Bologna Drive: il nuovo progetto di Cristian Chironi sequel di My House is a Le Corbusier
Cristian Chironi torna a Bologna dopo una serie di residenze in giro per il mondo. E un’evoluzione del progetto My House is a Le Corbusier.
Tutto è partito proprio da Bologna, città di adozione dell’artista. Nel famoso padiglione de L’Esprit Nouveau, la bizzarra costruzione di Le Corbusier collocata proprio di fronte alla fiera di Bologna, Cristian Chironi (Nuoro, 1974) ha cominciato nel 2015 ha sua performance espansa dal titolo My House is a Le Corbusier. Andando a soggiornare nelle costruzioni abitabili di Le Corbusier, personaggio chiave dell’intero progetto nel suo rapporto con Costantino Nivola, in una serie di impegnative residenze a Parigi, Marsiglia, La Plata e così via. Oggi il progetto evolve nel “sequel” – se così si può definire – Bologna Drive, portando i visitatori a bordo di una Fiat 127 modello Special, soprannominata Camaleonte. Ma qual è il collegamento tra questa automobile dai colori ballerini e la figura di Le Corbusier? Ce lo siamo fatti spiegare dall’artista.
Come si collega Bologna Drive con My House is a Le Corbusier?
Il progetto ruota attorno ad una Fiat 127 del 1971, rinominata Camaleonte, per la capacità di cambiare colore ogni volta che viene esposta, customizzata seguendo gli accostamenti cromatici tipici delle case in cui risiedo con il progetto My house is a Le Corbusier. Una tastiera “architettonica” progettata da Le Corbusier seguendo precise regole di compresenza di colore da accostare come fossero dei suoni. I colori a tinta sono dati in carrozzeria ai vari componenti dell’auto, creando una trama visiva riconoscibile e fantastica. Lo slogan di Le Corbusier, “una casa è una macchina per abitare”, ricompare manipolato. La scelta di questo veicolo è legata alla vicenda di Costantino Nivola e al rapporto di amicizia e collaborazione con Le Corbusier. Come Nivola, sono partito da Orani (NU) e vi torno spesso, dopo una serie di esperienze che mi hanno condotto in luoghi e contesti differenti nell’ambito del progetto My house is a Le Corbusier.
Di che luoghi parliamo?
Nei primi anni Ottanta Nivola, ormai malato, telefona da Long Island a Daniele (lo stesso nipote che non seguì il progetto di Le Corbusier donatogli da Costantino perché a detta sua e della famiglia non aveva porte e finestre), chiedendogli di andare nella sua abitazione in Toscana, in un ultimo tentativo di riportare le sue cose a Orani. Daniele ricorda: “Mi ha detto: Cerca di prendere quello che c’è. Compresa la macchina! Ci sono due manifesti artistici di un certo valore… Steinberg… C’erano sculture sue, quadri… Il Picasso non c’era più… Alla fine ho anche lasciato dei bozzetti. Non ci stava tutta la roba nella macchina”. Daniele si imbarca dal porto di Civitavecchia con una Fiat 127 carica di opere d’arte, facendo rientro in paese con la consapevolezza di avere portato con sé solo una piccola parte di quel patrimonio. Un racconto che è l’avvio di una staffetta simbolica, un incitamento ad ‘andare’ e sentirsi abitante del mondo. A distanza di molti anni da quel viaggio, riutilizzo la medesima macchina con un gesto artistico e performativo, in un viaggio fatto di partenze e ritorni, di corrispondenze generazionali, di incontri e visioni immaginarie registrate dal finestrino.
My House is a Le Corbusier è praticamente un progetto di vita: ripercorriamo insieme le tappe?
Dopo la residenza all’interno di diverse architetture di Le Corbusier: Esprit Nouveau (Bologna), Studio-Apartment (Paris), Appartement 50 – Unité d’habitation (Marseille), Casa Curutchet (La Plata), Pierre Jeanneret Museum (Chandigarh) e gli attraversamenti alla Cité de Refuges (Paris) e Pavillon Suisse (Paris), quest’anno prenderò residenza temporanea in Germania, nell’appartamento 258 dell’Unité d’Habitation di Berlino. Il progetto si realizzerà definitivamente dopo che avrò lavorato con le costruzioni presenti in Iraq; Tunisia; Russia; Massachusetts; Giappone; Belgio; Svizzera.
