Le donne fra lavoro e cultura. Una mostra a Firenze
Attraverso alcuni personaggi chiave fra cui le scrittrici Grazia Deledda, Anna Franchi, le pittrici Elisabeth Chaplin e Maria Lavinia Fiorilli, la fotografa Elisa Pante Zonaro, oltre a una selezione di documenti d’archivio, la mostra a Palazzo Pitti racconta l’emancipazione femminile nel mondo della cultura e del lavoro. Interessante nelle intenzioni, la mostra tuttavia non coglie appieno la questione, peccando di eccessiva sintesi nell’illustrare le varie personalità, e tralasciando episodi importanti di questo intenso e difficile cammino sociale.
Un arco cronologico di oltre mezzo secolo, che ha come riferimenti due importanti episodi nella storia dell’emancipazione femminile: nel 1861, in febbraio, nacque in Toscana la Fratellanza Artigiana, cui si iscrissero da subito anche alcune donne. L’artigianato era allora molto fiorente e impiegava manodopera femminile soprattutto nella produzione di sigari, cappelli e trecce di paglia. Lentamente cominciava la lotta per il riconoscimento dei loro diritti. Il 1926 fu invece l’anno dell’assegnazione del Premio Nobel per la letteratura a Grazia Deledda, voce della Sardegna più povera e arcaica.
Sei decenni e mezzo densi di avvenimenti politici, artistici e sociali, che hanno visto le prime incrinature dello stereotipo della donna come “angelo del focolare”; anche grazie alle esperienze straniere di cui qualche eco giunge in Italia, su tutte quella delle Suffragette in Inghilterra, nasce una coscienza femminile che rivendica un ruolo attivo nella società, sul doppio binario della cultura e del mondo del lavoro.
DONNE PRESENTI O DONNE IN EFFIGIE?
La mostra si sviluppa come un catalogo di interessanti figure femminili, raccontate dalle loro opere o attraverso quelle altrui: Mario Nunes Vais fotografa Sibilla Aleramo, Fausto Zonaro ritrae la moglie Elisa Pante, mentre la pittura naturalista italiana dedica ampio spazio alla donna pittrice, amazzone o modella per artisti, e documenta così i primi cambiamenti nei costumi sociali. Anche in campo letterario la voce femminile si fece sentire, dai romanzi di Ida Baccini, Sibilla Aleramo, Grazia Deledda, agli scritti sanitari di Florence Nightingale. L’esiguità della documentazione lascia però l’impressione che la donna sia presente più in effige che nella sostanza della sua personalità e del suo ingegno. Accanto alla sezione artistica, anche una selezione di documenti sul lavoro femminile tra Ottocento e Novecento, in particolare dell’area fiorentina. Si delinea, seppur in maniera superficiale, una presenza costante della donna nei vari ambiti della vita sociale.
UNA OCCASIONE MANCATA?
Come accennato, la mostra avrebbe potuto svilupparsi in maniera più approfondita, includendo personaggi e capitoli importanti sul ruolo delle donne nella cultura fra Ottocento e Novecento. Insignificante lo spazio lasciato a personalità come Aleramo, che passa quasi inosservata all’interno di un allestimento poco illuminato, cui manca un filo logico delineato.
Ancora a livello culturale, stupisce come, in una mostra che si tiene a Firenze, non ci siano accenni alle numerose allieve di Giovanni Fattori all’Accademia di Belle Arti, aperta alle donne dal 1886 – fra queste, Adele Galeotti Rasetti. Così come, fra gli interessanti documenti della Fratellanza Operaia, o alle testimonianze fotografiche di donne a lavoro presso la Manifattura Tabacchi o lo stabilimento di ceramiche Ginori, mancano documentazioni sul ruolo della donna operaia e crocerossina nel corso della Grande Guerra, occasione che segnò una preponderante presenza femminile anche in occupazioni sinora considerate maschili. Senza tale documentazione, resta in sospeso l’evoluzione del ruolo femminile nel mondo del lavoro.
– Niccolò Lucarelli
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