Architetti d’Italia. Orazio La Monaca, l’energico
Tra i progettisti che hanno regalato nuova vita a Castelvetrano, Orazio La Monaca è promotore di un’architettura in grado di migliorare le realtà urbane.
È facile, relativamente facile, produrre buona architettura in Svizzera, a Basilea o a Zurigo, meno in Italia. Dove è più semplice realizzarla in Lombardia, a Milano, che in Sicilia. Mentre nell’isola si trovano meno difficoltà a Palermo che a Favara e a Castelvetrano.
Orazio La Monaca opera proprio a Castelvetrano. Comune italiano di 31.680 abitanti, diretto da giugno 2017 da Salvatore Caccamo, Elisa Borbone e Concetta Maria Musca: tre commissari straordinari insediati dal governo con funzione anti mafia.
Castelvetrano, come accade nelle città di provincia della Sicilia, è dotata di inaspettate risorse. Ha palazzi e chiese di rara bellezza e ha dato i natali a illustri personaggi: per esempio il filosofo Giovanni Gentile. Ospita nel suo territorio il parco archeologico di Selinunte, uno dei più belli del mondo. Produce olio e vini dalle ricercate caratteristiche organolettiche. Ma, certamente, non è una realtà politica e amministrativa semplice. Nel suo territorio, per esempio, si trova la borgata marinara di Triscina, nota per essere uno degli insediamenti a più alto tasso d’abusivismo d’Italia. Inoltre, Castelvetrano, come molte cittadine del meridione, non brilla per edilizia contemporanea: non la si può lodare per gli interventi privati, spesso negligenti e raffazzonati, e nemmeno per quelli, sovente scarsi, sciatti e mal finanziati, promossi dalla mano pubblica.
Orazio La Monaca non si è mai rassegnato a questo stato di cose e ha evitato le due strade spesso percorse dai progettisti che operano in realtà tanto difficili: abdicare di fatto alla propria professione, limitandosi a compilare moduli e fare pratiche edilizie, oppure disegnare opere di pura e astratta poesia destinate a rimanere sulla carta.
Ha puntato, invece, sia sui committenti privati sia su quelli pubblici, attivando una strategia che merita di essere raccontata.
Di regola, quando c’è poco lavoro, i progettisti cercano di recintare, se non blindare, il proprio territorio, per evitare l’accesso ai concorrenti. Senza considerare però che, così facendo, alla fine producono terra bruciata anche per loro stessi. La Monaca ha invece tentato un’altra scommessa: trasformare il territorio in un luogo in cui di progettisti ne venissero molti e da tutta Italia per stimolare con la loro presenza e i loro racconti una domanda qualitativamente più ricercata.
In questo, occorre dire, è stato aiutato da Gianni Pompeo, il sindaco in carica dal 12 dicembre 2001 al 22 maggio 2012. Un medico che aveva intuito, forse perché glielo suggeriva la propria professione, che un malato lo si guarisce solo facendolo curare da specialisti.
A CASTELVETRANO
L’occasione arriva già nel 2001 quando il comune di Castelvetrano decide di utilizzare a fini pubblici i terreni confiscati alla mafia e ubicati nella zona nord occidentale della città. Prevista la costruzione di nuovi uffici comunali, della pretura, delle caserme dei carabinieri e di una chiesa. A vincere il concorso è un gruppo di tre studi siciliani associati tra loro. Sono Santo Giunta, un ancora giovane architetto palermitano, gli ingeneri Leonardo Tilotta e Simone Titone, esperti negli aspetti tecnico-costruttivi, e Orazio La Monaca. Approvato il masterplan, il comune decide di iniziare i lavori partendo dalla realizzazione dei propri uffici. Che avviene in tempi relativamente brevi. L’opera fa il giro delle riviste di architettura, va alla Biennale e ottiene diversi riconoscimenti, in considerazione del fatto che sorge proprio su un’area sottratta alla mafia e grazie a un disegno di insieme e di dettaglio asciutto e poetico, giocato sulla relazione tra le masse murarie e le bucature.
Insieme al masterplan, Castelvetrano mette in cantiere altri progetti: tra questi la realizzazione di un sistema di piazze affidato a Pasquale Culotta e Giuseppe Guerrera, un concorso per una piazza a Triscina vinto da Maurizio Oddo e altri progettisti, un incarico per l’accesso al parco di Selinunte da Triscina affidato a Giuseppe Guerrera e un progetto nel centro storico dell’urbanista Giuseppe Carta.
La Monaca, diventato, grazie al successo ottenuto dal municipio, uno dei più ascoltati consiglieri del sindaco, intuisce che Castelvetrano può puntare di più sull’architettura. Approfittando dell’occasione di un premio datogli da una giuria della quale facevo parte, mi contatta e mi chiede di suggerirgli un architetto noto che avrebbe potuto proporre idee per il porto turistico nella borgata di Santa Marinella, a pochi metri dal parco archeologico. Insieme lo troviamo – è Odile Decq ‒ ma, a questo punto, capiamo che, per evitare l’effetto archistar, occorre anche un concorso dalle procedure innovative e aperto ai giovani architetti su sei aree della borgata stessa. Concorso che viene lanciato e costituisce il precedente di un incontro annuale di architettura oggi diventato uno dei più importanti d’Italia: Architects Meet in Selinunte. Da quel momento Castelvetrano, insieme al Parco Archeologico di Selinunte, è un luogo dove si producono mostre, si invitano artisti, si attivano workshop che interessano anche realtà comunali limitrofe quali Sambuca di Sicilia e Santa Margherita di Belice. Dove passano figure del calibro di Daniel Libeskind, Mario Bellini, Benedetta Tagliabue, MVRDV, Dante Benini, RCR Arquitectes, Guido Canali, Massimiliano Fuksas, William Alsop, Allies e Morrison.
