Correva l’anno 1998: il Tuffatore di Dorfles, la morte di Munari, Shepard Fairey diventa Obey
Nuovo episodio di “Correva l’anno”, la rubrica settimanale di Artribune che racconta i fatti dell’arte del passato senza pretese di esaustività storica e con un occhio all’attualità. Questa volta parliamo del 1998
Nel 2018 ricorre il ventesimo anniversario della mostra Il Tuffatore di, curata da Gillo Dorfles insieme a Piero Lista, ideatore del Museo Materiali Minimi di Arte Contemporanea (MMMAC) a Capaccio: una collettiva di 18 artisti italiani sulla variazione del tema della lastra tombale più famosa di Paestum, chiamando a partecipare alla rilettura nomi come Enzo Cucchi, Emilio Tadini,Guido Crepax, Pablo Echaurren, Enrico Baj, Altan, Tullio Pericoli, Pomodoro e Paladino. Per l’occasione, Spazio Paestum ospita fino al 6 gennaio una nuova edizione “aggiornata” della mostra. Ma cos’altro è successo di preponderante nell’arte in quello scorcio di fine anni ’90 del secolo scorso? Dalla morte di Bruno Munari, ricordato da una mostra presso la Fondazione Plart di Napoli alla trasformazione dell’artista statunitense Shepard Fairey nel famoso street artist Obey, ecco una selezione di fatti d’arte da ricordare…
– Claudia Giraud
IL TUFFATORE DI GILLO DORFLES
Nato nel 1996 in prossimità dell’area archeologica di Paestum, il Museo dei Materiali Minimi, che si avvale della consulenza del critico d’arte Gillo Dorfles, invita nel 1998 diciotto artisti, tutti diversi tra loro per stile, poetica e pratica, a una singolare sfida: a ciascuno recapita la serigrafia del “Tuffatore”, ma nella riproduzione del famoso disegno sono presenti solo la cornice, gli alberi, il mare e il trampolino – senza la figura del giovane che si protende nel vuoto verso l’acqua. Giocando sull’assenza del protagonista, gli illustratori riempiono, così, lo spazio bianco dando libero sfogo alla loro creatività. Oggi, alla mostra originaria si aggiunge una nuova, inedita opera realizzata da Gillo Dorfles – scomparso lo scorso 2 marzo all’età di 107 anni -: un “Tuffatore” d’eccezione disegnato dal grande critico, intellettuale e artista, molto legato alla città di Paestum, in occasione dei cinquant’anni dalla scoperta della celebre Tomba del Tuffatore.
LA MORTE DI BRUNO MUNARI E LA MOSTRA A NAPOLI
Il 1998 è l’anno della morte di Bruno Munari (Milano 1907-1998), uno dei massimi protagonisti dell’arte, del design e della grafica del XX secolo, autore di una ricerca multiforme che esplora la relazione fra le discipline e l’interscambio fra il concetto di opera e quello di prodotto, fra forma e funzione. Come nel caso delle Proiezioni a luce fissa e delle Proiezioni a luce polarizzata, realizzate negli anni Cinquanta del secolo scorso, con cui Munari porta a compimento la sua ricerca volta a conquistare una nuova spazialità oltre la realtà bidimensionale dell’opera. Questa parte peculiare della sua complessa e variegata produzione artistica sarà per la prima volta presentata a Napoli, a seguito della ricerca condotta dalla Fondazione Plart, che ha svolto un accurato lavoro scientifico di digitalizzazione dei vetrini che saranno proiettati in specifici ambienti della mostra Bruno Munari. I colori della luce, in programma presso la sua sede dal 30 novembre 2018 al 20 marzo 2019.
SHEPARD FAIREY DIVENTA IL FAMOSO STREET ARTIST OBEY
Il 1998 è anche l’anno in cui Frank Shepard Fairey (Charleston, 15 febbraio 1970) si ribattezza in OBEY Giant, il marchio creato nel 1989 grazie al quale diventa famoso come graffitista. Quell’anno, infatti, idea e realizza l’iniziativa Andre the Giant Has a Posse; dissemina i muri della città con degli adesivi (stickers) che riproducono il volto del lottatore di lotta libera André the Giant; gli stessi sono stati poi replicati da altri artisti in altre città. Lo stesso Fairey ha poi spiegato che non vi era nessun significato particolare nella scelta del soggetto, il senso della campagna era quello di produrre un fenomeno mediatico e di far riflettere i cittadini sul proprio rapporto con l’ambiente urbano. Ma, la fama di OBEY raggiunge l’apice nel 2008, quando realizza il poster Hope con il volto di Barack Obama per le elezioni presidenziali negli Stati Uniti (poi acquistato dalla U.S. National Portrait Gallery). La mostra Make art not war, in programma dal 24 novembre fino al 22 dicembre presso Rosso20sette arte contemporanea a Roma, vuole raccontare tutto questo in un percorso di 20 anni – dal 1998 ad oggi -, dove saranno presenti in mostra opere storiche come Mail man, Giant Air Worldwide, Big Brother, Obey Air, Love unites, Angela Rought e la famosa opera Peace Girl che dà il titolo all’esposizione.
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