Pittura lingua viva. Parola a Gianluca Di Pasquale
Viva, morta o X? Quattordicesimo appuntamento con la rubrica dedicata alla pittura contemporanea in tutte le sue declinazioni e sfaccettature attraverso le voci di alcuni dei più interessanti artisti italiani: dalla pittura “espansa” alla pittura pittura, dalle contaminazioni e slittamenti disciplinari al dialogo con il fumetto e l’illustrazione fino alla rilettura e stravolgimento di tecniche e iconografie della tradizione.
Gianluca Di Pasquale (Roma, 1971) vive e lavora a Milano. Tra le mostre personali recenti: Galleria Monica De Cardenas, Lugano, 2017; Galleria Monica De Cardenas, Milano, 2014; Galleria Monica De Cardenas, Zuoz, 2012. Tra le collettive: La Collezione San Patrignano. Work in Progress, MAXXI, Roma, 2018; Work in Progress, La Collezione San Patrignano, La Triennale di Milano, Milano, 2018; AndarXPorte, Palazzo Archinto, Milano, 2017; You Can’t, Yellow, Varese, 2017; Locus Amoenus, Museo Tornielli, Ameno, 2017; Festival del Paesaggio, Casa Rossa, Anacapri, 2016; Don’t shoot the painter. Paintings from the UBS Art Collection, Galleria d’Arte Moderna, Milano, 2015; Tra Cielo e Terra, The Workbench, Milano, 2015; Public Privacy, Studio 6, Milano, 2015; Possibilità di un’isola, via Carlo Farini 68, Milano, 2014; Alcuni Paesaggi, CARS, Villa Giulia, Verbania, 2014; La Logica del Tornasole, CARS, Omegna, 2013; “Visible/Invisible”: A deep breath inside our mind and our sight, from “Noumeno” to “Fenomeno”, Italian Expo Pavilion, Shanghai, 2012; Travelogue, Art Incubator, Fondazione Capri, 2012; Appunti di pittura, MARCA, Catanzaro, 2011.
Come ti sei avvicinato alla pittura?
Per me è stato molto naturale. Da bambino disegnavo, come tutti. Gli altri hanno smesso e io ho continuato.
Quali sono i tuoi maestri?
I miei maestri sono stati molti ed eterogenei e continuano a cambiare, tra quelli che ho guardato con più interesse c’è sicuramente tutta l’arte italiana, da Giotto a Morandi. Tra i più recenti sicuramente Henri Matisse, Pierre Bonnard e Henri Rousseau.
Ed evidente, infatti, è proprio l’omaggio a Rousseau in un tuo ciclo di dipinti del 2014.
Rousseau l’ho guardato con più attenzione negli ultimi anni, in un periodo in cui mi sono interessato agli archetipi, e lui meglio di tutti riesce a rappresentarli con una purezza che trovo solo nei bambini. Quando dipinge un leone rappresenta un leone che non è un leone, ma allo stesso tempo è l’archetipo del leone.
Abbiamo citato Rousseau, ma la natura è da sempre centrale nei tuoi lavori. In rapporto a essa l’uomo è spesso raffigurato di piccole dimensioni, in gruppi più o meno omogenei. Nei titoli che scegli talvolta ti soffermi su uno specifico soggetto su cui sembri voler puntare maggiormente l’attenzione, penso a La lettrice del 2013 o Tuta rossa del 2017. Come nascono queste composizioni e i titoli?
Nei miei lavori la composizione è molto importante. Penso che la pittura, come la musica, debba avere due punti cardinali per far sì che prenda forma: la composizione e la ritmica, che sono funzionali alla costruzione di un’armonia. Le composizioni nascono da immagini, soprattutto da mie foto che compongo e scompongo spostando i vari personaggi. Solitamente ce n’è uno da cui parto per la costruzione del quadro che è quello che poi dà il titolo all’opera, una sorta di attore principale.
C’è anche una volontà di dare una tua lettura o interpretazione delle interazioni dell’uomo con i suoi simili e con l’ambiente?
Certamente sì: l’uomo interagisce con tutto quello che ha intorno, sia visibile che invisibile, influenzando il tutto.
Prediligi determinati formati o tecniche?
Prediligo i grandi formati e la tecnica è l’olio con i suoi tempi lunghi, che mi danno la possibilità di riflettere sul lavoro in corso.
Parlando di tempi, come convivono velocità e lentezza nel tuo lavoro?
