La Fondation Giacometti di Parigi ospita nelle sale dell’omonimo istituto di rue Victor Shoelcher l’esposizione dal titolo Alberto Giacometti ‒ Peter Lindbergh. Saisir l’invisible. La mostra, curata da Serena Bucalo-Mussely, è il risultato dell’incontro tra le opere di Alberto Giacometti e l’obiettivo di Peter Lindbergh. Pioniere di un nuovo realismo nella fotografia di moda, Peter Lindbergh ne ha modificato i canoni, fuggendo le logiche tradizionali della comunicazione visuale per privilegiare il soggetto rispetto al prodotto; una fotografia senza artifici, dove il bianco e nero annulla ogni elemento effimero per restituire al modello autenticità e fragilità, quale risultato di una relazione umana:
“Un ritratto non è mai una persona. Ciò che catturiamo è la relazione con la persona che fotografiamo. È un dialogo ed è ciò che troviamo nell’immagine”.
Il suo stile controcorrente nella moda degli Anni Novanta lo ha reso un punto di riferimento internazionale e uno dei fotografi più richiesti dai magazine del settore (Vogue, Harper’s Bazar, Vanity Fair, The New Yorker), affascinati dal suo linguaggio fotografico, che contribuirà a determinare la nascita e la popolarità del fenomeno delle top model di allora, da Naomi Campbell a Linda Evangelista, da Kate Moss a Kirsten Owen.
UN LEGAME AFFASCINANTE
Meno nota, invece, la sua ammirazione per l’opera e la personalità di Giacometti: una relazione inedita fino al 2017, quando Lindbergh viene incaricato dalla fondazione parigina di realizzare una serie di fotografie alle opere d’archivio.
Lindbergh è stato libero di selezionare e associare opere di differenti periodi, offrendo una personale rilettura della produzione di Giacometti e instaurando un dialogo capace di superare i limiti del tempo e della classificazione degli stili.
Utilizzando primi piani e stampa su grande formato, la sua fotografia ha rivelato aspetti delle sculture finora impercettibili a occhio nudo: dietro la bellezza di queste opere, Lindbergh è riuscito a svelare l’intima inquietudine di Giacometti nella sua costante ricerca del reale. L’esposizione gioca su un paradosso coraggioso, quello tra le dimensioni delle statue e delle fotografie parietali, che non può essere ignorato, in particolare in uno spazio contenuto come quello dell’Istituto Giacometti, sede espositiva della fondazione e dell’atelier originale dell’artista.
VERITÀ E CORPO
Accomunati dalla passione per la rappresentazione della verità, soprattutto attraverso la riproduzione del corpo umano, in Lindbergh ritroviamo la stessa attenzione (o ossessione) di Giacometti per lo sguardo, considerato da entrambi come la porta d’accesso all’interpretazione della personalità. Questo incontro ha mostrato, senza forzature, l’influenza dell’opera dello scultore sull’estetica del fotografo, riconoscibile grazie a una sezione comparativa tra i più famosi ritratti di Lindbergh e una selezione di disegni inediti di Alberto Giacometti, realizzati per lo più su taccuini o pagine di libri.
Il percorso proposto è quindi molto più di un parallelismo; è una celebrazione della ricerca artistica nel processo di rappresentazione di sé. Un bisogno primordiale, come c’insegna la storia, che ci permette ancora oggi di stupirci davanti l’intensità di un sguardo catturato in un disegno, una statua o una fotografia.
‒ Oleg Sisi
Parigi // fino al 24 marzo 2019
Alberto Giacometti ‒ Peter Lindbergh. Saisir l’invisible
FONDATION GIACOMETTI
5, Rue Victor Schoelcher
www.fondation-giacometti.fr
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati