L’arte è un delfino. Intervista a Franco Bolelli e Manuela Mantegazza
Stefania Gaudiosi è artista, curatrice e promotrice culturale. Particolarmente attenta ai temi della didattica dell’arte, cerca nelle forme culturali possibili vie di accesso alla comprensione del mondo e della nostra umanità. Artribune presenta il suo progetto “L’arte è un delfino”, un ciclo di video-interviste per riflettere sull’arte e la cultura del nostro tempo. Questo appuntamento vede protagonisti Franco Bolelli e Manuela Mantegazza, ideatori del Festival dell'Amore, che si terrà alla Triennale di Milano dal 7 al 9 giugno.
TUTTA LA VERITÀ SULL’AMORE
In queste poche righe vorrei chiamare a raccolta tutti gli amori del mondo.
Quelli presenti, passati e futuri. Soprattutto quelli imperfetti, traditi, feriti. Tutti quelli che, per qualche ragione, non ce l’hanno fatta. Quelli felici anche, sebbene ancora in minoranza tra gli umani (non tra gli animali, forse, dove vigono regole semplici e gli amori sono istantanei ed eterni).
E poi tutte le storie d’amore della letteratura.
Carlotta e Werther, Anna Karenina e il conte Vrònskij, Florentino e Fermina, Jane Eyre e il Signor Rochester, Elizabeth e il Mr Darcy, Lady Chatterley e Oliver Mellors, Heathcliff e Catherine, Živago e Lara, Cyrano e Rossana, Renzo e Lucia, Giulietta e Romeo, eccetera.
Tutti qui.
Questi amori avrebbero potuto, forse, contraddire il sospetto che si andava formando in me, leggendo Manuela e Franco, all’inizio di questa storia: che non può esistere amore infelice, se è amore. E che, forse, questo potrebbe essere l’unico parametro per giudicare un sentimento: il suo potenziale di gioia, la vita che genera e il suo esito felice (che non annienta il dolore, ma lo trasforma).
E poi, il suo contrario.
Il sospetto che, curiosamente, tragicamente, nella letteratura come nella vita, abbiamo troppo spesso bisogno di un conflitto, per definirci e sapere chi siamo. Di un dolore narrabile e di un’aura tragica che ricami il contorno di una figura accettabile nel sistema sociale. Sembra che tutto, attorno, ci induca a dire: soffro abbastanza per essere amato?
E che, in fondo, questo possa essere anche il nostro definitivo rifugio per concederci il lusso di rinunciare a qualunque slancio costruttivo – che venga da tempi insospettabili e da dimensioni profondissime – per cedere a quello cinico e rabbioso indotto dalla propaganda all’odio, prodotto artificiale che mira a inimicarci uomini e donne che mai abbiamo neppure guardato negli occhi.
E poi, basta assistere a un’edizione del TG, dove giorno per giorno si ribadisce – con normale orrore – che uno degli esiti più frequenti delle relazioni tra un uomo e una donna non è altro che violenza e morte.
Ma quello che incontreremo qui è di tutt’altro segno. Ed è antidoto a tutto questo.
L’AMORE COME OPERA D’ARTE
C’è una domanda che prima o poi raggiunge ogni artista, ogni poeta: è più importante fare arte con la vita o fare della propria vita un’opera d’arte?
Perché, se l’arte dà forma al mondo e l’amore muove il mondo (e il sole e l’altre stelle), Manuela e Franco, sono gli artisti definitivi. E la loro materia è la vita stessa.
“Tutta la verità sull’amore” – un libro, il loro, intimo e pubblico insieme – mi ha dischiuso scenari decisivi: che una coppia felice possa essere una cellula sovversiva, per esempio. E che quel che di più intimo e privato fiorisca nel corpo individuale (“moltiplicato” nella coppia) possa risolvere felicemente il rapporto del singolo – e della coppia come unità ulteriore – col corpo sociale. E politico, perfino.
Mi sono sempre chiesta come mai una cosa di importanza vitale come l’amore non si insegnasse a scuola, assieme alla matematica, alla geografia, alla storia.
Non c’è un alfabeto, una grammatica, una sintassi dei sentimenti.
Di fronte all’amore, siamo di fronte all’irriducibile. Si naviga a vista. Ma, forse, è una fortuna che ci siano spazi che rendano inesauribile e sperimentale lo statuto umano.
Per diventare esperti d’amore, si può solo amare.
Franco dice che ci hanno truffato, che l’amore non è – come dicono – l’incontro di due solitudini. E Manuela dice che la magia esiste, che l’incanto esiste, e che l’amore risveglia in noi la scintilla d’eroe primigenia in grado di trasformare la nostra vita in un’impresa meravigliosa. Nell’impresa definitiva.
L’amore, sentito così, è una sfida continua; non è un punto fermo, ma un insieme vivo, scriveva Fromm. E io ho proprio voglia di crederci. Perché, ne sono certa, tutto può cambiare, a partire dalla felicità.
IL FESTIVAL DELL’AMORE
Per registrare ci siamo incontrati in Triennale, dove a giugno si terrà la seconda edizione del Festival dell’Amore che Manuela e Franco hanno ideato.
Il Manifesto recita:
L’amore come modello di vita. È una vera missione: chi vive sentimenti e passioni forti ha il dovere, ora più che mai, di impollinare l’aria intorno. In ogni campo della nostra esistenza, chi costruisce, progetta, inventa, comunica e tutte le persone con una incontenibile sensibilità umana sono chiamate, senza limiti o distinzioni, a dire la loro sul sentimento più importante e determinante dell’essere umano.
Perché l’amore moltiplica le nostre energie, i nostri slanci.
Perché l’amore sensualizza tutto, accende tutto, vivifica tutto.
Perché l’amore alimenta e potenzia il senso di responsabilità e l’istinto di protezione.
Perché l’amore accresce la nostra attitudine a costruire tutte le combinazioni che creano vita.
Soltanto l’amore, la passione, i grandi sentimenti, possono sconfiggere il clima di cinismo, disincanto, risentimento e ostilità che sta inquinando le relazioni umane.
Perché l’amore deve vincere sempre.
Nell’intervista si fanno strada tante idee, attraverso territori esistenziali ancora tutti da esplorare. Ipotesi gioiose sul femminile e sul maschile. E poi, ancora, domande che sono già un po’ risposta, suggerite con un garbo che mi ha definitivamente conquistata.
E se una visione mitica fosse portata in tutte le piccole cose del giorno e della notte?
Se sedessimo a tavola con la postura dell’eroe e sorridessimo al dolore, come poeti del quotidiano? Se cominciassimo a pensare al fatto, fondamentale, che il pensiero non sia solo nella mente ma che si moltiplichi ovunque, nelle cellule, negli organi, nei muscoli e nei sensi? E se, anziché corteggiare la morte attraverso l’odio, rafforzassimo la vita attraverso l’amore? La vitalità, questo incessante dar forma nuova alla vita: non è forse questo che ci innamora.
La vita ha ragione, in ogni caso (Rilke), e il coraggio che occorre per accoglierne la ragione consiste proprio nel dar forma ai sentimenti e renderli attivi nel mondo, al di sopra di tutto. Perché è proprio vero che, visto a questa altezza, il sentimento amoroso si riproduce e “impollina l’aria”.
Sono tornata a casa con un sorriso implacabile e mi piacerebbe che un sorriso così vi nasca dentro, ascoltando Manuela e Franco. Un amore a perdita d’occhio.
Buona visione.
– Stefania Gaudiosi
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