Nanni Balestrini – Ce n’è per tutti
Le immagini realizzate da Balestrini, col suo consueto talento combinatorio, sono frammenti di contemporaneità colti solo in determinati momenti, infrangendo la pellicola sempreuguale del quotidiano, emergendo furtivamente sulla scena per poi subito rinabissarsi nel flusso insondabile del proprio
vissuto.
Comunicato stampa
Professione: reporter
Una delle “serie” più recenti, fra quelle esposte da Nanni Balestrini
alla galleria AF di Bologna, s’intitola Periscope. Ha per data il 2016 e l’app digitale cui s’intitola ha conosciuto diffusione globale giusto l’anno prima: quando Twitter l’ha acquistata e fatta conoscere al mondo. Tecnologicamente non cambiava molto, in effetti, rispetto ad altri dispositivi di trasmissione in streaming, anche tramite Smartphone. Probabile allora che il suo successo si debba – potenza del marketing! – in gran parte al suo nome: che evoca lo strumento ottico (perfettamente analogico) col quale i natanti sottomarini potevano, e possono, osservare la situazione in superficie senza far
emergere lo scafo.
Le immagini realizzate da Balestrini, col suo consueto talento combinatorio, sono frammenti di contemporaneità colti solo in determinati momenti, infrangendo la pellicola sempreuguale del quotidiano, emergendo furtivamente sulla scena per poi subito rinabissarsi nel flusso insondabile del proprio
vissuto. L’artista è dunque un Reporter (così s’intitola una “serie” che è invece fra le prime, in ordine cronologico, risalendo al 1979): che ci riconsegna un’immagine del presente, impietosa e stravolta, de-costruendo (e ri-costruendo) la vulgata mediatica che ideologicamente ce ne apparecchia e ammannisce una versione di comodo. I frammenti della comunicazione – come i titoli di giornale nella primissima “serie”, emblematicamente intitolata Tempo e risalente al 1967 – vengono così détournati e costretti ad acquistare sensi
nuovi e trasgressivi, esplosivamente imprevisti dalle agenzie di indottrinamento e controllo dell’opinione.
Infatti quelle immagini del “presente” degli anni Sessanta, o Settanta, o anche solo di una settimana fa, oggi ci restituiscono il nostro passato. Il reporter si scopre così storico, anzi historicus: esattamente come è capitato al narratore di Vogliamo tutto, o della Violenza illustrata. Il tempo dell’artista è sempre un altro, diverso da quello che crediamo di conoscere, sempre out of joint: e così
ci mostra – con la durezza stoica di un sommergibilista in missione – che, a dispetto dell’ideologia che descrive il presente in cui viviamo come l’unico a nostra disposizione, ce n’è sempre un altro possibile.
Testo di Andrea Cortellessa