzione della sua ricerca, che può spaziare dalla performance alla conferenza, dai laboratori a un evento pubblico.
Quale tipo di pubblico frequenta il CAIRN e quali strategie ha messo in campo il centro d’arte per stimolare il coinvolgimento dei visitatori?
G. P.: Lontano dalle grandi città non è facile attrarre professionisti e appassionati d’arte contemporanea, ma l’unicità del CAIRN è quella di aver avvicinato e sensibilizzato un territorio rurale all’operato di artisti di fama internazionale. Se la vicinanza a Nizza e Marsiglia favorisce il flusso di pubblico dalla costa, tanti appassionati di montagna scoprono con sorpresa questa collezione d’arte contemporanea integrata nel paesaggio e in dialogo con la sua storia. Ma la vera sfida per noi è coinvolgere il pubblico locale che, nonostante le prime reticenze, ha accolto con grande entusiasmo il lavoro degli artisti invitati. Per i progetti site specific, il CAIRN ha cercato di sensibilizzare in primo luogo la popolazione locale, promuovendo gli incontri con gli artisti, la collaborazione con le associazioni e, a volte, veri e propri progetti di co-creazione (gethan&myles, Conservation, 2017).
Quali opere sono incluse nella collezione del CAIRN?
G. P.: In quanto centro d’arte, il CAIRN promuove la creazione contemporanea ma non possiede una collezione (come i musei). Molte delle opere prodotte dagli artisti invitati al CAIRN entrano a far parte della collezione del Museo Gassendi sotto forma di donazione o acquisizione. Ciò vale in particolare per le opere che si trovano in spazi esterni, perché questa procedura garantisce la conservazione e la salvaguardia di installazioni non sempre facili da mantenere. Il Museo Gassendi vanta così una collezione eterogenea, che va dall’arte antica alle scienze naturali, da opere d’arte contemporanea nelle sale a installazioni in spazi aperti, lungo i sentieri di montagna: tra gli artisti in collezione si trovano Mark Dion, herman de vries, Andy Goldsworthy, Richard Nonas, Trevor Gould.
PAROLA A MARIATERESA SARTORI
La tua mostra si inscrive nel solco del binomio arte-natura da cui prende le mosse il CAIRN, declinato in base al linguaggio dell’artista veneziana. Come si strutturata la mostra e a quali riflessioni si ispira?
Mariateresa Sartori: Il lavoro che presento al centro d’arte CAIRN è il risultato del periodo trascorso in residenza. Un periodo ricco e intenso grazie alla partecipazione generosa e fattiva di tutto il personale del CAIRN al mio progetto. I giorni passati nella casa del parco Promenade, a stretto contatto con la natura, in un silenzio apparentemente profondo, ma in realtà popolato di innumerevoli suoni e rumori, mi hanno spinto a lavorare sulla percezione sonora e sulla sua traduzione in immagine visiva. Dopo aver registrato i suoni durante le mie passeggiate, ho analizzato ogni singolo rumore cercando di tradurre in disegno l’immagine mentale che emergeva in relazione a ciascun suono: i miei passi, l’abbaiare di un cane, i cinguettii, lo scorrere dell’acqua del fiume. La banda sonora, La forma del suono, si ricompone nell’allineamento in sequenza di dodici metri di disegni.
E per quanto riguarda gli altri lavori?
M. S.: Il secondo lavoro è stato realizzato con la tecnica della fotografia stenopeica e ha per soggetto le foglie degli alberi di Digne. Alle Piante e alle Nuvole realizzate durante le mie due ultime residenze alla Fondation Camargo di Cassis si aggiunge quindi la serie delle Foglie, con cui ho inteso proseguire la mia indagine di carattere fenomenologico.
