Museo in una stanza. A Belluno nel 2019 nasce Burel: al via la call per artisti italiani
A gennaio s’inaugura Burel, un piccolo Museo d’arte contemporanea a Belluno, con un occhio anche al territorio. L’idea è della curatrice indipendente Daniela Zangrando che ci ha raccontato la sua visione
Dopo sei anni di assenza dalla scena curatoriale indipendente, Daniela Zangrando, ex direttrice dello spazio Monotono Contemporary Art di Vicenza, apre a gennaio 2019 un Museo d’arte contemporanea a Belluno. Sotto la sua direzione, si chiamerà Burel, come una cima del gruppo montuoso della Schiara, visibile dalla via dove sorgerà questo piccolo, in quanto a metratura, museo per la provincia di Belluno: con la capacità di rivolgersi all’arte contemporanea, ma senza dimenticarsi del contesto, anche quello paesaggistico, in cui si trova a nascere. Il museo aprirà le porte con la prima mostra a inizio 2019, ma la direttrice Zangrando invita da subito – tramite il lancio di una open call – gli artisti italiani, senza alcun limite di età, a inviarle informazioni, portfolio, elementi distintivi del proprio lavoro, tasselli delle loro ricerche, andando così a formare e costituire un bacino di materiali fondamentali per il museo stesso. Gli artisti potranno anche prendere appuntamento con la direttrice per uno studio visit, per un incontro, per aggiornarla e discutere del proprio lavoro. Ne abbiamo parlato con la sua ideatrice…
Come è nata l’idea di aprire un museo di arte contemporanea a Belluno? Da quali esigenze, da quali istanze, da quali punti di partenza?
Dal 2005 al 2012 ho portato avanti una serie di esperienze a Perarolo di Cadore, in provincia di Belluno, nel mio comune di nascita. Abbiamo realizzato delle mostre, una giornata di studi, una staffetta artistica, un magazine.
Chi c’è dietro l’iniziativa? Da dove provengono i protagonisti del progetto, cosa avete fatto prima di questo?
Prima di tutto ci sono io. Immediatamente dopo Perarolo, mi sono trovata a lavorare in uno spazio completamente diverso. Ho assunto la direzione di Monotono Contemporary Art a Vicenza, invitata da Cristiano Seganfreddo a pensare ad una programmazione per il suo spazio. Dopo gli ambienti super connotati di Perarolo, un white cube bellissimo, in cui mi sono potuta concentrare solo sugli artisti. A Vicenza abbiamo infatti lavorato con una serie di mostre personali di giovani italiani.
E dopo Vicenza?
Sono tornata ad abitare in provincia di Belluno, e posso dire di aver messo un po’ in stand-by la mia attività come curatore indipendente. Non ho però smesso di arrovellarmi su alcuni snodi, come “L’arte e la sua funzione sociale”. A me piace curare. Stare fermi continuando a lamentarsi del sistema, del tale artista o curatore, della mancanza di opportunità e di chiamate, della situazione italiana, di quanto male vengano gestite le cose, dell’insensatezza di far qualcosa con un certo clima politico o sociale, del peso del quotidiano, continuando allo stesso tempo a covare sogni e ambizioni, è qualcosa di castrante e patetico. Così ho ripreso in mano pensieri abbandonati e studi, ho scritto un progetto e l’ho presentato. E, da quel punto in avanti, dietro non ci sono più solo io. Ma ci sono i collaboratori fidati di sempre.
Su quale tipologia di pubblico puntate? E su quale rapporto con il vostro territorio e la città dove aprite?
Quello di pubblico è un concetto esteso ed aperto. Il primo pubblico credo sia proprio quello degli artisti, di chi nel Museo lavora e deve poter vedere la propria opera esattamente come l’ha pensata e come va mostrata. I primi a vedere delle mostre, a discuterle, a farle traballare e dar loro senso, sono sempre gli artisti. Poi ci sono da un lato gli addetti al sistema dell’arte, e dall’altro i fruitori del territorio. Non dovrò assolutamente trascurare l’ambito territoriale. Belluno e tutta l’area del bellunese sono un contesto meraviglioso da un punto di vista paesaggistico.
Come farete?
Dalla via dove sorgerà il Museo, si può veder svettare il gruppo montuoso della Schiara. Ma è anche un luogo con grandi criticità – basti pensare agli allarmanti dati sullo spopolamento diffusi la scorsa primavera – e non si può dire abbia assorbito e fatto proprio il linguaggio dell’arte e del contemporaneo. Può sembrare strano visto che una persona che abita dove ci sono così tante montagne dovrebbe essere abituata alla forza della bellezza. E ancor più strano se pensiamo a quanto faccia beare il bellunese sapere di essere conterraneo di Tiziano Vecellio o di Dino Buzzati. Ma l’arte contemporanea qui non è particolarmente in voga. C’è del lavoro da fare.
Un cenno agli spazi espositivi. Come saranno e cosa c’era prima?
Lo spazio del museo si misura con un solo sguardo. È poco più di una stanza. Era un negozio di oggetti di legno. Ve lo mostrerò presto!
Ora qualche anticipazione sulla programmazione. Cosa proporrete?
Al momento posso solo dirti che nei prossimi mesi darò indicazioni più precise riguardo la programmazione. Lavoreremo, come probabilmente qualsiasi Museo, con mostre ed eventi quali concerti, djset, performance, lecture, incontri. Una peculiarità sarà quella di cercare dei contatti con il mondo della montagna e dell’alpinismo, a cui sono fortemente legata. Mi sono accorta di tangenze interessanti tra questo ambito e la ricerca portata avanti dagli artisti. Devo studiare e approfondire.
Come lavorerete con gli artisti, cosa cercate in loro tramite open call?
In questi anni di sordina potrei aver trascurato senza volerlo qualcuno di loro. Potrei aver perso degli aggiornamenti su un lavoro, o non aver considerato in modo completo una ricerca. L’open call scaturisce anche dal desiderio personale di essere messa al passo. Voglio che il Museo abbia subito dei materiali che mi aiutino a pensare e portare avanti gli obiettivi che mi sono prefissa. Con gli artisti voglio lavorare gomito a gomito. Qualche tempo fa la scrittrice Andrea Marcolongo ha postato sul suo profilo Instagram un’invocazione di T.S.Eliot che mi è sembrata molto bella. “Insegnaci ad aver cura e a non curare”. Mi frulla in testa.
-Claudia Giraud
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