Zeus Machine, il film dei Zapruder in anteprima a Lo schermo dell’arte Film Festival a Firenze

Il rapporto col mito alla base di un film d’arte diviso in “fatiche”. Il collettivo Zapruder presenta il suo nuovo progetto a Firenze in una serata che vedrà protagonisti anche Peter Greenaway e Rä di Martino.

La nuova impresa filmica del collettivo Zapruder (formato da David Zamagni, Nadia Ranocchi e Monaldo Moretti) viene presentata alla 11esima edizione di Lo schermo dell’arte Film Festival (14 – 18 novembre 2018, Firenze). Un progetto che unisce instancabilmente realtà e finzione creando un vero incrocio tra queste due dimensioni. Il titolo del film è Zeus Machine che mette al centro del racconto la figura di Ercole, eroe mitologico celebre per le fatiche che dovette compiere per aggiudicarsi un posto nell’Olimpo. Gli artisti di Zapruder danno voce all’umanità di questo personaggio, espressa nella scultura dell’Ercole Farnese che, non a caso, appare all’inizio del film, scorgendola in una varietà di azioni compiute da “eroi” comuni nella loro quotidianità. Con un metodo rigoroso, quasi un’indagine antropologica sul campo, il gruppo è andato alla ricerca nella contemporaneità di queste forme archetipiche del mito per dimostrare come queste pervadano ancora oggi l’agire umano. Zeus Machine è un film suddiviso in capitoli chiamati per l’appunto “Fatiche” al cui interno si trovano vari casi. Il pubblico potrà vedere in anteprima questo nuovo progetto di Zapruder alla Opening Night di Lo schermo dell’arte Film Festival il 14 novembre. Abbiamo incontrato il collettivo, ed ecco come ha risposto alle nostre domande.

Nei prossimi giorni presenterete il film Zeus Machine a Firenze, cosa vi affascina maggiormente di mito e mitologia?
Il mito è l’esempio di tutto e Zeus Machine è un film di esempi sul mito di Ercole, il supereroe figlio di Zeus, che si dice venne concepito in una notte lunga tre giorni. Ecco, il tempo nel mito assume qualità misteriose, produce una sospensione nella progressione sequenziale del tempo, introduce la durata, il presente, l’istante di eternità dove immobilità e accelerazione accadono in simultanea. Il tempo nel mito è denso, si stratifica, e da questo punto di vista si potrebbe dire che il mito è una statua che si anima, una scultura di tempo.

Quanti e quali sono gli artisti coinvolti in questo progetto?
Questo è un film composto da 12 episodi incentrati su un unico soggetto, ma interpretati da personaggi sempre diversi. Ogni episodio gode della partecipazione di tanti artisti provenienti da ambiti eterogenei: la musica, il cinema, il teatro, lo sport, la danza, la scultura, il design. È un film corale che mette insieme varie generazioni: dai futuri creativi, come gli studenti dello IUAV di Venezia o dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, ai divi di Hollywood e Cinecittà, come Sergio Fantoni, che dà la voce all’Ercole del nostro prologo e introduce lo spettatore alla Zeus Machine.

L’Opening Night di Lo schermo dell’arte vi vedrà presenti accanto a Peter Greenaway e Ra di Martino. C’è un filo rosso che in qualche modo unisce le vostre arti e storie?
Potremmo dire che quello che ci unisce è lo schermo: prima di tutto quello che dà il titolo al festival che ci ospiterà, e poi lo schermo di proiezione, che ognuno di noi, col proprio lavoro, intende esteso oltre la sala cinematografica e installato nei musei, nei teatri, nelle piazze, nelle camere. È difficile spiegarlo in breve, ma la risposta potrebbe trovarsi nel palindromo bilingue che recita: “in arts it is repose to life – è filo teso per siti strani”.

Per concludere, Lo schermo dell’arte è una manifestazione che unisce più discipline artistiche, secondo voi come si incontrano cinema e arte?
Quella tra cinema e arte è una collisione continua e inevitabile, e ogni volta produce l’effetto di un meteorite in procinto di cadere sulla terra: il solo pensiero suscita quell’ambivalenza tipicamente mitica tra il desiderio che l’inanimato si animi e l’orrore che il vivente si pietrifichi.

Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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