Ercole. Il più eroico tra i miti
La scultura di Ercole tornata a Venaria è un efficace pretesto per una mostra dedicata all’eroe classico.
Ercole, un mito millenario ancora capace di suscitare interesse grazie alle sue proverbiali “dodici fatiche” e al suo essere simbolo di eroe assoluto. A lui la Reggia di Venaria dedica ora una mostra che ripercorre le avventurose vicende del figlio di Zeus attraverso novanta opere d’arte e non solo. Ne abbiamo parlato con Claudio Strinati e Friedrich-Wilhelm von Hase, presidente del comitato scientifico.
In principio c’è una statua che, dopo molte vicissitudini, è tornata alla Venaria: qual è la sua storia?
Claudio Strinati: La statua fu eseguita nel 1670 da un grande artista ticinese, Bernardo Falconi, come culmine di una fontana per i giardini della Venaria Reale. Raffigurava Ercole e l’Idra di Lerna con alla base quattro imprese dell’eroe. L’imponente fontana fu presto smembrata e, come ha ricostruito Paolo Cornaglia, a fine Settecento la scultura venne confinata in un deposito, per poi essere trasportata nella villa dei conti Melina del Capriglio. Da lì, molto danneggiata, passò a Palazzo Madama a Torino e ora un provvidenziale restauro ha restituito all’opera tutta la sua bellezza e la Fondazione Torino Musei l’ha concessa in comodato al Consorzio La Venaria Reale.
Dedicare una mostra a Ercole vuol dire renderla attraente per un pubblico vasto e non specializzato. In che modo coinvolgete questa tipologia di visitatori?
C. S.: Le vicende di Ercole sono da un lato sbalorditive e prodigiose, dall’altro umanissime e facilmente comprensibili. L’eroe è figlio di Zeus e di una mortale, e solo alla fine delle sue avventure assurgerà al cielo diventando a sua volta una divinità. Perché ciò accada (e qui si dipana il racconto della mostra) deve compiere un percorso di iniziazione e tormento che scaturisce da una sorta di “peccato originale”: reso folle da Giunone, Ercole uccide i propri figli e, per espiare l’orribile colpa, compie le imprese poi chiamate “fatiche”.
Tra i reperti antichi scelti per l’esposizione, quali sono i più sorprendenti?
Friedrich-Wilhelm von Hase: Da Basilea provengono sette eccezionali vasi greci e due, in particolare, sono capolavori difficilmente concessi in prestito: un’anfora del pittore di Antimene (510 a.C. ca.), con la disputa tra Ercole e Apollo per il tripode di Delfi, e la grande anfora con coperchio attribuibile al Pittore di Berlino (490 a.C. ca.), su cui sono dipinti Ercole con i suoi attributi e Atena. Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli ha prestato inoltre due affreschi provenienti dall’Augusteum di Ercolano che riproducono scene delle fatiche, uno dei quali servì come modello per una coppa prodotta dalla Real Fabbrica delle Porcellane di Napoli alla fine del XVIII secolo.
Perché possiamo ritenere innovativa questa mostra?
F. V. H.: Il contributo innovativo consiste nell’approccio diacronico di una storia millenaria che ha le sue origini già nel mondo miceneo e che si espande via via fino al Rinascimento e all’iconografia barocca, alle arti minori e ai cosiddetti film del “peplum”, anch’essi rappresentati nel percorso espositivo.
C’è pure un vero e proprio film che comincia con una “passeggiata” in cui si narra l’influenza di Ercole sulla storia dell’architettura…
C. S.: Abbiamo preso spunto dall’aspetto del mito che vede Ercole fondatore di città e governatore degli umani destini rievocando la storia dell’Addizione Erculea di Ferrara di fine Quattrocento: la prima operazione di urbanistica moderna attraverso la quale il duca Ercole I d’Este volle imprimere alla città un orientamento nuovo tramite un formidabile progetto di Biagio Rossetti, come se fosse stato Ercole stesso a rifondarla. Abbiamo raccontato questo – e molto altro – con una passeggiata cinematografica tra la Galleria della Venaria e le vie di Ferrara.
L’apertura internazionale è garantita dalla sezione sugli Ercole disseminati in tutta Europa, tra cui quello di Kassel. Perché proprio questa città?
F. V. H.: L’imponente Bergpark di Kassel fu cominciato da Carlo d’Assia-Kassel dopo il suo ritorno da un viaggio in Italia nel Settecento, sotto la guida dell’architetto Giovanni Francesco Guerniero, ed è dominato dalla monumentale statua di Ercole (8,30 metri) dell’orafo Johann Jacob Anthoni che imitò un prototipo antico, senza dubbio da ricercare nell’Ercole Farnese trovato nel 1546 nelle Terme di Caracalla a Roma. Tuttora il colossale eroe è ben visibile da lontano per chi si avvicina a Kassel.
‒ Marta Santacatterina
Articolo pubblicato su Grandi Mostre #12
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