Il fotografo Antonio Ottomanelli (Bari, 1981) continua a evolversi e porta in mostra a Innsbruck parte del suo progetto Santuario Europa. Originario di Bari, nel 2009 avvia Collateral Landscapes, un’indagine sugli spazi pubblici come luoghi di conflitto, che si rivela centrale nella sua opera fino a oggi. Specters of now ‒ letteralmente “gli spettri di adesso” ‒ è parte di Santuario Europa, un progetto di opere video e fotografiche site specific dedicate ai luoghi degli attentati terroristici. Realizzata con la galleria Km0 e curata da Adelaide Santambrogio, la mostra è un’occasione per riflettere su un tema caldo e attuale oltre la paura generata dal terrorismo: la scomparsa dello spazio pubblico in Occidente.
LA MOSTRA
Gli “spettri di adesso” sono i due elementi che compongono la mostra di Antonio Ottomanelli a Innsbruck. La prima è un’installazione ambientale, una serie di casseforme di asfalto ognuna delle quali fa riferimento a un’area geografica del globo. La dimensione della cassaforma visualizza per dimensione il numero di morti dovuto agli attentati terroristici e il suo rapporto percentuale rispetto al numero globale di morti in altri tragici accadimenti. La seconda parte dell’opera è costituita da due polittici che evocano due tra i più dolorosi attentati europei: quello di Berlino ‒ 19 dicembre 2016, che ha provocato 12 morti e 56 feriti tra gli avventori di un mercatino di Natale ‒ e quello di Sesto San Giovanni, in provincia di Milano, dove il 23 dicembre 2017 è stato ucciso in un conflitto a fuoco il terrorista Anis Amri, in fuga dopo l’attentato nella capitale tedesca. Entrambi sono composti da due elementi: la fotografia della porzione di asfalto dove giaceva il cadavere e la porzione di cielo corrispondente a quel preciso spazio, “come fosse l’ultimo sguardo”, dice Antonio Ottomanelli, che ha realizzato le immagini nello stesso giorno e alla stessa ora dei rispettivi accadimenti. Ma se nel primo polittico sceglie di fotografare la parte di spazio pubblico dove si trovava una delle vittime dell’attentato di Berlino, nel secondo inserisce l’immagine del suolo di Sesto San Giovanni dove è caduto a terra, dopo il conflitto a fuoco con le forze dell’ordine, il terrorista Anis Amri. “L’immagine dell’asfalto rappresenta in maniera capitale e drammatica la condizione di vittima e paradossalmente parifica e accomuna vittima e attentatore. Queste fotografie sono pensate come reperti o simboli di dubbia autenticità a cui associamo identità e significati convenzionalmente riconosciuti. Il dubbio è una condizione voluta e progettata affinché il visitatore si interroghi sull’identità di questi simboli, di questi reperti chiedendosi se appartengano ai caduti o al carnefice. In questo modo sono rappresentati entrambi come vittime e quindi si innesca un confronto tra l’idea di terrore e le sue espressioni sociali nel contesto europeo”. È infatti noto a tutti come il numero di vittime nel mondo occidentale ‒ rispetto al mondo arabo, al Nord Africa e all’Africa Subsahariana o l’Asia centrale ‒ sia decisamente inferiore. Nell’installazione ambientale di Antonio Ottomanelli le vittime si traducono in questa opera fisica, casseforme piene di cemento, che quasi scompaiono nel contesto Europeo.
IL TEMA DELLO SPAZIO PUBBLICO
Oltre al tema più intuitivo, quello del terrore e delle sue espressioni, il lavoro riflette in maniera ampia sul tema dello spazio pubblico e della sua scomparsa nel quotidiano europeo e dell’America del Nord. In Occidente, dove il terrorismo islamico ha provocato un numero decisamente inferiore di vittime rispetto a territori asiatici come l’Iraq ‒ a Baghdad, per dirne una, Ottomanelli ricorda le oltre 3mila vittime dell’anno in corso rispetto alle circa 50 in Europa ‒, “siamo disposti ad accettare strategie di controllo capillari e massive per difenderci da una rete criminale (perché tale è) che si dimostra assolutamente minore e ancora più relativa se paragonata a strutture criminali resilienti come la ‘ndrangheta”. Ottomanelli lancia un messaggio molto forte con il progetto Santuario Europa, che diventa una sorta di manifesto del suo pensiero: “in Occidente scompare lo spazio pubblico perché le autorità (e il pubblico stesso) attraverso il controllo trasformano il luogo dell’imprevedibilità per eccellenza in un luogo del controllo e della retorica del decoro, trafficato impropriamente come rigenerazione urbana. Il decoro, questa falsificazione, non è altro che la cancellazione dell’imprevedibilità, una volontà di controllare le nostre relazioni ed espressioni. Lo spazio pubblico, per definirsi tale, deve essere il luogo del conflitto. Un conflitto che può essere sublimato e diventare arte, come avviene per esempio nelle arti marziali”.
IL LUTTO
In un testo del 2016 su Specters of now, Nora Akawi ‒ architetto attivo su Amman e New York e curatrice di Studio-X Amman, una piattaforma regionale di ricerca in architettura promossa dalla Columbia University’s Graduate School of Architecture, Planning and Preservation (GSAPP) ‒scrive: “Nel lutto, il tempo si allunga tanto nel passato quanto nel futuro. Nella sua relazione con il tempo, il lavoro di Antonio Ottomanelli presentato in questa mostra è un invito a unirsi a un atto di lutto: lutto per la perdita di vite, di diritti, di autodeterminazione, di futuri. Gli eventi sono deliberatamente esclusi, distanziati, e fatti tornare allo spettatore come spettri inquietanti. Attraverso questa attenta osservazione di ciò che l’autore chiama tensione di fondo degli eventi, la percezione del tempo da parte dello spettatore viene estesa attraverso ogni fotografia tra ciò che è stato e ciò che deve ancora diventare. Si può sostenere che è da dentro questo divario, tra l’iscrizione del passato e i rischi futuri dell’oblio, che è possibile contemplare un possibile futuro”. Il lutto inteso come perdita di vite, e non solo, perdita di identità per il mondo occidentale, che, offuscato dalle paure e dal terrore, risulta perdente. Perdente non solo di vite, ma anche di valori e di dignità. Così Antonio Ottomanelli conclude la nostra intervista aggiungendo il suo personale parere: “Questo lavoro penso sia il manifesto che prova, in maniera inconfutabile, la mia contrarietà a qualsiasi tipo di limitazione della libertà individuale. Io sono contrario alla militarizzazione dello spazio pubblico. A qualsiasi costo”.
‒ Bianca Felicori
Innsbruck // fino al 18 gennaio 2019
Specters of now. Giovanni Hänninen – Antonio Ottomanelli – Paul Leitner
KM0 GALLERY
Bozner Platz 2
www.km0.at
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