È dal Settecento, da quando Pietro il Grande decise di costruire sullo sbocco del fiume Neva una nuova città – l’attuale San Pietroburgo –, che Mosca e la sua antagonista si contendono il primato culturale in Russia. Se San Pietroburgo può vantare un’origine a immagine e somiglianza delle più belle città europee e un’atmosfera molto più simile alle nostre, è sicuramente Mosca a offrire – pur non avendo il patrimonio dell’Ermitage – maggiori opportunità di scoperta per gli amanti dell’arte contemporanea.
LA STORIA ALLA TRETYAKOV
Si comincia dalla Nuova Galleria Tretyakov, un edificio in stile moderno sulla riva della Moscova, all’interno del Parco Muzeon. Quest’aggiunta alla Galleria Statale Tretyakov è stata progettata agli inizi del 1964 e terminata nel 1983. Sede della Biennale di Mosca, è attualmente il museo con la collezione più omogenea d’arte moderna e contemporanea russa. Si parte dalla prima avanguardia di Natalia Gončarova (1881-1962) e di suo marito Michael Larionov (1881-1964) e si prosegue con i suprematisti sulla scia di Kazimir Malevič (1879-1935): si trova infatti qui una delle quattro versioni del Quadrato Nero, da molti considerato l’azzeratore di tutta l’arte fino al 1915, anno della sua realizzazione.
Ci sono poi gli artisti che hanno portato l’iconografia russa nel mondo, come Marc Chagall (1887-1985) e Vassily Kandisky (1866-1944), i costruttivisti, tra cui Alexander Rodčenko (1891- 1956) e Vladimir Tatlin (1885-1953). Nel mezzanino tra i due piani del museo c’è il modello del Monumento alla Terzo Internazionale di quest’ultimo, mentre il Nudo del 1913 occupa una parete di collegamento fra l’arte ancora figurativa delle prime avanguardie e quella astratta di Malevič e Ljubov Sergeevna Popova (1889-1924).
La scelta di esporre il Nudo, sintesi fra la tradizione delle icone russe e il Cubismo, spartiacque tra i due modi di creare nel XX secolo, è tanto valida quanto quella di operare un taglio netto – a livello curatoriale – tra le avanguardie e la produzione artistica post-rivoluzionaria. A scavare il solco fra prima e dopo 1917, Bolshevik (1920) di Boris Kustodiev (1878-1927), il ritratto di un colossale bolscevico che avanza, accecato da rabbia e desiderio di rivalsa, per le strade di San Pietroburgo, sventolando il suo drappo rosso. Dietro di lui, la folla senza volto lo segue. Perplessa o simpatizzante, la visione di Kustodiev anticipa, come tecnica e temi, il Realismo socialista.
Dal Bolscevico in avanti è un susseguirsi di colori vivaci su sfondi luminosi che esaltano la patria, il governo e la quotidianità del sano, atletico e vincente popolo russo. È l’arte del regime, almeno fino a quando, dopo la morte di Stalin nel 1953, gli artisti si riappropriano di un ruolo d’opposizione. Seguono sale dedicate al Non-Conformismo, al Concettualismo e alla Sots Art (Soviet Pop Art), fino ad opere degli ultimi anni, come i video del collettivo AES+F.
SOTTO IL SEGNO DI PUŠKIN
Portandosi a est e attraversando il fiume, si arriva al Museo Puškin – la passeggiata prevede il ponte pedonale del Cristo Salvatore e magari una visita alla chiesa omonima, scelta dalle Pussy Riots nel 2014 per inscenare una delle loro performance più note.
Il palazzo neoclassico ha aperto nel 1912 grazie al triumvirato di uno storico d’arte (Ivan Cvetaev), un milionario (Jurij Stepanovič Nečaev-Mal’cov) e un architetto (Roman Ivanovič Klein). Il Puškin possiede la collezione di arte occidentale più importante a Mosca. Al nucleo iniziale di copie ottocentesche di sculture romane e greche si sono aggiunte, in seguito allo spostamento della capitale da San Pietroburgo a Mosca nel 1918, opere provenienti dall’Ermitage – tra cui la Madonna Stroganoff (La Sacra Famiglia con San Giovannino) del Bronzino (1503-1572) e i gioielli del Tesoro di Priamo.
