London Shadow
La rivoluzione inglese da Gilbert & George a Damien Hirst.
Comunicato stampa
L’esposizione racconta, attraverso ventitré opere di sedici artisti di fine anni ’80 e primi anni ’90, lo spirito di un’autentica rivoluzione. Ispirata al titolo di un’opera di Gilbert & George, il “duo terribile” attivo fin dalla fine degli anni ’60, precursori di quelle temperature caustiche e irriverenti che saranno alla base di ciò che accadrà dalla seconda metà degli anni ’80, London Shadow riassume tensioni, ambiguità, vitalismo e contaminazioni della cultura inglese degli ultimi decenni, fino ad oggi.
Michele Coppola, Direttore Centrale Arte, Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo, afferma: “Le Gallerie d’Italia a Napoli si confermano luogo di conoscenza, studio e promozione dell’arte e della cultura contemporanea internazionale. Accanto all’ultimo Caravaggio e alla grande tradizione artistica napoletana, e dopo Le mille luci di New York, la mostra London Shadow rinnova l’apertura verso le ricerche più sperimentali. Con questo nuovo approfondimento si è voluto anche sottolineare il contributo di galleristi e collezionisti di Napoli all’arte britannica degli anni Novanta, a dimostrazione dell’impegno di Intesa Sanpaolo nel valorizzare la straordinaria vivacità culturale della città”.
Negli anni ’90 Londra è la città più cool del mondo, complice anche la musica (il Brit Pop, l’elettronica dei club), la letteratura (Irvine Welsh e gli acidi scozzesi, le periferie indiane di Hanif Kureishi), la moda (l’icona Kate Moss, le riviste e i giovani stilisti come Alexander McQueen). Nell’ultimo decennio del secolo Londra si propone come la rinnovata capitale mondiale dell’arte, nonché l’ultima scuola europea a presentarsi unita e compatta all’attenzione internazionale, tanto da far parlare di ‘Cool Britannia’.
In mostra tre opere di Damien Hirst e in particolare l’opera Problems eccezionalmente concessa in prestito dallo stesso artista e proveniente dal suo studio di Londra, a cui si affiancano le spatolate materiche di Jason Martin, le strisce di colore, espressione della cosiddetta Process Painting,realizzate da Ian Davenport, i grandi fiori super pop di Marc Quinn, la manipolazione digitale di Julian Opie.
L’esposizione ripercorre la provocazione delle giovani bad girls, che esaltano i temi del femminismo sfiorando la cattiveria e la sessualità esplicita. È il caso dei neon di Tracey Emin, delle sculture di Sarah Lucas, dell’installazione video di Sam Taylor-Wood. Senza dimenticare la versione contemporanea della Vanitas secondo Marc Quinn o la rivisitazione del mito, tutto inglese, di Ophelia nell’opera di Matt Collishaw. Beffardo e sarcastico l’intervento di Gavin Turk, che gioca sul rovesciamento tematico e sull’inganno percettivo in lavori che “imitano” celebri icone della storia dell’arte, il Love di Robert Indiana e un Concetto Spaziale di Fontana.
La mostra, infine, non tralascia l’arte inglese che degli anni ’90 si fa concettuale, a testimonianza di una temperie che coinvolge l’intero panorama creativo: le serie fotografiche di Darren Almond, l’installazione minimalista di Liam Gillick, la scritta Things di Martin Creed, e ancora fotografie cieche di Douglas Gordon e la fine riflessione mentale di Gillian Wearing.
London Shadow resterà aperta al pubblico fino al 20 gennaio 2019.
Il catalogo è edito da Marsilio Editore.