Con quali obiettivi?
My house is a Le Corbusier ha l’ambizione di realizzarsi in un lungo periodo e di costituirsi come l’insieme di tutte le esperienze che potrò realizzare all’interno delle opere progettate da Le Corbusier nel mondo. Faccio di queste abitazioni “postazioni di osservazione privilegiate”, per capire com’è oggi recepita l’eredità di Le Corbusier e in che condizioni si trova “La casa degli uomini”. Una resa dell’architettura attraverso il racconto e la presa diretta della sua dimensione spazio temporale, dove si potrà discutere e confrontarsi, vedere l’artista al lavoro, assistere ad eventi, documentarsi sul materiale raccolto o bere insieme un caffè.
Come si è evoluto nel tempo il progetto: che cosa hai scoperto che non sapevi?
Il progetto è imprescindibilmente legato al movimento, all’incrocio di geografie, culture diverse e varia a seconda del contesto. È soprattutto nel confronto tra diversi linguaggi che trovo la massima espressione per la mia ricerca artistica. Ho sviluppato a lungo andare una capacità di adattamento ai nuovi contesti. Ad ogni residenza le mie abitudini vengono riportate allo stato iniziale: lingua; cibo; casa; strada; amicizie; supermercati; tutto è azzerato e ricomincio da capo con un nuovo apprendimento. Un bagaglio personale che mi sta formando da un punto di vista umano e culturale.
Uno sforzo quasi fisico…
Il progetto è partito per essere un’opera work in progress, cantiere d’idee, campo di collaborazioni, ricerca, mostra, occasione didattica, oltre che residenza, ad oggi è diventato per me scuola di vita, scoprendo ogni volta parti nuove di me stesso, ed è anche per questo che mi piace definirlo una performance dilatata nel tempo. Ho inoltre acquisito maggior familiarità con l’architettura, il design e l’opera di Le Corbusier che uso come strumento, materia e azione, anziché come venerazione.
Che aspettative hai per il progetto di Bologna e come credi che evolverà la tua ricerca nel tempo?
Il viaggio con la Fiat 127 Special (Camaleonte) ricalca, usa e riposiziona l’itinerario di Le Corbusier sparso nel mondo. Un percorso di riflessione urbana che tocca diversi concetti: viaggio; mobilità; abitazione; attraversamento di confini; trasformazioni urbane; composizioni sociali. Bologna Drive è sulle tracce delle relazioni del grande architetto modernista con la città di Bologna, dove nel 1977 è stato ricostruito il padiglione dell’Esprit Nouveau, replica fedele dell’edificio ideato da Le Corbusier di fronte all’ingresso della Fiera, dove installerò una nuova opera d’arte pubblica come omaggio alla linea wetropolitana immaginaria, posata a Bologna da Kinkaleri e Xing: insegne luminose con una W, installate in luoghi della città come segnale di accesso a ’sotterranei’ utilizzati temporaneamente come luoghi di aggregazione culturale. Il mio redesign collocato di fronte al padiglione dell’Esprit Nouveau, trasforma la W in una scala.
E che farai?
Sarò io stesso alla guida dell’auto con accanto alcuni ospiti conversanti (tra cui Franco Vaccari, Giacinto di Pietrantonio e Barbara Casavecchia) e si potrà ascoltare – come passeggeri – le composizioni di Francesco Brasini, il Coro di Radio France, Massimo Carozzi, Alessandro Bosetti, Daniela Cattivelli, Dominique Vaccaro, opere sonore nate in relazione e registrate nelle varie abitazioni di Le Corbusier. Ti posso anticipare che in primavera il progetto sarà presentato sotto una nuova veste alla Triennale di Milano al festival FOG, sotto una nuova luce che consentirà alla ricerca di evolversi attraverso il confronto con questa città e il contesto che la caratterizza attualmente.
–Santa Nastro
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