La velocità e la lentezza sono indispensabili nella stessa misura, nel senso che, mentre dipingo, mi prendo delle grandi pause per osservare quello che ho fatto dipingendo in velocità, anche perché il gesto con cui dipingo le mie scene è molto veloce e impulsivo e, quindi, va mediato con un’attenta osservazione: una sorta di lunga riflessione che mi serve per mantenere un certo equilibrio nel quadro.
E quanto conta l’osservazione dal vero rispetto al lavoro in studio?
L’osservazione della realtà è la parte più importante perché è il punto di partenza per il mio lavoro. Altrettanto lo è lo studio, dove il tutto viene rielaborato e dove lo spunto si trasforma. Diciamo che fuori trovo il seme che faccio crescere nello… studio.
Perché la scelta della figurazione?
La scelta della figurazione nasce naturalmente. È la prima cosa che uno fa quando inizia a disegnare o a dipingere: cerca di interpretare la realtà intorno a sé.
Quali le fonti da cui attingi? Letterarie, musicali, cinematografiche…
Inconsciamente posso dire che le uso tutte. La musica è importante perché per un periodo sono stato musicista, la letteratura perché spesso mi dà la possibilità di immaginare paesaggi o scene, il cinema per la potenza di alcune immagini e gli effetti che non ci sono nella realtà, ma in fondo consciamente mi sembra di non usarne nessuna.
Nei tuoi lavori percepisco una forte attenzione al dettaglio minuto, ai pattern, su cui tu insisti, per esempio, in una serie che sembra discostarsi dal tuo percorso abituale, quella del 2010-11 in cui presenti figure femminili di spalle… Come sono nati questi ritratti/non ritratti? Il punctum della composizione diventa la schiena della modella che si trasforma quasi in un’ulteriore tela in cui sperimenti decori e texture. In realtà diventa anche una sorta di passaggio artificiale…
L’ispirazione è nata in un bar mentre ordinavo un caffè: davanti a me c’era una ragazza di spalle con una semplice camicia a fiori: un’immagine che banalmente capita a chiunque in un bar, ma, in quel momento, per un piccolo istante, quell’immagine che veniva dai miei sensi era al di fuori dello spazio e del tempo. Posso tranquillamente chiamarla una visione, che poi ho cercato di trasformare in un quadro.
Come si sono evoluti i tuoi lavori dal 2003 a oggi? Ci sono degli elementi ricorrenti, la natura e il paesaggio, di cui si parlava prima, la figura umana, ma mi sembra di vedere talvolta approcci più “espressionisti”, anche nell’uso del colore, talvolta esiti più minimali, concettuali…
Nei miei quadri, se guardati con attenzione, convivono diversi modi di dipingere. Come dici tu, c’è un modo più gestuale, che io chiamerei “microgestuale”, fatto di piccole pennellate, con il quale dipingo le mie scene, ma il risultato finale è sempre una pittura contemplativa.
Nelle tue opere spesso predomina il bianco. Sono molto precise, essenziali, evanescenti, ma al contempo ricche di particolari. Il vuoto si fa pieno, pochi tratti ed elementi concorrono a definire il tutto…
In effetti il bianco è sempre presente nei miei quadri. È quel vuoto che permette di far apparire le figure. Come dire, è quel vuoto che c’è tra una stella e l’altra e che permette di farle brillare, altrimenti non riusciremmo a vederle.
Per concludere, cosa pensi della pittura italiana contemporanea?
Penso che stia vivendo un buon momento. Ci sono tanti artisti giovani molto bravi e che fanno tanta ricerca e tanta bella pittura. Spero che presto ne prendano atto anche le istituzioni e la critica, che sembra latitare soprattutto sulla pittura.
‒ Damiano Gullì
Pittura lingua viva #1 ‒ Gabriele Picco
Pittura lingua viva #2 ‒ Angelo Mosca
Pittura lingua viva #3 ‒ Gianluca Concialdi
Pittura lingua viva #4 – Michele Tocca
Pittura lingua viva #5 ‒ Lorenza Boisi
Pittura lingua viva#6 ‒ Patrizio Di Massimo
Pittura lingua viva#7 ‒ Fulvia Mendini
Pittura lingua viva#8 ‒ Valentina D’Amaro
Pittura lingua viva#9 ‒ Angelo Sarleti
Pittura lingua viva#10 ‒ Andrea Kvas
Pittura lingua viva#11 ‒ Giuliana Rosso
Pittura lingua viva#12 ‒ Marta Mancini
Pittura lingua viva #13 ‒ Francesco Lauretta
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