Legge di Bilancio, ecco cosa potrebbe accadere alla cultura. A rischio il MAXXI di Roma
Passata la scorsa notte al Senato, la manovra economica firmata dal governo M5S-Lega riguarda anche il settore culturale del Paese. Se approvata alla Camera, verrebbero più che dimezzati i fondi destinati al MAXXI di Roma
Lavoro, fisco, sanità sono i temi che i media nazionali in queste ore stanno maggiormente attenzionando del testo della manovra economica, approvata questa notte al Senato con 167 voti a favore, 78 contrari e 3 astenuti. In attesa che il testo torni alla Camera per il voto finale – per la precisione il 27 dicembre in Commissione Bilancio e dal 28 in aula –, l’Italia intera è concentrata sui temi scottanti della prima Legge di Bilancio confezionata dal governo gialloverde: reddito di cittadinanza, taglio pensioni d’oro, Quota 100. Sebbene se ne parli meno, o addirittura per niente, la manovra prevede anche misure che riguardano il settore cultura, e le sorprese non sembrano mancare: in attesa di ulteriori approfondimenti sull’argomento, intanto vi parliamo dei punti più critici della manovra “culturale”, ovvero i fondi per l’arte contemporanea e le assunzioni al Mibac.
PROMUOVERE L’ARTE ITALIANA ALL’ESTERO A SCAPITO DEI MUSEI ITALIANI (?)
Per quanto riguarda la cultura, nel testo della manovra spicca il punto che riguarda la promozione dell’arte italiana contemporanea all’estero. A questo fine, la Legge di Bilancio prevede che vengano investiti 3 milioni di euro presi dal fondo del Pac – Piano per l’arte contemporanea, “il principale strumento grazie al quale lo Stato arricchisce il proprio patrimonio di arte contemporanea attraverso acquisti, committenze, concorsi e premi. Introdotto nel 2001 (Legge 29/2001, art. 3), esso prevede uno stanziamento di fondi destinati a musei e istituzioni statali nonché alla realizzazione di opere d’arte pubblica, con l’obiettivo di avviare processi di riqualificazione delle periferie urbane”, come spiega il sito del Mibac. “Il Piano per l’arte contemporanea ha cadenza triennale. Lo stanziamento di fondi varia di anno in anno. Fino al 2008 i fondi del Pac sono stati destinati alla realizzazione del Maxxi, al quale tuttora è destinato il 50% dell’importo totale”. Riassumendo: metà dei fondi del Pac sono quindi destinati al MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo, mentre l’altra metà vengono investiti per l’incremento della collezione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e per altri progetti legati all’arte contemporanea. Per fare un esempio pratico, fino allo scorso anno il Pac contava su un fondo di 2 milioni di euro, quindi al MAXXI veniva destinato 1 milione. Nella Legge di Bilancio dello scorso anno invece il finanziamento del Piano è stato portato a 4 milioni di euro, 2 dei quali indirizzati al MAXXI. “Per la promozione dell’arte contemporanea italiana all’estero è destinata quota parte delle risorse di cui all’articolo 3, comma 1, della legge 23 febbraio 2001 numero 29, pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e a 1 milione di euro a decorrere dall’anno 2021”, si legge nell’emendamento presentato dal M5S al Senato. Ciò significa che se la Legge di Bilancio dovesse passare al prossimo step alla Camera, 3 dei 4 milioni destinati al Pac verrebbero investiti per finanziare l’arte italiana all’estero, mentre del rimanente milione, solo 500 mila andrebbero al MAXXI.
LE CONTRADDIZIONI DI UN EMENDAMENTO
La contraddizione c’è ed è evidente. Come potrebbe una manovra economica fare un emendamento che prevede la promozione dell’arte italiana all’estero sottraendo però fondi un’istituzione nazionale nata dal Ministero dei Beni Culturali? Istituzione che, tra l’altro, annovera tra gli obiettivi della propria mission anche la promozione dell’arte italiana contemporanea all’estero? Nei giorni scorsi i deputati PD della commissione Cultura Michele Anzaldi e Anna Ascani avevano duramente criticato l’emendamento M5S perché, a loro dire, metterebbe a rischio l’esistenza del MAXXI e della Gnam. “Il governo sta per assestare un pesante colpo al sistema culturale di Roma”, aveva scritto Anzaldi. “Prelevare 3 dei 4 milioni a cui ammonta il Pac, significa, di fatto, svuotare i fondi perché i due musei potranno contare solo su 500 mila euro all’anno”. Per tentare di salvare il MAXXI, è già pronto un emendamento del PD, a firma Ascani, Piccoli, Nardelli, Anzaldi, Ciampi, Di Giorgi, Franceschini, Prestipino e Rossi che chiede la soppressione del comma in questione.
LE ASSUNZIONI
“Al fine di perseguire più efficacemente le missioni istituzionali, il Ministero per i beni e le attività culturali è autorizzato, in deroga ai limiti assunzionali previsti dalla normativa vigente, nel rispetto dell’attuale dotazione organica, ad espletare procedure concorsuali per l’assunzione, a decorrere dall’anno 2020, di 500 unità di personale non dirigenziale, di cui 250 unità Area III-F1 e 250 Area II-F1 e, a decorrere dall’anno 2021, di ulteriori 500 unità di personale di qualifica non dirigenziale, di cui 250 unità Area III-F1 e 250 Area II-F1”, si legge nel testo della manovra. “Agli oneri assunzionali derivanti dall’attuazione del presente comma, pari ad euro 18.620.405 per l’anno 2020 e ad euro 37.240.810 a decorrere dall’anno 2021, si provvede a valere sulle risorse del fondo di cui all’articolo 1, comma 365, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, lettera b), come rifinanziato ai sensi del comma 1 del presente articolo”. Tradotto da burocratese significa che sì, sono previste assunzioni al Mibac, 500 nel 2020 e altre 500 nel 2021, ma non prima di novembre 2019. E questa condizione non riguarda solo il Ministero dei Beni Culturali: le assunzioni a tempo indeterminato sono rimandate di un anno anche in altri ministeri, università ed enti pubblici non economici. Quelle nelle università, in particolare, vengono posticipate al primo dicembre, con l’eccezione dei ricercatori a contratto che potranno essere quindi assunti come professori nel corso del 2019. Se le assunzioni a tempo indeterminato vengono rimandate, i contratti a tempo determinato stipulati dagli istituti e luoghi della cultura invece sono prorogati fino al 31 dicembre 2019: “al fine di fare fronte a esigenze temporanee di rafforzamento dei servizi di accoglienza e di assistenza al pubblico, di miglioramento e di potenziamento degli interventi di tutela, vigilanza e ispezione, protezione e conservazione nonché valorizzazione dei beni culturali in gestione”, si legge nel comma 182-bis del testo della manovra, “è consentita la proroga fino al 31 dicembre 2019 e nel limite di spesa di 1 milione di euro per l’anno 2019, dei contratti a tempo determinato stipulati dagli istituti e luoghi della cultura ai sensi dell’articolo 8 del decreto legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106”.
IL RADDOPPIO DELL’IRES PER LE NO PROFIT
Altra misura presente nel testo della manovra che potrebbe avere un notevole impatto sulla cultura – e non solo – è il raddoppio dell’IRES per gli enti del no profit. La Legge di Bilancio infatti abroga l’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 601, che prevede il pagamento in misura agevolata dell’IRES per gli enti non commerciali. La cancellazione dell’agevolazione fa tornare l’IRES al 24% per istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro, corpi scientifici, accademie, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche aventi scopi esclusivamente culturali.
– Desirée Maida
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