La Casa da Arquitectura di Porto compie un anno. Parola a Nuno Sampaio
In occasione della mostra “Infinito Vão. 90 anos de Arquitectura Brasileira”, alla Casa da Arquitectura di Matosinhos, abbiamo incontrato Nuno Sampaio. Direttore esecutivo e curatore generale dell’istituzione portoghese, in questa intervista traccia un bilancio del primo anno di attività e anticipa gli ambiziosi piani per il futuro.
Nuno Sampaio è direttore esecutivo e curatore generale della Casa da Arquitectura di Matosinhos, nei pressi di Porto. Nell’ambito dell’esperienza di Infinito Vão, Sampaio collabora con Fernando Serapião e Guilherme Wisnik alla programmazione degli eventi paralleli – sviluppati su tutta la durata della mostra, a cavallo tra Portogallo e Brasile – oltre a essere main curator della piccola esposizione satellite Duas Casas de Paulo Mendes da Rocha, inaugurata in concomitanza con la grande retrospettiva brasiliana. Ad Artribune, Sampaio descrive il progetto di un’istituzione giovane e ambiziosa, radicata nel suo territorio ma aperta alla competizione internazionale, e interessata innanzitutto a costruire relazioni: tra il mondo della ricerca e quello della comunicazione, tra gli archivi come luogo di conservazione e la curatela quale momento di rilettura critica di un patrimonio, tra gli specialisti dell’architettura e il grande pubblico.
Qual è il suo ruolo all’interno della Casa da Arquitectura?
Quattro anni fa, nel 2014, l’allora sindaco di Matosinhos Guillermo Pinto mi ha chiamato a svolgere una funzione duplice. Sono direttore esecutivo e curatore generale: questo significa che da un lato sono un general manager, responsabile del “funzionamento” dell’istituzione, ma dall’altro ho un ruolo creativo, di definizione di una vision generale, alla quale rimandino tutte le attività della Casa da Arquitectura.
Come descriverebbe questa vision? Quali sono gli obiettivi della Casa da Arquitectura e a quali pubblici si rivolgono le sue attività?
Gli architetti – progettisti e studiosi della disciplina – sono naturalmente uno dei target a cui ci rivolgiamo. Ma siamo interessati soprattutto a dialogare con il grande pubblico. Attraverso le nostre attività miriamo a sensibilizzare all’architettura un numero sempre maggiore di persone, con una particolare attenzione verso tutti quegli attori – pubblici e privati, istituzionali e aziendali – che partecipano alla costruzione della città e del territorio. Non si tratta solo di far conoscere l’architettura come oggetto concluso, pronto all’uso. In Portogallo, ad esempio, esiste da tempo una coscienza diffusa del fatto che la buona architettura è un elemento importante per la definizione del benessere di chi la abita e la vive. In pochi, però, sono consapevoli della complessità del processo di progettazione e costruzione. Questo fa sì che molto raramente gli architetti siano messi in condizione di esercitare la loro professione al meglio. Una delle funzioni della Casa da Arquitectura, che non esiterei a definire “sociale”, è raccontare al grande pubblico il processo architettonico, e convincere una platea sempre più ampia a rivolgersi ad architetti professionisti per realizzare i propri progetti, assicurando loro i requisiti minimi per svolgere il loro lavoro.
La Casa da Arquitectura è una realtà giovane, con poche decine di mesi di vita alle spalle. Perché e come è nata l’idea di questa istituzione?
La Casa da Arquitectura nasce innanzitutto su iniziativa del sindaco di Matosinhos, Guillermo Pinto. Matosinhos, città natale di Álvaro Siza a pochi passi da Porto, è certamente un luogo simbolo dell’architettura portoghese. Pinto ha compreso l’importanza dell’architettura nel contesto della sua città e del Portogallo, ma anche l’estrema rilevanza dell’architettura portoghese nella storia mondiale di questa arte. È possibile scrivere una storia della musica moderna e contemporanea senza considerare il Portogallo? Probabilmente sì. E lo stesso vale per la pittura e per altre discipline, ma non per l’architettura. Paradossalmente, però, l’architettura era la sola area della cultura per la quale il governo portoghese non si era speso nella creazione di un’istituzione di ricerca e promozione dedicata. Così, la Casa da Arquitectura nasce come un’iniziativa locale, ma colma un vuoto importantissimo su scala nazionale.
… E ha grandi ambizioni internazionali. Come vi relazionate con istituzioni per certi versi simili alla vostra, ma più consolidate e dalla storia più lunga, come il CCA di Montréal e la Cité de l’Architecture di Parigi?
La Casa da Arquitectura, rispetto al CCA e alla Cité de l’Architecture, si focalizza innanzitutto sulla programmazione di mostre ed eventi aperti al pubblico, che sono una parte centrale delle nostre attività rispetto alla conservazione di materiali e informazioni. D’altra parte, anche noi ci stiamo impegnando nella costituzione di un grande archivio, in questo similmente ad altri musei, come il MoMA e il Centre Pompidou. L’operazione che stiamo svolgendo sul piano archivistico, però, ha una sua specificità: se il MoMA spesso si concentra su un solo progetto di un solo architetto – penso, ad esempio, al Museo Iberê Camargo di Álvaro Siza –, documentandone tutti i dettagli, dal primo all’ultimo disegno, e mentre il Centre Pompidou costruisce sostanzialmente una collezione di opere d’arte, disegni e modelli anche isolati, la Casa da Arquitectura vuole creare fondi trasversali. Come dimostrano la nostra Brazilian Architecture Collection, ma anche la nostra collezione portoghese, i nostri fondi si concentrano su un determinato territorio – che non corrisponde per forza a una nazione – in un preciso lasso di tempo.
Come sono finanziate le attività della Casa da Arquitectura?
Allo stato attuale, riceviamo finanziamenti sia pubblici che privati: il comune di Matosinhos, il governo portoghese, numerosi partner ecc. Una parte dei nostri introiti proviene anche dalla libreria, dalla gestione delle visite alle architetture di Álvaro Siza a Matosinhos e dintorni, e dall’affitto di alcuni spazi interni alla nostra struttura, anche per eventi non direttamente connessi al mondo dell’architettura. Mi sembra importante, infine, sottolineare un dettaglio: se istituzioni come la Casa da Música e il Museo Serralves sono state costituite anche a partire da fondi governativi, nel nostro caso il processo ha funzionato all’inverso. Per prima cosa abbiamo attivato la Casa da Arquitectura, e con il progetto già in corso abbiamo ottenuto dal governo una parte dei fondi necessari per potenziarne le attività su scala nazionale e internazionale.
‒ Alessandro Benetti
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