Una serie di donazioni successive hanno riempito le sale del museo con la collezione di arte italiana dal 1200 al 1600, quella egizia di circa 6mila pezzi, alcuni dei capolavori del Seicento olandese – spicca il Ritratto di una vecchia signora di Rembrandt (1606-1669) – e le stupende collezioni di arte impressionista e post-impressionista della Galleria d’Arte Europea e Americana, particolarmente affascinanti perché di ogni artista (Braque, Cézanne, Degas, Gauguin, Lautrec, Manet, Matisse, Picasso, Renoir, van Gogh…) sono esposti i lavori più intimi e allo stesso tempo più rappresentativi delle fasi di svolta.
MECENATI E VOLTI NOTI
Continuando verso est, superata la Biblioteca di Stato, periodicamente sede del Premio Innovazione, dove vengono presentati progetti d’arte contemporanea, si arriva alla Galleria Statale Tretjakov. Tappa obbligata, il museo espone la collezione di Pavel Tretjakov (1832-1898), imprenditore, filantropo e appassionato d’arte.
Grazie alla donazione della sua pinacoteca alla città di Mosca nel 1892, allestita e catalogata dallo stesso Tretjakov, il museo riunisce tutti gli artisti del secolo d’oro: Ilya Repin (1844-1930), Valentin Serov (1865-1911), Ivan Kramskoi (1837-1887) e tanti altri, oltre a molti dei ritratti dei volti noti tra fine Ottocento e inizio Novecento, realizzati grazie a un’iniziativa di Tretjakov, il quale chiese agli artisti che sosteneva di catturare sulla tela le personalità del suo secolo. Persino Tolstoj, restio per anni alle richieste del mecenate di posare per un ritratto, cedette alle persuasioni di Kramskoi. A una sola condizione, però: che di ritratti ne fossero realizzati due, uno per il collezionista e uno per lui.
MMOMA: UN MUSEO PER 7 SEDI
Sulla scia di Tolstoj, non lontano dal Museo della Letteratura dove sono conservate delle stampe argentiche di Karl Bulla (1853-1929) – il primo fotografo di reportage in Russia – e l’unico a cui Tolstoj concesse il privilegio di immortalarlo nella residenza di Yasnaya Polyana, in occasione del suo 80esimo compleanno, c’è una delle sette (!) sedi del MMOMA.
La collezione del Museo d’Arte Moderna di Mosca è esposta in questa location attraverso un programma di monografiche e collettive. Oltre a mantenere un concetto di museo itinerante, tra gli obiettivi del MMOMA c’è quello di arricchirsi con i rimpatri di opere russe “perdute” (spesso semplicemente perché gli artisti esiliati hanno portato con sé i lavori e proseguito la carriera all’estero) a partire dagli anni pre-rivoluzionari fino e oltre la Seconda Guerra Mondiale. Il programma di acquisti e la collezione in continua evoluzione sono affiancate da un rapporto diretto con l’Accademia d’Arte: prova ne sia la Scuola d’Arte Contemporanea affiliata al museo e un ricco programma di laboratori gratuiti.
L’artista Zurab Tsereteli (1934), presidente dell’Accademia dal 1997, ha inaugurato il museo nel 1999, donando la sua collezione di circa 2mila opere di artisti del XX secolo, insieme al suo studio.
SULL’ISOLA BOLOTNY
È di Tsereteli la colossale e controversa scultura Pietro il Grande sul lembo di terra alla confluenza tra la Moscova e il canale Vodootvodny, a pochi metri dall’isola Bolotny. Chiamata anche Ottobre Rosso, l’isola è un’ex area industriale in mattoni rossi ribattezzata New Soho. Fino al 2007 sede dell’omonima fabbrica di cioccolato, in pochi anni si è reinventata come il quartiere degli hippy con i suoi negozi alternativi, le gallerie commerciali, i bar e ristoranti che si affacciano sul fiume.
