Filippo de Pisis – Gli eventi del minuto
Il Chiostro arte contemporanea celebra i 30 anni di attività.
Comunicato stampa
TRENT’ANNI DOPO. DE PISIS AL “CHIOSTRO”
Elena Pontiggia
Sono passati trent’anni (una generazione, quasi due) da quando nel 1988 Duilio Affanni apriva la sua galleria, che allora si trovava in via Carcano e prendeva nobilmente il nome dall’antico chiostro del convento di S. Francesco.
Inaugurava la galleria con una mostra di de Pisis che dava già il senso e, per così dire, la direzione delle sue future scelte: un’attenzione alle vicende e alle ragioni dell’oggi, ma anche alla storia del Novecento, consapevole che in arte il tempo non esiste e che, come diceva Gadda “se una cosa è più moderna di un’altra, vuol dire che non sono eterne né l’una né l’altra”.
Dunque spazio al presente, ma anche a quel passato artistico che spesso è ancora più vivo. E qui bisognerebbe ricordare, accanto alla rassegna inaugurale di de Pisis, le mostre di altri maestri, a cominciare dal maggior artista saronnese del Novecento, vale a dire Francesco De Rocchi, per proseguire con Carrà, Marino Marini, Sironi, Fontana e molti altri. Del chiarismo, in particolare - il movimento di cui De Rocchi è stato un protagonista - il “Chiostro” è stato fin dalla nascita un punto di riferimento, e mi fa piacere ricordare il sostegno (di più: la condivisione) con cui Duilio Affanni ha collaborato alla grande mostra mantovana del 1996. Non a caso nell’elenco dei ringraziamenti in catalogo il nome della galleria di Saronno figura subito dopo i musei. Del resto “Il Chiostro”, come è accaduto in Italia ai migliori spazi espositivi privati, con le sue mostre storiche ha svolto anche le veci di un piccolo museo, in un Paese che di musei d’arte moderna ne ha ancora tragicamente pochi.
Sono passati trent’anni da allora, dunque. La galleria ha ora una nuova sede a pochi passi dalla Beata Vergine dei Miracoli (dal chiostro al santuario: speriamo sia di buon augurio, e Dio sa quanto ce n’è bisogno di questi tempi…), e ora alla direzione c’è Marina, che ha ereditato la stessa visione aperta e la stessa passione del padre, interpretandole con la sensibilità di una nuova generazione. Per il compleanno trentennale, a questo punto, non si poteva non pensare a de Pisis, sia per ricordare quella mostra iniziale, sia per la capacità, che l’artista ferrarese possiede come pochi altri, di tramutare il
tempo dell’attimo (il “minuto”, in cui tutti siamo immersi) in un “evento”. Gli eventi del minuto si intitolava appunto la mostra di allora e si intitola quella odierna. Allora come ora la didascalia delle opere sono idealmente i versi di Montale: “E tutti vidi/ gli eventi del minuto/ come pronti a disgiungersi in un crollo”.
Sono versi sotterraneamente drammatici, come sotterraneamente drammatica, pur nella felicità della fisionomia e delle apparenze, è l’arte di de Pisis. La sua pittura sfugge infatti alle categorie della critica, perché l’ ”ismo” che risulta meno inadeguato a descriverla è quello di esistenzialismo. Dove per esistenzialismo non si intende la cupa e materialista filosofia di Sartre, ma una domanda commossa, la stessa che i poeti lirici di tutti i tempi si sono posti, sull’esistenza troppo breve delle cose.
Come scrivevo allora nel catalogo, e come non ho smesso di pensare, per dar conto della pittura di de Pisis, più che di impressionismo (come hanno detto i francesi, purtroppo incapaci di capire a fondo l’unicità dell’artista italiano); più che di espressionismo lirico, che pure è una definizione meno inadempiente, bisognerebbe parlare di una riflessione su quello che lui stesso chiamava “paradiso provvisorio”. Cioè sulla precarietà di ogni forma di bellezza.
In questo senso nelle sue opere una mandorla, un vaso di fiori, un piccolo nudo, una Trebbiatura a Geres e perfino Ragazzo sulla spiaggia, meglio noto come ‘Omaggio a Matisse’ hanno lo stesso significato: sono attimi fuggenti, a cui l’artista intima goethianamente il suo “Fermati! Sei bello”, sapendo già in anticipo che non sarà esaudito. Foglie, erbe, figure, luoghi sono apparizioni momentanee. E l’artista li dipinge con un disegno intriso di vuoto, con una stenografia luminosa, ma talmente lieve da rivelare tutta l’illusorietà di figure e cose.
Dove sono le nevi dell’anno scorso? si chiedeva Villon. Se lo chiede anche de Pisis, che però dipinge quelle nevi (cioè quei frutti, quei fiori, quei cieli) come un’infinita magia.