Alla Galleria Nazionale You Got to Burn to Shine. E Luca Guadagnino diventa artista
Parte da una raccolta di poesie di John Giorno la mostra You Got to Burn to Shine (Per risplendere devi bruciare) a cura di Teresa Macrì presso la Galleria Nazionale. Multidisciplinare, politica, con tante sorprendenti presenze, dal regista Luca Guadagnino allo stesso Giorno. Abbiamo intervistato la curatrice.
Francis Alÿs, Bertille Bak, Elena Bellantoni, Jeremy Deller, Roberto Fassone, John Giorno, Luca Guadagnino, Mike Kelley, Krištof Kintera, Domenico Mangano & Marieke van Rooy, Fiamma Montezemolo, Luca Vitone, Sislej Xhafa: sono questi gli artisti che la curatrice Teresa Macrì ha voluto coinvolgere nella mostra You Got to Burn to Shine, che si svolge fino al 7 aprile 2019 presso la Galleria Nazionale di Roma. Un progetto altamente ambizioso che, a partire dalle poesie di John Giorno, conduce lo spettatore ad una riflessione più ampia sui tempi moderni, difficili, che stiamo vivendo oggi. Ne abbiamo parlato con la curatrice che ci ha raccontato il tutto nel dettaglio, non senza qualche sorpresa.
Si parte da una celebre raccolta di poesie di John Giorno. Perché? Quale filo conduttore hai tracciato sulla base del testo di partenza?
Il poema di John Giorno, che avevo letto moltissimi anni fa, mi sembrava che raccogliesse la sintesi di ciò che la nostra soggettività in costruzione, stia vivendo in questa epoca post-ideologica. Mi sembrava che la metafora del bruciare (esperire le proprie esperienze) confluisse in un riscatto etico, in una ridefinizione del soggetto. Non c’è una idea di “condanna” predestinata ma al contrario una possibilità al riscatto morale, al senso di auto-responsabilità del soggetto. Son concetti alti, vero, ma la mostra è costruita su binari di leggerezza. Non amo il tragico e la mostra è intensa ma fluida, strabica come me. Ciò su cui ho cercato di riflettere, nel corso di anni di studio, è la responsabilità del ruolo dell’artista e dell’intellettuale in generale e la sua capacità di dissidenza in questa epoca di conformismo.
Giorno figura anche nell’elenco degli artisti: quale sarà il suo intervento?
Sono stata incantata da John Giorno definitivamente alla sua mostra: I ♥ LOVE JOHN GIORNO al Palais de Tokyo, curata da Ugo Rondinone. Una esperienza percettiva pluri -sensoriale, la cui fusione dei linguaggi poesia, arte visuale, performance, musica era una galassia di sensazioni, paradigmi e immagini che avviluppavano l’osservatore/l’ascoltatore. John è irridente e tenero, scandaloso e dolce, ma pulsante fino all’ultima sua cellula. Ho dunque pensato di portare in mostra il suo mitico Dial-A-Poem (il rivoluzionario telefono da cui è possibile ascoltare in loop oltre 200 poesie da Giorno a Burrroughs da Patty Smith a David Byrne, Nick Cave a Gregory Corso) e i suoi poem print del ciclo di God s Man Made.
Come hai selezionato gli artisti partecipanti? Sembra un progetto veramente multidisciplinare….
La mia formazione proviene dai Visual Studies ed è del tutto normale che un concetto o più concetti espressi dalla mostra siano contenuti nell’orizzontalità dei linguaggi contemporanei, dalla filosofia alla antropologia, passando per i dance floor anni Ottanta, dal cinema alla musica.
Questa mostra ha l’ambizione di scrivere una parte di storia del periodo che stiamo vivendo, o quanto meno di dare una definizione. Ma come è il mondo in cui viviamo oggi?
Una mostra è, almeno per me, solo una devianza visionaria da cui possono scaturire riflessioni immaginifiche e contraddittorie, linee di fuga, scarti di riflessione e che tenta di raccontare questa epoca inafferrabile e indeclinabile. Il ritmo di questa epoca è quello del rap, veloce, poiché è volutamente sintonizzato sulla assenza di profondità.
Ne abbiamo già parlato, ma è bene ritornarvi anche in questo contesto: in che modo l’arte e la politica possono dialogare? E come lo fanno all’interno della tua mostra?
La politica è la dimensione naturale e inconscia dell’esistenza. Non ci si può sottrarre ad essa. beh la ammaliante opera Silencio di Francis Alys, è un atto di indignazione contro il silenzio stampa internazionale all’epoca in cui nel 2003 gli Usa iniziarono a bombardare Bagdad. Ma la drammaticità dell’enunciato è qui allegerito dalla sua trasposizione quasi pop.
Tra gli artisti c’è anche il pluripremiato regista Guadagnino: cosa farà?
Luca è un amico caro da 25 anni, con lui abbiamo già lavorato per altre mostre. Con lui c’è empatia intellettuale ed emozionale e, conoscendolo bene so che può sconfinare da un campo all’altro perché è uno sperimentatore dei linguaggi, uno che osa e non cerca il consenso a tutti i costi. Uno che si ama o si detesta. Ed è il massimo in questa era di compromesso costante. Ecco perché senza la sua presenza la mostra non sarebbe stata quella che è. Mi somiglia, mi aderisce. Per You Got to Burn to Shine, ha realizzato una opera magnetica, scenografica e spirituale confrontandosi con la forma assoluta e minimale cubica e coi materiali apparentemente fragili, come il vetro, ma in realtà potenti.
–Santa Nastro
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