Il processo elementare della foto stenopeica mi permette un rapporto immediato con l’oggetto: la luce passa attraverso il foro nella scatola di cartone e imprime l’immagine sulla carta fotosensibile. Le numerose variabili che intervengono durante il lungo tempo di esposizione contribuiscono al risultato finale, sul quale il controllo è relativo. L’immagine è la somma di tutto ciò che è accaduto in quel lasso di tempo, la luce cambia, passa una nuvola, il vento muove le foglie. In qualche modo è la prova che la realtà esiste. Si tratta per me di reperti, reperti di realtà. O, come Riccardo Caldura le ha felicemente definite, si tratta di “impressioni”, nel senso stretto della parola, di qualcosa che si imprime e lascia traccia di sé. In questo senso, quindi, vere testimonianze di ciò che è o di ciò che è stato.
La leggiadria visiva degli interventi dei tuoi è accompagnata da una profondità concettuale che affonda le radici nella scienza e nell’osservazione della realtà. Quale dialogo si è creato e si crea in mostra fra questo tipo di poetica e lo spirito del CAIRN?
M. S.: L’approccio scientifico è sottolineato dalla necessità di classificare secondo la specie il canto di ogni singolo uccellino grazie all’apporto di un ornitologo, e di un botanico per la classificazione delle foglie raccolte. In mostra è infatti presente anche il trattato di botanica del diciottesimo secolo della collezione del Museo Gassendi,da cui ho tratto i nomi delle piante. Il bisogno di oggettività è tuttavia contraddetto da immagini che non sono utili dal punto di vista della riconoscibilità della specie. Ciò che mi interessa è la tensione tra soggettivo e oggettivo, non l’oggettività raggiunta. Il primato dell’esperienza empirica e sensoriale sul pensiero astratto che caratterizza la filosofia gassendiana si ritrova anche nel lavoro La forma del tempo. Le onde, un lavoro composto da 350 carte che occupano una parete di nove metri per due.
Da dove trae origine quest’opera?
M. S.: Seduta sulla sabbia della spiaggia del Lido di Venezia, dove sono nata, ascoltando il rumore delle onde, ho cercato la sincronia completa tra la mia mano che imprimeva il segno sul foglio e il suono dell’onda, divenendo io stessa sismografo e variazione infinita delle infinite variazioni dei suoni. Forma del tempo e memoria del tempo, di quando le montagne e le valli di Digne erano in realtà fondali marini, testimoniati dagli innumerevoli fossili che si trovano nel museo Gassendi. Le variazioni di un andamento sempre diverso e sempre uguale sono presenti anche nel video Vento moderato SWS 20/29, il cui titolo esprime un bisogno di precisione oggettivizzante che non trova riscontro nell’immagine. Lo stesso scarto lo si ritrova nel video Le Ragioni della scienza, esposto al Museo Gassendi, in cui due linguaggi scorrono in parallelo creando frizioni e cortocircuiti: mentre immagini tratte da vecchi film e documentari di archivio si soffermano su episodi della storia umana, una voce fuori campo enuncia con distacco teorie scientifiche.
Che cosa significa oggi per un artista compiere degli “esercizi di trascrizione”?
M. S.: L’esercizio di trascrizione significa per me lasciare che le cose mi attraversino per restituirle riscritte in un altro linguaggio, proponendo una diversa modalità percettiva. Si tratta del tentativo di comprendere la realtà nel senso etimologico del termine di “prendere con sé”, appropriarsi quindi delle cose della realtà per poterle comprendere e amare. È implicito uno sforzo di attenzione, un essere protesi verso i fenomeni della realtà, siano essi suoni, foglie, alberi. Non a caso il titolo della mostra, Mondo dimmi tutto. Esercizi di trascrizione, riprende i versi di Andrea Zanzotto tratti dalla poesia Al mondo:
“Mondo, sii, e buono;
esisti buonamente,
fa’ che, cerca di, tendi a, dimmi tutto”.
‒ Arianna Testino
Digne-les-Bains // fino al 30 novembre 2018
Mondo, dimmi tutto. Esercizi di trascrizione
CAIRN
10 montée Bernard Dellacasagrande
www.cairncentredart.org
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