Performance e multidisciplinarietà. Intervista a Johann le Guillerm
La Festa di Roma saluta il 2019 nella Capitale con un denso programma messo a punto dalla Fondazione Romaeuropa. Qui abbiamo dato voce a uno dei protagonisti.
L’anno nuovo inaugura all’insegna della multidisciplinarietà, con la Fondazione Romaeuropa e le sue proposte per la Festa di Roma, che il primo gennaio ci dà appuntamento in alcuni dei luoghi più belli della Capitale. Tra le tante proposte della Fondazione: Virgilio Sieni (Piazza della Bocca della verità), il gruppo italiano Quite Ensemble (Piazza Sant’Anastasia), il berlinese Philippe Geist (Isola Tiberina) e l’artista francese Johann le Guillerm, che abbiamo intervistato. Per assistere alla sua performance architetturale La Transumante rendez-vous alle 16.15 al lungotevere dei Pierleoni.
La Transumante, questa installazione in movimento costituita da 160 bastoni di 3 metri di lunghezza ognuno che, senza viti né bulloni si uniscono a formare una struttura monumentale e metamorfica, mossa da dieci persone, fa parte di un progetto più ampio. Ce ne parli?
Dal 2001 tutto il mio lavoro ruota attorno a un Osservatorio sul “minino”, inteso come elemento primario e identificato con un punto. Avrei voluto fare un inventario del mondo, ma ben presto capii l’impossibilità di racchiudere il mondo intero in forme intellegibili. Decisi dunque di abbandonare il tanto grande e concentrarmi sull’irriducibile, sul “niente di che”, sulla forma primaria che avrei ritrovato sicuramente in qualsiasi forma più complessa.
Che cosa hai fatto, dunque?
Portai avanti la ricerca a partire dal mio punto di vista, senza passare dalla conoscenza stabilita. In questo percorso di conoscenza ho incontrato la matematica, la geometria, la topografia e tant’altro. Quest’Osservatorio ha generato una forma di conoscenza che è diventata una cultura e che abita tutto l’insieme dei miei lavori e La Transumante è frutto di una branchia di questa ricerca che ho definito archi-“texture” [struttura N.d.R.]. Ho iniziato a lavorare sulle strutture basiche del groviglio, maglie che si tengono in piedi autonomamente senza l’utilizzo di supporti, chiodi, colla o altro ma solo grazie all’arte dell’incastro. A partire da queste forme basiche ho costruito delle forme più complesse di incastri.
La prima di La Transumante è stata per la notte bianca a Parigi e dopo Roma questo inizio di anno andremo al Louvre di Abu Dhabi.
Vieni dal circo, che non hai abbandonato, quindi la relazione con il pubblico è per te molto importante, tanto quanto la sua reazione. In che modo il pubblico si sente coinvolto, cosa crea partecipazione?
Ciò che è interessante e crea stupore è vedere come un’opera del genere possa reggersi mentre la vediamo costruirsi e decostruirsi in continuazione. Si elimina un incastro e se ne ricostruiscono altri, il che fa sì che la struttura si sposti costantemente in un unico movimento, come le dune nel deserto, che, granello dopo granello, si muovono con un movimento lento ma costante. È lo stesso principio di movimento da cui è mossa La Transumante.
Vi è di certo un rapporto con la transumanza del bestiame. A guardarla svolgersi ci si chiede se non sia pensata come un essere organico e vivente?
Ah sì, sono il pastore dei bastoni in un certo senso! La Transumante ha qualcosa di organico perché è in costante mutazione, ma è anche una sorta di fluido solido, può raggiungere una grandezza di 200 metri quadrati e arrivare fino a 4 metri di altezza!
‒ Chiara Pirri
https://romaeuropa.net/la-festa-di-roma/
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