Alain Baczynsky – Hatufim
Hatufim è una serie che si compone di otto dittici fotografici, ciascuno dei quali mostra il ritratto di una persona, un soggetto ottenuto dal riutilizzo di materiale d’archivio oppure realizzato nello studio dell’artista, che viene posto accanto all’autoritratto dell’artista stesso.
Comunicato stampa
Alain Baczynsky, nato a Bruxelles nel 1953, vive e lavora tra Gerusalemme e Parigi. Ha sviluppato una pratica fotografica intimistica che utilizza spesso l’autoritratto come punto di partenza. Ogni nuova serie fotografica di Baczynsky è il risultato di un lavoro di ricerca che richiede anni per il suo completamento. HATUFIM, un progetto iniziato nel 2013, è stato completato nel 2019 in occasione della mostra omonima presso ALMA ZEVI Venezia.
Hatufim è una serie che si compone di otto dittici fotografici, ciascuno dei quali mostra il ritratto di una persona, un soggetto ottenuto dal riutilizzo di materiale d’archivio oppure realizzato nello studio dell’artista, che viene posto accanto all’autoritratto dell’artista stesso. Indipendentemente dall’origine delle fotografie, siano esse materiale d’archivio o lavori recenti, i ritratti sono tutti realizzati seguendo i rigidi parametri delle fototessere per i documenti ufficiali, la carta d’identità o il passaporto, in cui il soggetto osserva l’obiettivo con espressione neutrale sul viso. L’autoritratto dell’artista, invece, subisce per otto volte lo stesso processo di manipolazione: Baczynsky, tramite modifiche digitali, taglia via gli occhi e a volte le sopracciglia del soggetto a fronte per applicarli poi sulla sua immagine. I suoi occhi, invece, non si vedono mai.
Baczynsky mette così in scena il suo accecamento, realizzando inquietanti cambi di identità, e si appropria a turno dello sguardo di suo nonno, di Rudolf Höss, di sua figlia, di un rifugiato palestinese, di un soldato israeliano, di un bambino appena nato, di un uomo novantenne palestinese, e di un immigrato cieco di origine etiope. Attraverso la ripetizione del motivo dell’autoritratto e la modifica dello sguardo degli altri soggetti, l’osservatore realizza che sono in atto una serie di inspiegabili giustapposizioni. Da un lato, lo stile e il formato adottato da Baczynsky richiamano una certa tradizione di ritratto fotografico che si può individuare a partire da People of the 20th Century di August Sander e la sua influenza sulla scuola di Düsseldorf negli anni Novanta. Dall’altro, la interrompe. L’esperienza dell’osservazione di Hatufim si interrompe nel momento in cui si realizza una doppia presenza, una frattura nella rappresentazione dell’identità dell’artista che porta a riconsiderare completamente la ritrattistica.
(Inès de Bordas, 2019)
In ebraico, Hatufim significa “rapito”, “sequestrato”, parole che si riferiscono a uno stato in cui l’individuo è forzatamente allontanato o condotto altrove.
La mostra è accompagnata da una nuova pubblicazione in italiano e in inglese con testi di Inès de Bordas. Il volume è pubblicato da Silence Editions e ALMA ZEVI.
Alain Baczynsky ha esposto i suoi lavori a KANAL - Centre Pompidou, Bruxelles (2018); Grand Palais, Parigi (2016); Musée de l’Elysée, Losanna (2014); Kunst Haus, Vienna (2014); Hellerau, Europäisches Zentrum der Künste, Dresda (1995); and Ujazdowski Castle Centre for Contemporary Art, Varsavia (1992). Nel 2012 il suo importante lavoro Regardez il va peut-être se passer quelque chose... è stato acquisito dalla collezione del Centre Pompidou di Parigi. Nel corso dello stesso anno il volume di Baczynsky con il medesimo titolo è stato pubblicato da Éditions Textuels, con testi di Clément Chéroux e Horacio Amigorena.