I BUONI EDIFICI
A questa strategia di apertura dell’apparato pubblico alle ragioni della buona architettura La Monaca affianca una ricerca di occasioni di lavoro professionale in quei comparti del settore privato dove più sentito è il bisogno di buoni edifici. Particolarmente quello alberghiero e delle strutture legate alla ricettività turistica, caratterizzati come sono dall’esigenza di alti standard qualitativi.
Nel territorio di Castelvetrano Selinunte, La Monaca ne realizza diversi, mostrando che l’architettura non è un capriccio ma veicolo di sviluppo. Gli stessi alberghi, in particolari i tre realizzati per l’imprenditore illuminato Orazio Torrente, diventeranno a loro volta spazi in cui ospitare i partecipanti alla manifestazione Architects Meet in Selinunte.
Oggi si parla tanto di architetto condotto, una parola che a me personalmente piace poco perché corre il rischio di sminuire la quantità di lavoro che occorre mettere in gioco nelle realtà locali, con interventi che non si limitano alla somministrazione di qualche aspirina o semplice intervento chirurgico, ma richiedono operazioni complesse, diversificate, che hanno bisogno dell’apporto di più soggetti e specializzazioni. Certo è che pochi architetti hanno lavorato con tanta energia producendo così numerosi interventi di qualità per il loro territorio. Dicevamo del municipio e degli alberghi. Vi sono poi gli edifici di civile abitazione, gli spazi per il divertimento e il commercio, i servizi pubblici. Anche se nel loro insieme non riescono a ridisegnare la città, troppo ampia e dilatata, servono a mostrare quanto si possano migliorare le nostre realtà urbane. Ma, ovviamente, per ottenere risultati, occorre credere nell’architettura, trovare politici che si rivelino buoni committenti, darsi da fare affinché gli steccati siano abbattuti e non innalzati. Il merito di Orazio La Monaca è mostrare che è possibile farlo a Castelvetrano e non a Basilea o a Zurigo.
‒ Luigi Prestinenza Puglisi
Architetti d’Italia #1 – Renzo Piano
Architetti d’Italia #2 – Massimiliano Fuksas
Architetti d’Italia #3 – Stefano Boeri
Architetti d’Italia #4 – Marco Casamonti
Architetti d’Italia #5 – Cino Zucchi
Architetti d’Italia#6 – Maria Giuseppina Grasso Cannizzo
Architetti d’Italia#7 – Adolfo Natalini
Architetti d’Italia#8 – Benedetta Tagliabue
Architetti d’Italia#9 – Michele De Lucchi
Architetti d’Italia#10 – Vittorio Gregotti
Architetti d’Italia#11 – Paolo Portoghesi
Architetti d’Italia#12 – Mario Cucinella
Architetti d’Italia #13 ‒ Mario Bellini
Architetti d’Italia #14 ‒ Franco Purini
Architetti d’Italia #15 ‒ Italo Rota
Architetti d’Italia #16 ‒ Franco Zagari
Architetti d’Italia #17 ‒ Guendalina Salimei
Architetti d’Italia #18 ‒ Guido Canali
Architetti d’Italia #19 ‒ Teresa Sapey
Architetti d’Italia #20 ‒ Gianluca Peluffo
Architetti d’Italia #21 ‒ Alessandro Mendini
Architetti d’Italia #22 ‒ Carlo Ratti
Architetti d’Italia #23 ‒ Umberto Riva
Architetti d’Italia #24 ‒ Massimo Pica Ciamarra
Architetti d’Italia #25 ‒ Francesco Venezia
Architetti d’Italia #26 ‒ Dante Benini
Architetti d’Italia #27 ‒ Sergio Bianchi
Architetti d’Italia #28 ‒ Bruno Zevi
Architetti d’Italia #29 ‒ Stefano Pujatti
Architetti d’Italia #30 ‒ Aldo Rossi
Architetti d’Italia #31 ‒ Renato Nicolini
Architetti d’Italia #32 ‒ Luigi Pellegrin
Architetti d’Italia #33 ‒ Studio Nemesi
Architetti d’Italia #34 ‒ Francesco Dal Co
Architetti d’Italia #35 ‒ Marcello Guido
Architetti d’Italia #36 ‒ Manfredo Tafuri
Architetti d’Italia #37 ‒ Aldo Loris Rossi
Architetti d’Italia #38 ‒ Giacomo Leone
Architetti d’Italia #39 ‒ Gae Aulenti
Architetti d’Italia #40 ‒ Andrea Bartoli
Architetti d’Italia#41 ‒ Giancarlo De Carlo
Architetti d’Italia #42 ‒ Leonardo Ricci
Architetti d’Italia #43 ‒ Sergio Musmeci
Architetti d’Italia #44 ‒ Carlo Scarpa
Architetti d’Italia #45 ‒ Alessandro Anselmi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati