Linee immaginarie
Una mostra a cura di Massimo Premuda che insiste, a 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino, sul concetto di confine e frontiera, ma anche di limite e barriera con le ricerche visive di 7 artisti contemporanei, analizzando i confini fra Italia e Slovenia, ma anche fra Stati Uniti e Messico e fra Spagna e Marocco.
Comunicato stampa
Giovedì 10 gennaio alle ore 18, al DoubleRoom arti visive di Trieste, inaugura "Linee immaginarie", una mostra a cura di Massimo Premuda che insiste, a 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino, sul concetto di confine e frontiera, ma anche di limite e barriera con le ricerche visive di 7 artisti contemporanei, analizzando i confini fra Italia e Slovenia, ma anche fra Stati Uniti e Messico e fra Spagna e Marocco, attraverso gli intensi documenti video di Anja Medved e Otto Reuschel, le graffianti illustrazioni di Jan Sedmak, le asciutte fotografie di Carlo Andreasi e Lea-Sophie Lazić-Reuschel, le impossibili vedute a volo d'uccello di Pavel von Ferluh e infine lo spettacolare intervento di arte pubblica e Land Art di Elisa Vladilo.
L'esposizione rientra nel fitto calendario di iniziative di riflessione e dibattito innescate nell’ambito del programma della 30° edizione del Trieste Film Festival, organizzato dall'associazione Alpe Adria Cinema, che quest'anno celebrerà proprio i 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino con una serie di eventi cinematografici, espositivi e di approfondimento, in calendario dal 18 al 25 gennaio 2019 in diverse location a Trieste.
“Confine. In geografia politica, linea immaginaria tra due nazioni, che separa i diritti immaginari dell’uno dai diritti immaginari dell’altro.”
Ambrose Bierce
La mostra si apre con due lavori sulla caduta dei controlli di confine fra Italia e Slovenia, avvenuta il 20 dicembre 2007, presentando “Spovednica tihotapev/Confessionale per contrabbandieri”, lavoro video della regista slovena Anja Medved che proprio quella notte ha predisposto un vero e proprio video-confessionale dentro una postazione di controllo sul confine fra Gorizia e Nova Gorica per raccogliere dalle persone accorse per festeggiare lo storico evento, i loro “peccati” legati alle vicende del confine mescolandoli a immagini d'archivio dei tempi della cortina di ferro, e “Passaggi di Stato” dell'artista triestino Carlo Andreasi, reportage fotografico che documenta le postazioni di controllo appena dismesse lungo tutto il confine fra Trieste e il Carso sloveno, in una serie di scatti notturni che raccontano di luoghi abbandonati ancora pieni di vissuto e memorie.
La rassegna prosegue con due lavori visionari che insistono sempre sul confine italo-sloveno con “Visto dalla terra di nessuno”, una spettacolare veduta a volo d’uccello tutta da leggere di una nuova possibile, o impossibile, Trieste, divisa fra Trst e Trieste, di Pavel von Ferluh, che immagina i prossimi sviluppi di una città sempre però caratterizzata da un invalicabile confine, e con “Rimpasti di confine” dell'illustratore sloveno Jan Sedmak che ci fa riflettere sul bisogno di relazione trasformando una strada transfrontaliera - via di transito e comunicazione - in uno spaghetto da arrotolare con la forchetta, invitando così il pubblico a riaprirsi al dialogo: sedersi attorno a un tavolo e mangiare insieme, quale situazione più conviviale per intrecciare nuovamente i fili della Storia?
La mostra prosegue trattando altri due confini lontani dai noi geograficamente, ma molto vicini nelle dinamiche, con “Riski”, cortometraggio di Otto Reuschel che documenta in maniera molto asciutta le vicende di Mohammed, che insieme a decine di giovani ragazzi marocchini tra gli 8 e i 18 anni, vive sulle sponde del Mar Mediterraneo nel porto di Melilla, città autonoma spagnola sulla costa orientale dell’Africa del Nord, vivendo nella speranza di riuscire un giorno a salire clandestinamente su un mercantile diretto verso il continente europeo, e con “Al bordo de la linea: storie di vita al margine”, reportage fotografico di Lea-Sophie Lazić-Reuschel che con pochi ma intensi scatti racconta i sogni e le aspettative delle persone deportate dagli USA al Messico che oggi abitano nel cosiddetto Canale di Tijuana, vivendo letteralmente ai margini del paese che rappresenta il loro “sogno”, restando però anche esclusi e stigmatizzati dalla loro società di origine.
L'esposizione si chiude infine con la documentazione fotografica dello straordinario intervento di arte pubblica e Land Art “Stitching the Border” dell'artista triestina Elisa Vladilo che nel 2010 ha cucito fisicamente con picchetti e nastri dei suoi inconfondibili colori, il confine che separa l'Italia dalla Slovenia sul versante del Monte Sabotino, andando così a ricucire simbolicamente gli strappi della Storia.