L’esistenza sull’impavida carta. Piero Bolla a Saluzzo
La Castiglia di Saluzzo ‒ fino al 4 novembre 2018. Piero Bolla accompagna lo sguardo lungo un itinerario fatto di carta, pittura, grafica e installazione.
Conoscere personalmente Piero Bolla (Saluzzo, 1933) – e lasciarsi condurre tra le sale della sua mostra nella splendida Castiglia di Saluzzo – è una fortuna da raccontare, nonostante ogni voce che non sia la sua rende altre le sue maniere tanto peculiari. “È come se fossi su un treno che viaggia e che si dovrà fermare. Ma non so dove andrà; o forse è già ritornato”: prima ancora di ammirare le sue opere, la persona maestosa e saggia dell’artista riempie di commozione la Castiglia – fuori dalla finestra, si intravedono morbide le piante accostate all’arancio autunnale, tratti tipici della sua terra che non si dimenticano nelle opere più recenti. Avvolgenti sono le narrazioni veicolate dalla sua esposizione, che raccoglie la sua fortunata vita artistica (circa cinquanta opere) e la sua incessante formazione culturale: un mondo prima di tela, di fotografia, di vetro, di plastica e ora di carta. La carta che porta con sé cultura di massa, conoscenza profonda, coscienza intima; la carta che Pirandello associava all’ottenebramento di una realtà che “non si è mai veduta” e che ora pare chiara, stropicciata e inventata com’è, in quelle mille biografie ripetute le une di seguito alle altre nelle pagine degli elenchi telefonici che compongono le sculture più interessanti dell’intera creazione dell’artista.
INVENZIONI SORPRENDENTI
“Non ho mai viaggiato molto; ma sono andato ovunque con i miei libri, e conosco luoghi monumentali e grandi e piccoli uomini grazie alla letteratura”; ci si ferma davanti a Grand Tour (2012), la scultura di fronde di carta dedicata al Viaggio in Italia di Goethe. Bolla rende volume e matericità a tutte le grandi invenzioni e le irrequiete perplessità dell’impavida carta – pur aggiungendo sempre le sue modulazioni musicali, i suoi arresti contorsionistici, la sua mimica impetuosa e i suoi sereni smorzamenti. Invenzioni sorprendenti – tra le quali spiccano vesti plastiche, volti anagrammaticamente coperti, animali totem come scimmie, mucche, stormi di uccelli e branchi di cani e rinnovate anamorfosi di teschi e alberi – accostano consapevolezze dettate dall’accesa curiosità e dalla florida esperienza, associando l’installazione alla grafica, la pittura alla tipografia. Gli oggetti comuni vengono nobilitati in ogni parola e gesto della sua opera; ma è adesso, nella maturità anagrafica e artistica, che trovano inedito folgorante significato. Una poliedricità corrisposta dalle mille tappe della mostra – un itinerario della storia dell’arte percorso sotto braccio all’artista saluzzese.
‒ Federica Maria Giallombardo
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