Fabrizio Cotognini – Acheropita
“Acheropita” la personale di Fabrizio Cotognini chiude “Cambi di rotta”, il ciclo di mostre allo Spazio K della Galleria Nazionale delle Marche
Comunicato stampa
“Acheropita" la personale di Fabrizio Cotognini con la quale si conclude Cambi di rotta, il ciclo di mostre curate da Umberto Palestini e ospitate nello Spazio K della Galleria Nazionale delle Marche. L'evento, già segnalato da significative riviste italiane, assume particolare importanza in quanto rappresenta la prima personale dell'artista marchigiano dopo la recentissima vittoria del 19° premio Cairo, consegnato nella prestigiosa cornice di Palazzo Reale a Milano. L'artista, nato nel 1983 a Macerata dove si diploma in Pittura e Scultura all'Accademia di Belle Arti, attualmente vive e lavora a Civitanova Marche.
La sua ricerca è principalmente legata ad una rivisitazione contemporanea del patrimonio culturale dell'arte classica, attraverso lo strumento del disegno con il quale l'artista crea singolari e affascinanti accostamenti iconografici.
Umberto Palestini, nell'introduzione al suo lavoro, scrive che «l'autore diventa una sorta di sciamano che mescola elementi visivi emblematici di un trascorso artistico entrato nell'immaginario, inventando una personale archeologia in cui l'antico viene completamente destrutturato. In tale processo la citazione viene rinnegata con il suo sterile bagaglio nostalgico, mentre all'orizzonte Cotognini fa intravedere le singolari coordinate di una suggestiva concezione alchemica. L'artista non sceglie una pratica antiquariale, nonostante frequenti negozi di antichità in cerca di materiali e oggetti che diventano materia prima di molti suoi lavori, ma sposa una visione esoterica con la quale indaga le misteriose prospettive che regolano il mondo dominato dal segreto.
Approdando nel Palazzo Ducale di Urbino, Cotognini non poteva lasciarsi sfuggire la straordinaria occasione di confrontarsi con un celebre autore quale Paolo Uccello, e una delle sue opere capitali: il Miracolo dell'Ostia profanata, conservata in questo tempio dell'arte. Due sculture evocano i coniugi ebrei che avevano acquistato l'ostia e saranno tragicamente giustiziati insieme ai loro figli. Per rievocare la predella, che ha un andamento narrativo e formale molto caro all'artista, egli sceglie, con uno scarto concettuale, due opere tridimensionali omaggiando uno dei grandi maestri della prospettiva nella storia dell'arte. A contorno, una serie di teche monumentali e minimal ospitano una sequenza di disegni, assemblaggi grafici, schizzi su acetati sovrapposti ad immagini. Un procedere poetico costruito su contaminazioni linguistiche, ma anche su puri e rigorosi disegni di mirabile fattura, a testimonianza della preziosa ricerca di un autore colto, ammaliato dall'antico, ma capace di rivitalizzarlo facendolo riemergere dall'oblio.
La magia che Cotognini riesce a creare va cercata nella sua capacità di non chiudersi nel claustrofobico spazio del trascorso, ma di abbracciare il multiforme e felice dominio dell'eclettismo dove le immagini risplendono a nuova vita, ricordandoci quanto sia essenziale, dinamico e prezioso il nostro passato. L'artista realizza immagini poetiche, miracolose, quasi non fossero fatte da mani umane: acheropita».