Tra i suoi cortili, le viuzze e i passaggi, l’Istituto di Media Design e Architettura Strelka e la Lumière Brothers Gallery, la prima galleria fotografica di Mosca. Il centro possiede una collezione che parte dal pittorialismo e dall’avanguardia, passando per il Realismo socialista fino al fotogiornalismo degli Anni Settanta e i movimenti underground degli Anni Ottanta e rappresenta artisti russi e internazionali con un programma di mostre e conferenze.
Sempre sull’isola, l’ex centrale idroelettrica GES 2. Ancora in fase di ristrutturazione, sarà il museo d’arte contemporanea più grande di Mosca, con i suoi 40mila mq organizzati in quattro poli. Quello civico, accessibile dalla piazza con spazi aperti al pubblico; il centrale, che ospiterà la collezione della Fondazione V-A-C, collegata a una libreria e a un media hub; e infine il polo meridionale, con installazioni, ristoranti e bar. Il museo, progettato da Renzo Piano, dovrebbe aprire al pubblico nel 2019.
UN GARAGE?
Lasciando l’Ottobre Rosso e tornando a ovest verso il Gorkij Park si incontra il museo d’arte contemporanea Garage. Fondato nel 2008 da Roman Abramovich e Dasha Zhukova, è un esempio di come l’architettura post-sovietica (in origine era un padiglione prefabbricato che ospitava un ristorante) riesca, con interventi minimi, a ottenere risultati avveniristici.
Mantenendo la struttura originale a due piani e gli splendidi mosaici interni, lo studio olandese OMA ha modernizzato l’edificio con un rivestimento in policarbonato. Il nuovo spazio, una forma rettangolare minimalista e luminosa all’interno del parco, con il suo programma di mostre – su artisti sia russi che internazionali –, un centro di laboratori e formazione, il cinema, una casa editrice oltre a una libreria ben fornita e il ristorante, è un punto di riferimento e di ricerca per tutte le persone interessate all’arte contemporanea.
VERSO NORD
Raccomandazione: non perdetevi il Winzavod, cittadella dell’arte fondata nel 2007 da un investimento privato sulla ristrutturazione di un’antica azienda produttrice di birra. Dedicato a fotografi, ma anche a scrittori, musicisti, attori, stilisti, il centro si propone di promuovere l’arte contemporanea mantenendo un approccio interdisciplinare e ospita alcune gallerie commerciali, spazi espositivi, ristoranti, bar, showroom, negozi e centri culturali per corsi e laboratori.
Più a ovest c’è invece il Museo dell’Ebraismo e della Tolleranza. Inaugurato nel 2012, è tra i più grandi al mondo e sicuramente tra i più interessanti. Sfruttando il vecchio e avveniristico garage per autobus progettato dagli architetti Konstantin Melnikov (1890-1974) e Vladimir Shukhov (1853-1939) negli Anni Venti del secolo scorso, il museo è il frutto del lavoro del prestigioso studio dell’ebreo americano Ralph Appelbaum. Con la sua struttura esterna inalterata e l’interno reinventato in un unico spazio interattivo di 8.500 mq, è tra gli esempi più vincenti di edutainment.
Gli ambienti espositivi comprendono un cinema in 4D, dove si proietta la storia biblica dalla creazione del mondo fino alla fuga dall’Egitto, un’ala per esposizioni temporanee e una zona centrale dedicata alla storia degli ebrei in Russia e nel mondo. La narrazione intreccia passato e presente in momenti che spezzano la linearità cronologica a favore di una forma circolare di racconto. È soprattutto la zona centrale dell’esposizione a rendere vivo il racconto: le migrazioni degli ebrei si visualizzano su schermi interattivi, disposti su un grande tavolo ovale in mezzo ad ambienti in cui è ricostruita la vita negli shtetl – i villaggi in cui gli ebrei polacchi vivevano confinati dopo l’annessione della Polonia –, materiali e utensili della quotidianità e ancora video con le testimonianze di storie di fughe e di arrivi.
Un museo vivo e attuale nella sua verità di cadute e risalite, vittorie e sconfitte che si ripetono per tanti popoli e in ogni epoca.
‒ Maria Pia Masella
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #46
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